Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31403 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31403 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 35122-2018 proposto da
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, con domicilio eletto presso l’Avvocatura centrale dell’Is tituto, in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentata e difesa, in forza di procura stesa in calce al controricorso, dall’avvocata NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
R.G.N. 35122/2018
COGNOME
Rep.
C.C. 12/06/2024
giurisdizione Prosecuzione volontaria della contribuzione e pensione di vecchiaia.
per la cassazione della sentenza n. 293 del 2018 della CORTE D’APPELLO DI BRESCIA, depositata il 17 settembre 2018 (R.G.N. 597/2017).
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 12 giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-L’INPS ricorre per cassazione, con un motivo, contro la sentenza n. 293 del 2018, pronunciata dalla Corte d’appello di Brescia e depositata il 17 settembre 2018.
1.1. -La Corte territoriale ha respinto il gravame dell’INPS e ha confermato la pronuncia del Tribunale della medesima sede, che, in parziale accoglimento della domanda della signora NOME COGNOME aveva accertato il diritto della ricorrente alla prosecuzione volontaria della contribuzione nella gestione obbligatoria lavoratori dipendenti, dal 5 dicembre 1992 in poi, e il connesso diritto alla corresponsione della pensione di vecchiaia, con il versamento di quindici anni di contributi.
1.2. -A fondamento della decisione, i giudici d’appello hanno argomentato che arbitrariamente l’Istituto, dopo aver ammesso la signora COGNOME al versamento dei contributi volontari nella gestione ordinaria dei dipendenti con decorrenza dal 5 dicembre 1992, ha poi posticipato al gennaio 199 3 l’autorizzazione alla prosecuzione volontaria della contribuzione e ha imputato i contributi versati nell’anno 1992 alla gestione dei lavoratori agricoli.
Nell’anno 1992, la signora COGNOME ha lavorato come bracciante agricola solo per otto giornate, insufficienti «per l’accredito di contribuzione e, prima ancora, ai fini dell’iscrizione negli elenchi nominativi» (pagina 11 della pronuncia d’appello) . La posizione assicurativa della lavoratrice, pertanto, non è incompatibile con il versamento della contribuzione volontaria nella gestione ordinaria.
La signora COGNOME proprio perché autorizzata alla prosecuzione volontaria della contribuzione in data anteriore al 31 dicembre 1992,
può accedere alla pensione di vecchiaia con anzianità contributiva di quindici anni, secondo i requisiti fissati dalla disciplina previgente.
-La signora NOME COGNOME resiste con controricorso, illustrato da memoria in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1., primo comma, cod. proc. civ.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni (art. 380 -bis .1., secondo comma, cod. proc. civ.).
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Gli antecedenti di fatto, da cui trae origine il presente giudizio, non sono controversi tra le parti.
1.1. -La signora NOME COGNOME lavoratrice dipendente dal primo settembre 1968 al 30 settembre 1983 e iscritta alla gestione IVS (invalidità, vecchiaia e superstiti) dei dipendenti, ha poi svolto attività saltuaria di lavoratrice agricola dall’ottobre 1983 al 20 ottobre 1992 e, il 4 dicembre 1992, ha chiesto all’INPS l’autorizzazione al versamento di contributi volontari nella gestione IVS dei dipendenti.
Con provvedimento del 2 aprile 1993, l’INPS ha concesso l’autorizzazione, con decorrenza dal 5 dicembre 1992. La signora COGNOME in séguito a tale autorizzazione, ha versato i contributi volontari e ha così raggiunto quindici anni di contribuzione.
1.2. -Il 28 settembre 2012, la lavoratrice ha presentato la domanda di pensione di vecchiaia e l’Istituto, nel dicembre 2012, ha convertito la contribuzione volontaria versata nella gestione IVS dei dipendenti in contribuzione versata nella gestione IVS dei lavoratori agricoli, con riferimento all’anno 1992.
L’Istituto ha quindi provveduto a trasformare i contributi volontari versati fino al 31 dicembre 1992 in giornate d’integrazione agricola,
chiedendo un versamento integrativo di Euro 1.466,50, al fine di raggiungere le 270 giornate annue di lavoro agricolo, necessarie per garantire la copertura contributiva per l’intero anno d’iscrizione nella gestione dei lavoratori agricoli.
