Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34538 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 34538 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
SENTENZA
sul ricorso 3252-2024 proposto da:
NOME COGNOME, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
R.G.N. 3252/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 04/12//2024
PU
avverso la sentenza n. 659/2023 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 04/08/2023 R.G.N. 946/2021;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’avvocato NOME COGNOME
udito l’avvocato NOME COGNOME per delega verbale avvocato NOME COGNOME.
FATTO
Con sentenza 4 agosto 2023, la Corte d’appello di Palermo ha rigettato le domande di NOME COGNOME (lavoratrice alle dipendenze di Poste Italiane s.p.a. con contratto a tempo determinato decorrente dall’11 dicembre 2017 e successive proroghe, l’ultima al 31 ottobr e 2019 comunicata il 24 ottobre 2018 con efficacia dal 1° novembre 2018), in particolare di:
a ) illegittimità del termine per violazione della norma introdotta dal d.l. 87/2018 conv. in legge n. 96/2018 (nella parte in cui sono state individuate nuove limitazioni temporali e reintrodotta la necessità di specificazione delle causali di assunzione), specialmente dell’art. 1, comma 2 d.l. 87/2018, per la stipulazione della proroga (prima della sua entrata in vigore in data 31 ottobre 2018, nonostante la sua efficacia successiva e pertanto) in frode alla legge;
b ) accertamento della propria assunzione (formalmente ‘al fine di coprire le prestazioni straordinarie e di flessibilità operativa necessarie all’adempimento del servizio di recapito’ in occasione di ‘ritardi nelle lavorazioni causate dalle
condotte di sciopero del personale dipendente’ ) per soddisfare carenze croniche di organico ed esigenze stabili, con abuso e violazione dei divieti normativi europei, in frode alla normativa interna, ai sensi dell’art. 1344 c.c.
Essa ha così riformato la sentenza di primo grado, che aveva invece dichiarato illegittima la proroga, comunicata il 24 ottobre 2018, efficace dal 1° novembre successivo, la conversione del contratto a termine da tale data e la nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato tra le parti il 6 (efficace dall’11) dicembre 2017 per frode alla legge; condannato la società a riammettere la lavoratrice in servizio e a pagarle un’indennità pari a otto mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del T.f.r., oltre accessori di legge.
Ai fini dell’applicazione dell’art. 21, comma 2 d.lgs. 81/2015, come modificato dal d.l. 87/2018, essa ha ritenuto l’esigenza di formalizzazione di un accordo anche per la proroga, legittimamente acausale, per lo scambio del consenso tra le parti (per effetto della comunicazione datoriale con missiva del 24 ottobre 2018 e dell’adesione della lavoratrice), anteriore all’entrata in vigore della normativa restrittiva suddetta.
Inoltre, sulla premessa della ribadita naturale conformazione del rapporto di lavoro subordinato come a tempo indeterminato, ferma l’insussistenza di qualsivoglia ragione riorganizzativa datoriale per il primo contratto a tempo determinato di durata non superiore a dodici mesi e pertanto l’irrilevanza di temporaneità dell’esigenza datoriale, la Corte d’appello ha negato la sussistenza di una frode alla legge nell’utilizzazione della lavoratrice da Poste per la copertura di ordinarie esigenze di organico. E parimenti irrilevante il richiamo dell’art. 19, comma 5 d.lgs. 81/2015 (di soddisfazione di una legittima aspettativa dei lavoratori a
termine di conoscere i posti vacanti disponibili resisi disponibili per proporsi per eventuali assunzioni a tempo indeterminato), ai fini di un diritto all’assunzione né di un obbligo datoriale di copertura completa del fabbisogno di personale con contratti di lavoro a tempo indeterminato.
Con atto notificato il 2 agosto 2023, la lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, cui la società ha resistito con controricorso.
Il P.G. ha comunicato conclusioni scritte nel senso dell’accoglimento del ricorso.
Entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la ricorrente ha dedotto violazione degli artt. 21 comma 1, 19 d.lgs. 81/2015 come mod. dal d.l. 87/2018 conv. in legge n. 96/2018, per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto la disposizione denunciata non applicabile alla proroga di un contratto a tempo determinato, pendente alla data di entrata in vigore del d.l. 87/2018 (31 ottobre 2018), sottoscritta il 24 ottobre 2018 ma con decorrenza dal 1° novembre 2018.
E ciò per avere il legislatore, nella formulazione della disciplina transitoria, fatto riferimento alla data di scambio del consenso tra le parti soltanto per ‘i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto’ (31 ottobre 2018), non anche per la proroga o il rinnovo dei contratti in corso alla medesima data, per essi contando soltanto l’essere a tale data ‘successivi’; con la conseguente illegittimità della proroga acausale in questione.
Con il secondo, ella ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 1344 c.c., in relazione all’art. 1 d. lgs. 81/2015, per non avere la Corte tratto dalla regola, secondo cui il contratto a tempo indeterminato costituisce la forma comune del rapporto di lavoro, la conseguenza della necessità che il contratto a termine sia sottoscritto in presenza di esigenze di natura temporanea e non per far fronte all’ordinaria attività di lavoro, e pertanto forma eccezionale del rapporto di lavoro, secondo interpretazione conforme ai principi stabiliti dalla direttiva n. 1999/70 CEE relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato e dalla giurisprudenza eurounitaria su di essa formatasi.
Essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono fondati.
L’art. 1, comma 2 d.l. 87/2018 conv. in legge n. 96/2018 recita: ‘Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché ai rinnovi e alle proroghe contrattuali successivi al 31 ottobre 2018’ .
4.1. È di indiscutibile chiarezza letterale ( ‘in claris non fit interpretatio’ ) che il legislatore abbia utilizzato il lemma ‘stipulati’ ( ‘successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto’ ) con esclusivo ed espresso riferimento ai (nuovi) contratti ; non anche alla proroga , né al rinnovo : con un’evidente diversa valorizzazione del momento in cui il negozio giuridico produce i suoi effetti.
Sicché, la disciplina legislativa, innestandosi di necessità non solo su casi in cui il contratto non sia stato ancora stipulato, ma anche su altri in cui il rapporto di durata sia già e ancora in essere, non avrebbe potuto che riferirsi in modo differente, in termini di applicabilità della nuova disciplina, ora al l’atto,
ora al rapporto rinnovato o prorogato, rispetto ai quali rilevi il momento dell’esecuzione dei negozi che a bbiano inciso appunto sulla durata in un momento successivo al cessare del regime transitorio.
E la ratio della disposizione risponde alla necessità di modificare la disciplina, non già del fatto generatore del diritto (il negozio), bensì del contenuto e della durata delle prestazioni attinenti a quei rapporti di lavoro: così essendo (diversamente) rilevanti i momenti di efficacia della modifica contenente la rinnovazione e di determinazione, per effetto dell’esercizio dell’autonomia negoziale, del contenuto del rapporto.
D’altro canto, nella prospettiva secondo cui la proroga comunicata alla lavoratrice con nota del 24 ottobre 2018, in relazione al contratto a termine con scadenza il 30 ottobre 2018, avesse efficacia dal 1° novembre 2018 (e sino al nuovo termine indicato del 31 gennaio 2019) ma esigesse la forma scritta (al di là della sovrapposizione negli ultimi giorni di ottobre 2018 della nuova proroga alla precedente), neppure vi sarebbe (stata) ragione di prevedere una disciplina transitoria (in riferimento alla data del 31 ottobre 2018) rispetto all’immediata entrata in vigore (il 12 agosto 2018) del d.l. 87/2018.
