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Proroga contratto a termine senza causale: le regole

Il Tribunale di Venezia ha stabilito che la proroga di un contratto a termine oltre i 12 mesi è illegittima se priva di una causale giustificatrice, anche se il contratto collettivo prevede diversamente. In questo caso, una lavoratrice assunta con un contratto a termine, prorogato due volte fino a superare i 12 mesi senza alcuna motivazione, ha ottenuto la conversione del rapporto in tempo indeterminato. Il giudice ha chiarito che la normativa nazionale prevale sulle disposizioni peggiorative del CCNL, condannando l’azienda al pagamento di un’indennità risarcitoria.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Proroga Contratto a Termine: Quando la Causale è Obbligatoria

La gestione dei contratti a tempo determinato rappresenta un punto cruciale nel diritto del lavoro, con regole precise che bilanciano flessibilità per le aziende e tutele per i lavoratori. Una recente sentenza del Tribunale di Venezia ha riaffermato un principio fondamentale: la proroga del contratto a termine oltre i dodici mesi richiede una causale specifica, e i contratti collettivi non possono derogare a questa norma in senso peggiorativo per il dipendente. Analizziamo questa decisione per capire le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: Un Contratto Prorogato Oltre i Limiti

Una lavoratrice era stata assunta con un contratto di lavoro a tempo determinato, della durata di sei mesi, per svolgere mansioni di banconiera presso un bar annesso a una stazione di servizio. Il contratto, stipulato senza l’indicazione di una causale, è stato successivamente prorogato per due volte consecutive:

1. La prima proroga ha esteso il rapporto per altri sei mesi, portando la durata complessiva a dodici mesi.
2. La seconda proroga ha esteso ulteriormente il contratto per quasi sei mesi, superando così il limite di un anno.

Entrambe le proroghe sono state formalizzate con una semplice lettera, senza specificare alcuna delle causali previste dalla legge per giustificare il superamento dei dodici mesi. Alla scadenza finale, la lavoratrice ha impugnato il contratto, sostenendo l’illegittimità delle proroghe e chiedendo la conversione del rapporto in un contratto a tempo indeterminato.

La Difesa Aziendale e la Disciplina della Proroga Contratto a Termine

L’azienda si è difesa sostenendo che il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) applicato al rapporto (Turismo e Pubblici Esercizi) consentiva la stipula di contratti a termine fino a 36 mesi senza necessità di una causale. Secondo la società, le proroghe erano quindi pienamente legittime, in quanto rientranti nel limite temporale più ampio previsto dalla contrattazione collettiva.

La lavoratrice, al contrario, ha argomentato che le proroghe eccedenti i dodici mesi erano illegittime perché prive della causale richiesta dall’articolo 19 del D.Lgs. 81/2015, norma inderogabile dalla contrattazione collettiva.

Le Motivazioni

Il Tribunale ha accolto integralmente la domanda della lavoratrice, basando la sua decisione su alcuni principi cardine del diritto del lavoro.

In primo luogo, il giudice ha chiarito la gerarchia delle fonti. La legge (in questo caso, il D.Lgs. 81/2015) stabilisce che un contratto a termine può durare fino a dodici mesi senza causale. Per durate superiori (fino a un massimo di 24 mesi), o per le proroghe che portano a superare i 12 mesi, è necessaria la presenza di specifiche condizioni previste dalla legge stessa. Un contratto collettivo può intervenire per individuare ulteriori causali, ma non può eliminare del tutto l’obbligo della causale per periodi superiori all’anno. Una disposizione collettiva che permettesse una deroga in peius (peggiorativa) per il lavoratore sarebbe illegittima.

In secondo luogo, il Tribunale ha specificato che la normativa di riferimento è quella in vigore al momento della stipulazione del contratto originario. Le modifiche legislative successive, come quelle introdotte dal D.L. n. 48/2023, non potevano essere applicate retroattivamente al caso in esame.

Di conseguenza, avendo la seconda proroga esteso la durata del rapporto oltre i dodici mesi senza alcuna giustificazione formale, il contratto è stato considerato trasformato ex lege in un contratto a tempo indeterminato a partire dalla data di superamento del limite dei 12 mesi.

Le Conclusioni

La sentenza ha dichiarato la trasformazione del rapporto di lavoro in tempo indeterminato. Inoltre, ha condannato la società a risarcire il danno subito dalla lavoratrice, liquidando un’indennità onnicomprensiva pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento. Nel determinare l’importo, il giudice ha tenuto conto di vari fattori, come l’anzianità di servizio (circa 17 mesi), le dimensioni medio-piccole dell’impresa e il comportamento delle parti. La società è stata infine condannata al pagamento delle spese legali. Questa decisione ribadisce l’importanza della causale come strumento di garanzia contro l’uso abusivo dei contratti a termine e conferma la prevalenza della legge sulla contrattazione collettiva quando si tratta di tutele fondamentali per il lavoratore.

È possibile prorogare un contratto a tempo determinato oltre i 12 mesi senza indicare una causale?
No. Secondo la sentenza, basata sul D.Lgs. 81/2015, qualsiasi proroga che porti la durata complessiva del rapporto di lavoro oltre i dodici mesi è illegittima se non è supportata da una delle causali previste dalla legge.

Un contratto collettivo nazionale (CCNL) può permettere contratti a termine senza causale per durate superiori a quelle previste dalla legge?
No. Il giudice ha stabilito che un CCNL non può derogare in senso peggiorativo (in peius) alla normativa legale. Pertanto, non può eliminare l’obbligo della causale per le proroghe che superano i 12 mesi, poiché si tratta di una tutela minima garantita al lavoratore dalla legge.

Cosa succede se un contratto a termine viene prorogato illegittimamente oltre i 12 mesi?
In caso di proroga illegittima per assenza di causale, il contratto si trasforma per legge in un contratto di lavoro a tempo indeterminato. La trasformazione decorre dal momento in cui il limite dei dodici mesi è stato superato. Inoltre, il datore di lavoro può essere condannato a pagare al lavoratore un’indennità risarcitoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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