L’Istituto ha posticipato la decorrenza della contribuzione volontaria al primo gennaio 1993, sul presupposto dell’incompatibilità della contribuzione volontaria versata nell’anno 1992 nella gestione IVS dei dipendenti con l’iscrizione nella gestione dei l avoratori agricoli nel corso del medesimo anno (art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1432).
Ne è derivato il rigetto della domanda di pensione di vecchiaia, in carenza del requisito contributivo di vent’anni, applicabile a chi abbia ottenuto l’autorizzazione ai versamenti volontari in data successiva al 31 dicembre 1992.
I n virtù dell’art. 2, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, soltanto chi sia stato ammesso al versamento della contribuzione volontaria prima del 31 dicembre 1992 può giovarsi del più favorevole requisito contributivo di quindici anni per conseguire la pensione di vecchiaia.
-In punto di diritto, il ricorso interpella questa Corte sulla latitudine del divieto stabilito dall’art. 5 del d.P.R. n. 1432 del 1971, in correlazione con la speciale disciplina che il legislatore appresta per il lavoro agricolo.
2.1. -La Corte d’appello di Brescia, nel confermare la pronuncia del Tribunale e nel recepire la prospettazione dell’odierna controricorrente, ha negato il ricorrere di una preclusione di tal fatta.
L’art. 5 del d.P.R. n. 1432 del 1971 si prefigge di «evitare la contemporanea assicurazione in due gestioni diverse della stessa natura (IVS obbligatoria), con la conseguenza che se il lavoratore dipendente è già iscritto ed assicurato presso una gestione obbligatoria, sostitutiva o speciale, diversa da quella generale IVS, non
può essere autorizzato a costituirsi, con la contribuzione volontaria, nello stesso arco temporale, una assicurazione parallela in quest’ultima gestione» (pagine 9 e 10 della pronuncia d’appello).
Nel caso di specie, la lavoratrice, nel 1992, ha lavorato soltanto per otto giornate, «numero di giorni insufficiente non soltanto a far raggiungere la contribuzione minima idonea, per i lavoratori agricoli, a far scattare la copertura assicurativa per l’i ntero anno (ossia la contribuzione derivante da 270 giornate di lavoro…), ma anche a far sorgere il diritto all’iscrizione negli elenchi dei braccianti agricoli (richiedendo quest’ultimo diritto l’effettuazione di almeno 51 giornate di lavoro agricolo in un anno)» (pagina 10 della sentenza impugnata).
È precluso il versamento della contribuzione volontaria nella gestione IVS dei dipendenti, solo quando, all’iscrizione nella gestione IVS dei lavoratori agricoli, corrisponda «parallela copertura assicurativa» (pagina 12 della sentenza d’appello). Nessuna preclusione, invece, si riscontra, quando l’iscrizione non attribuisca il diritto «a quella contribuzione minima che comporta la copertura contributiva per l’intero anno, e dunque anche per il periodo dell’anno (nella specie ultimo trimestre dell’anno 1992 ) con riferimento al quale il lavoratore vorrebbe versare la contribuzione volontaria nella gestione ordinaria» (pagine 12 e 13 della sentenza).
È ben vero che la lavoratrice aveva la facoltà di versare la contribuzione volontaria nella gestione IVS dei lavoratori agricoli, ma non era vincolata a versare la contribuzione volontaria in tale gestione. Né all’Istituto era consentito trasformare la domanda avanzata con riferimento alla diversa gestione IVS dei dipendenti in domanda d ‘integrazione per il lavoro agricolo prestato .
Essenziale è la mancanza di «sovrapposizione di contribuzione in due gestioni obbligatorie dello stesso tipo»: pertanto, il lavoratore «ben può essere autorizzato a versare la contribuzione volontaria nella gestione da lui prescelta», in relazione a un «periodo non coperto dalla
contribuzione versata nella gestione IVS dei lavoratori agricoli (e nel caso della COGNOME riguardante soltanto 8 giorni di lavoro)» (pagina 13 della sentenza d’appello).
L’INPS non ha impugnato il capo della decisione, riguardante la condanna alla restituzione della somma di Euro 1.466,50, corrisposta dalla lavoratrice a titolo di ulteriori contributi volontari.
La lavoratrice, dal canto suo, non ha censurato, in via incidentale, le statuizioni di rigetto della domanda risarcitoria.