Quanto alla causale del contratto a tempo determinato, la lavoratrice era stata assunta per ‘coprire le prestazioni straordinarie e di flessibilità operativa necessarie all’adempimento del servizio di recapito’ , in occasione di ‘ritardi nelle lavorazioni causate dalle condotte di sciopero del personale dipendente’ , e quindi per soddisfare esigenze stabili e durevoli dell’impresa: in deliberata elusione della disciplina della contrattazione a termine, avente ad oggetto attività costitutivamente di natura temporanea e non ordinaria né di permanente stabilità, da delimitare
opportunamente (come previsto dai p.ti 6 e 8 dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP: CGUE 4 luglio 2006, C-212/04, Adelener , p.to 62) e su cui esercitare un’attenta vigilanza per evitarne abusi ( Considerando 14 della Direttiva1999/70 CEE, clausole 1 e 5 dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP: CGUE 25 ottobre 2018, C-331/17, Sciotto , p.to 30; CGUE 23 aprile 2009, C-378/07, NOME , p.ti 74 e 151; CGUE 26 novembre 2014, C-22/13, Mascolo , p.to 75); CGUE 17 settembre 2014, C-362/13, COGNOME , p.to 58 e altre successive).
5.1. La natura temporanea e non ordinaria dell’attività da prestare con contratto a tempo determinato, da ultimo, ben si ricava dal d.lgs. 81/2015, secondo cui, in particolare:
a ) il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro (art. 1);
b ) il limite di durata dell’apposizione del termine al contratto di lavoro è di 12 mesi; e una durata può essere superiore, ma comunque non eccedente 24 mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni: a’ ) esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività ovvero sostitutive di altri lavoratori; b’ ) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria; b’ -bis ) specifiche esigenze previste dai CCNL (art. 19, comma 1);
c ) è inefficace l’apposizione del termine non risultante da atto scritto; e così pure il rinnovo, senza la specificazione delle esigenze del comma 1 e la proroga, se il termine complessivo è superiore ai 12 mesi (art. 19, comma 4);
d ) sono previste ulteriori limitazioni per proroghe e rinnovi (art. 21)
con la comunicazione in data 24 ottobre 2018 della proroga del contratto a tempo determinato tra le parti, decorrente dall’11 dicembre 2017 (in regime di acausalità), con efficacia
dal 1° novembre 2018 (di decorrenza del regime reintroduttivo di nuove limitazioni temporali e della necessità di specificazione delle causali di assunzione), la ricorrente ha dunque compiuto un atto integrante contratto in frode alla legge, ai sensi dell’art. 1344 c.c.
Come noto, tale ipotesi consiste nel fatto che gli stipulanti, attraverso gli accordi contrattuali, raggiungano il medesimo risultato vietato dalla legge, con la conseguenza che, nonostante il mezzo impiegato sia lecito, è però illecito il risultato che attraverso l’abuso del mezzo e la distorsione della sua funzione ordinaria si voglia in concreto realizzare (Cass. 26 gennaio 2010, n. 1523); così, in particolare, quale mezzo per eludere la regola della temporaneità che connota la disciplina in esame (Cass. 27 luglio 2022, n. 23495; Cass. 23 novembre 2010, n. 23684, in materia di rapporto di lavoro interinale, tanto ai sensi della legge n. 196 del 1997 quanto del d.lgs. n. 276 del 2003; Cass. 28 marzo 2018, n. 7702).
Come sempre, l’accertamento in fatto è riservato al giudice di merito e, se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi, non è soggetto al sindacato di legittimità (Cass. 26 settembre 2018, n. 23042, in specifico riferimento ad ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo disposto per gli stessi motivi già addotti a fondamento di un precedente licenziamento collettivo dichiarato illegittimo; Cass. 3 novembre 2023, n. 30552, in materia di licenziamento in esito a ‘manovra di aggiramento’ dell’ordine di reintegrazione).
Pertanto il ricorso deve essere accolto, con la cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione.
La Corte
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione .
Così deciso in Roma il 4 dicembre 2024