2.2. -L’INPS contesta tale ricostruzione del quadro normativo, con l’unico motivo di ricorso che denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 4, 5, 6 e 8 del d.P.R. n. 1432 del 1971.
Avrebbe errato la Corte territoriale, in presenza d’iscrizioni presso più assicurazioni obbligatorie, nell’accordare al lavoratore la facoltà di richiedere l’autorizzazione alla prosecuzione volontaria della contribuzione nella gestione da lui prescelta.
Ad avviso del ricorrente, «il principio ispiratore della prosecuzione volontaria dei contributi è la necessità di far ottenere all’assicurato una pensione, attraverso un’eccezione alla regola generale, secondo cui i contributi sono versati ed accreditati in costanza di rapporto di lavoro» (pagina 9 del ricorso per cassazione). Le modalità di attuazione sarebbero puntualmente definite dalla legge, anche con riferimento all’iscrizione presso più forme di assicurazione obbligatoria.
La contribuzione volontaria dovrebbe essere calcolata considerando l’ultima gestione e non vi potrebbe essere alcuna sovrapposizione tra contribuzione obbligatoria e volontaria. Il ricorrente sostiene che, nell’ipotesi d’iscrizione presso più gestioni, il lavoratore sia obbligato a chiedere all’ultima gestione l’autorizzazione alla prosecuzione della contribuzione volontaria.
Peraltro, il requisito di cinquantuno giornate sarebbe necessario per l’erogazione di alcune prestazioni, ma anche lo svolgimento di
un’attività lavorativa per una sola giornata farebbe sorgere l’obbligo d’iscrizione presso la relativa gestione e varrebbe ad instaurare il rapporto contributivo.
-Occorre esaminare, preliminarmente, le eccezioni d’inammissibilità sollevate, sotto un duplice profilo, nel controricorso (pagine 9, 10 e 11), riguardo alla genericità delle doglianze e all’irrituale contestazione di statuizioni passate in giudicato.
Nessuna di tali eccezioni coglie nel segno.
3.1. -Non si può addebitare al ricorrente di non avere compiutamente chiarito le ragioni di dissenso dalla sentenza d’appello. L’Istituto ha tratteggiato con dovizia di richiami il quadro normativo di riferimento.
Le censure, lungi dal demandare a questa Corte una ricerca esplorativa incompatibile con la sua funzione istituzionale, soddisfano i requisiti di specificità prescritti dal codice di rito.
3.2. -Le critiche del l’Istituto involgono, nella loro parte saliente, una tematica che è ancora sub iudice : da un canto, la legittimità della prosecuzione volontaria della contribuzione e, dall’altro, la pretesa della controricorrente di ottenere la pensione di vecchiaia secondo requisiti contributivi più favorevoli.
Il ricorso, nell’unico motivo che formula, non tende a porre specificamente in discussione l’assetto che la sentenza impugnata ha delineato con precipuo riferimento a un aspetto collaterale, di mero dettaglio: il carattere indebito delle somme corrisposte dalla pensionata, a titolo d’integrazione agricola.
-Le censure, pur ammissibili, non sono, tuttavia, fondate.
-L ‘ assicurato, «qualora sia interrotto o cessi il rapporto di lavoro che ha dato luogo all ‘ obbligo delle assicurazioni per l ‘ invalidità, la vecchiaia ed i superstiti e per la tubercolosi», ha la facoltà, rispettivamente, di «conservare i diritti derivanti dalle assicurazioni predette o raggiungere i requisiti per il diritto alla pensione mediante il
versamento di contributi volontari base e a percentuale nell ‘ assicurazione per l ‘ invalidità, la vecchiaia e i superstiti e nell ‘ assicurazione contro la tubercolosi» (art. 1, primo comma, del d.P.R. n. 1432 del 1971).
La contribuzione volontaria deroga al principio della corrispondenza della contribuzione all ‘ effettiva attività lavorativa e tale deroga -come rimarca anche il ricorrente -è possibile entro i confini tracciati dalla legge (Cass., sez. lav., 21 agosto 2007, n. 21772).
L’assicurato è tenuto a presentare una domanda all’INPS, che rilascia l’autorizzazione , «se nel quinquennio precedente la domanda l ‘ assicurato può far valere, nell ‘ assicurazione nella quale chiede di effettuare i versamenti volontari, uno dei seguenti requisiti di effettiva contribuzione: 12 contributi mensili; 52 contributi settimanali; 93 contributi giornalieri agricoli, per gli uomini; 62 contributi giornalieri agricoli, per le donne e i giovani» (art. 1, terzo comma, del citato d.P.R. n. 1432 del 1971).
La prosecuzione volontaria presuppone, pertanto, l’esistenza di una contribuzione obbligatoria minima effettiva sull ‘ assicurazione nella quale s ‘intendono effettuare i versamenti volontari (Cass., sez. lav., 8 agosto 1986, n. 4993).
L ‘ autorizzazione dell ‘INPS alla prosecuzione volontaria dei versamenti contributivi si configura come un atto di accertamento e può essere revocata in ogni tempo, ove risulti acclarata l ‘ insussistenza dei relativi presupposti di legge. Il potere di revoca non si estingue, dunque, per prescrizione.
Né l’interessato , che da tale revoca veda pregiudicata la possibilità di conseguire le prestazioni pensionistiche, può utilmente invocare la tutela del proprio diritto alla posizione assicurativa, in quanto un ‘ erronea accensione della posizione contributiva non fa sorgere il diritto alla medesima (Cass., sez. lav., 25 marzo 1999, n. 2871).
6. -L’art. 4 del d.P.R. n. 1432 del 1971 detta una speciale disciplina per i lavoratori agricoli.
A coloro «che non raggiungono nell ‘ anno il numero minimo di 104 contributi obbligatori giornalieri, se uomini e di 70, se donne», la legge accorda la facoltà di «effettuare versamenti integrativi fino alla concorrenza dei contributi predetti» (primo comma).
In virtù di una disciplina di favore, giustificata dal carattere discontinuo e dalle peculiarità del lavoro agricolo, «un ridotto numero di giornate lavorative (raggiungibile per di più mediante integrazione volontaria)» è «considerato ex lege sufficiente a garantire la copertura assicurativa per un intero anno» (Corte costituzionale, sentenza n. 213 del 1986, punto 4 del Considerato in diritto ).
In tal modo «il bracciante può ottenere la valutazione dell’intero anno ai fini pensionistici versando volontariamente i contributi necessari a raggiungere il minimo fissato dalla legge» (sentenza n. 213 del 1986, cit., punto 3 del Considerato in diritto ).
Il lavoratore, che intenda fruire di tale facoltà, è tenuto a richiedere l’autorizzazione all’INPS, « entro i 12 mesi successivi all ‘ ultimo giorno di pubblicazione dell ‘ elenco nominativo che riporta la iscrizione relativa all ‘ anno al quale si riferiscono i versamenti stessi» (art. 4, cit., secondo comma).
7. -La prosecuzione volontaria dell ‘ assicurazione obbligatoria per l’ invalidità, la vecchiaia e i superstiti mira ad elidere le conseguenze negative che si producono per l ‘ assicurato, nell’ipotesi di mancata prestazione di un ‘ attività lavorativa soggetta all ‘ obbligo assicurativo (Corte costituzionale, sentenza n. 213 del 1986, cit., punto 4 del Considerato in diritto ).
Tale finalità traspare dal le previsioni dell’art. 5 del d.P.R. n. 1432 del 1971, che precludono la prosecuzione volontaria dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti « nei periodi durante i quali l ‘ assicurato sia iscritto a forme di previdenza sostitutive
o che hanno dato titolo alla esclusione o all ‘ esonero dall ‘ assicurazione predetta ovvero alle gestioni speciali dell ‘ assicurazione obbligatoria per i lavoratori autonomi» (primo comma).
È parimenti precluso il versamento dei contributi volontari «per i periodi successivi alla data di decorrenza della pensione diretta liquidata a carico dell ‘ assicurazione obbligatoria per l ‘ invalidità, la vecchiaia ed i superstiti oppure a carico delle forme di previdenza o delle gestioni sopra indicate» (secondo comma). Il mancato godimento d’una pensione diretta integra, pertanto, fatto costitutivo del diritto all’autorizzazione del versamento contributivo volontario (Cass., sez. lav., 20 aprile 1995, n. 4434).
Il sistema prefigurato dal d.P.R. n. 1432 del 1971 ha il suo caposaldo nel l’inammissibilità del versamento di contribuzione volontaria in caso di contemporanea contribuzione obbligatoria (Cass., sez. lav., 23 ottobre 2018, n. 26819). È vietata, dunque, la coesistenza della contribuzione obbligatoria e della contribuzione volontaria (Cass., sez. lav., 10 aprile 1987, n. 3574).
8. -Questa Corte, da epoca risalente (Cass., sez. lav., 15 marzo 1986, n. 1782), pur confermando la particolarità dell’istituto della prosecuzione volontaria, assoggettata ai rigorosi presupposti di legge, reputa eccezionali i divieti sanci ti dall’art. 5 del d.P.R. n. 1432 del 1971, in quanto pongono limiti ai diritti dell’assicurato e non si prestano, pertanto, né all’interpretazione analogica né a quella estensiva.
Tali divieti devono essere interpretati in stretta connessione con la lettera e con la ratio delle previsioni che li contemplano (Cass., sez. lav., 5 marzo 1986, n. 1437, e 27 febbraio 1986, n. 1261).
In tal senso si è espressa anche la Corte costituzionale, nel vaglio della previgente disciplina della prosecuzione volontaria: ne discende che la limitazione al diritto del lavoratore alla prosecuzione volontaria, in virtù della sua natura eccezionale, non potrebbe essere estesa ai casi non contemplati dalla legge (sentenza n. 35 del 1960).
I medesimi principi sono stati ribaditi anche nel sindacato di legittimità costituzionale della disciplina dettata dal d.P.R. n. 1432 del 1971, che viene in rilievo nell’odierno giudizio (sentenza n. 243 del 1976).
Con la pronuncia richiamata, la Corte costituzionale ha accolto le censure sollevate, per violazione dell’art. 76 Cost., con riferimento all’art. 5, primo comma, del d.P.R. n. 1432 del 1971, nella parte in cui il legislatore delegato escludeva che l ‘ assicurazione obbligatoria dei lavoratori dipendenti per l ‘ invalidità, la vecchiaia ed i superstiti potesse essere volontariamente proseguita nei periodi durante i quali l ‘i nteressato, divenuto lavoratore autonomo, fosse obbligatoriamente iscritto ad una gestione speciale.
Il giudice delle leggi, dopo avere ripercorso l’evoluzione normativa, che ha configurato la prosecuzione volontaria come istituto a sé stante, nel quadro di un generale favore verso la libera previdenza del cittadino, ha affermato che il divieto della coesistenza tra la prosecuzione volontaria dell ‘ assicurazione comune e l ‘ assicurazione obbligatoria dei lavoratori autonomi non è stato formulato in termini inequivoci nella legge di delega, come impone la natura eccezionale dell’esclusione (punto 4 del Considerato in diritto ). Ne deriva il vulnus all’art. 76 Cost.
9. -Le enunciazioni di principio appena richiamate orientano nella soluzione della questione interpretativa devoluta all’esame di questa Corte.
I divieti posti dal d.P.R. n. 1432 del 1971 devono essere intesi in modo tassativo e in coerenza con le finalità che ispirano la disciplina vigente.
La prosecuzione volontaria è preclusa nelle sole ipotesi in cui il legislatore lo abbia stabilito ex professo , come quelle tipizzate dal menzionato art. 5.
Il caso di specie esula dall’àmbito applicativo di tale disposizione.
La Corte d’appello di Brescia ha accertato in fatto che la prosecuzione volontaria della contribuzione è stata autorizzata per un periodo che non è coperto dall’iscrizione presso la gestione dei lavoratori agricoli.
È solo la sovrapposizione tra contribuzione volontaria e contribuzione obbligatoria che impone di applicare il divieto dell’art. 5. Tale coesistenza, nel caso di specie, non si ravvisa.
La controricorrente, solo con l’integrazione al minimo di cui all’art. 4 del d.P.R. n. 1432 del 1971, avrebbe potuto salvaguardare la continuità della copertura assicurativa per l’ intero anno (Corte costituzionale, sentenza n. 213 del 1986, punto 4 del Considerato in diritto ).
Solo i n quest’ipotesi, si sarebbero indebitamente sovrapposti i periodi di contribuzione obbligatoria e quelli di contribuzione volontaria, con la conseguente applicabilità della disciplina invocata dall’Istituto.
10. -La lavoratrice, nella specie, non ha ritenuto di beneficiare della facoltà d’integrazione prevista dalla legge.
Né tale facoltà si può tramutare in un obbligo, nei termini propugnati dal ricorrente, in carenza di un solido fondamento normativo e in antitesi con le caratteristiche strutturali di un sistema, incardinato sulla «libera previdenza del cittadino» (sentenza n. 243 del 1976, cit., punto 4 del Considerato in diritto ) e sulle libere determinazioni dei lavoratori.
L’Istituto può revocare, anche a distanza di tempo, l’autorizzazione alla prosecuzione volontaria della contribuzione, quando ne difettino i presupposti di legge, ma non può convertire d’imperio la prosecuzione volontaria, richiesta in modo puntuale con riferimento a una determinata gestione e puntualmente adempiuta con il versamento della relativa contribuzione, nella diversa integrazione di cui all’art. 4 del d.P.R. n. 1432 del 1971.
L’i ntegrazione, invero, differisce dalla prosecuzione volontaria della contribuzione, come ha chiarito la Corte costituzionale nella pronuncia più volta citata (sentenza n. 213 del 1986), e presuppone la presentazione, entro un termine perentorio, di un ‘apposita domanda (art. 4, secondo comma, del d.P.R. n. 1432 del 1971).
-Non si può desumere un siffatto obbligo di procedere al l’ integrazione neppure dalle disposizioni dell’art. 8 del d.P.R. n. 1432 del 1971, che perseguono una diversa finalità.
La disciplina richiamata dal ricorrente a supporto delle censure fissa i parametri retributivi per la determinazione della misura della contribuzione volontaria e, a tale scopo, nel peculiare contesto della ‘contribuzione mista’, annette rilievo all’attività lavorativa preponderante nell’arco temporale prossimo al versamento della contribuzione.
Dalle previsioni in esame, nondimeno, non si può inferire alcun obbligo di procedere all’integrazion e, con la correlata impossibilità di accedere alla prosecuzione volontaria.
-Né tale ricostruzione del sistema normativo, in linea con il dettato testuale e con la ratio legis , ingenera il rischio di elusioni e contegni strumentali.
La scelta della gestione in cui accreditare la contribuzione volontaria non è legibus soluta . Il legislatore ha introdotto, con l’art. 1, indefettibili requisiti di contribuzione minima e si è premurato di enucleare ipotesi d’incompatibilità, funzionali a presidiare l’autentica ragione giustificatrice della prosecuzione volontaria.
Limitazioni e divieti, nondimeno, non possono essere introdotti praeter legem , in un àmbito che, all’autorizzazione alla prosecuzione volontaria entro un certo discrimine temporale, riconnette conseguenze ragguardevoli, come la possibilità di godere della pensione di vecchiaia secondo requisiti meno stringenti.
Una diversa interpretazione assegnerebbe una portata radicalmente ostativa alla prestazione di lavoro agricolo per una qualsiasi frazione di anno, anche quando il periodo di lavoro non collimi con quello oggetto della prosecuzione volontaria e non dia luogo alla protezione del lavoratore per l’intera durata dell’anno , in mancanza dell’indispensabile integrazione prevista d all’art. 4 del d.P.R. n. 1432 del 1971.
Occorre dare continuità, in definitiva, alla giurisprudenza di questa Corte che, ai fini della prosecuzione volontaria della contribuzione, nega valenza preclusiva a un’attività di lavoro inidonea a far sorgere un valido rapporto obbligatorio previdenziale per il periodo corrispondente a quello coperto da contribuzione volontaria (Cass., sez. lav., 19 settembre 1995, n. 9932).
Sul dato dirimente della discrasia tra il periodo di prosecuzione volontaria della contribuzione e il periodo di lavoro agricolo e sull’ inidoneità di tale ultimo periodo a garantire la copertura assicurativa per l’intero anno, s’incentra la ratio decidendi della decisione impugnata, che, per le ragioni esposte, non presta il fianco alle censure dell’Istituto.
-Il ricorso, in conclusione, dev’essere respinto.
-La particolare complessità delle questioni controverse, che non sono state ancora scandagliate da questa Corte in tutte le loro implicazioni, induce a compensare le spese del presente giudizio.
-L’integrale rigetto del ricorso, proposto dopo il 30 gennaio 2013, impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo del ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia in concreto dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del presente giudizio.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione