SENTENZA TRIBUNALE DI VENEZIA N. 1035 2025 – N. R.G. 00000870 2025 DEPOSITO MINUTA 17 12 2025 PUBBLICAZIONE 17 12 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI VENEZIA
in funzione di AVV_NOTAIO del lavoro ed in persona del AVV_NOTAIO , applicato da remoto ai sensi dell’art. 3 D.L. n. 117/2025, ha pronunciato, successivamente alla scadenza del termine per il deposito di note effettuato ai sensi del l’art. 127 ter c.p.c., la seguente
SENTENZA
Nella causa iscritta al n. NUMERO_DOCUMENTO R.G.L.
proposta da
(c.f.
, elettivamente domiciliata in Venezia
C.F.
Mestre, INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO e dell’AVV_NOTAIO che la rappresentano e difendono per procura in atti, ricorrente,
contro
(c.f.
), in persona del legale
P.
rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa da ll’AVV_NOTAIO per procura in atti, resistente,
Oggetto : contratto a termine e di formazione e lavoro.
MOTIVI DELLA DECISIONE
FATTO E DIRITTO
Con ricorso depositato il 24 aprile 2025 espone di essere stata assunta con contratto di lavoro a tempo determinato, ai sensi del D. Lgs. 81/2015, con decorrenza dal 9 febbraio 2023 e scadenza originaria fissata all’8 agosto 2023, per svolgere mansioni di banconiera presso il bar annesso alla stazione di servizio gestita dalla società convenuta. Il contratto, stipulato senza indicazione di causale, è stato successivamente prorogato due volte: la prima con lettera dell’8 agosto 2023 fino all’8 febbraio 2024, la seconda con lettera dell’8 febbraio 2024 fino al 31 luglio 2024, sempre senza alcuna causale giustificatrice.
La ricorrente ha prestato servizio ininterrottamente per circa sedici mesi, fino alla cessazione del rapporto avvenuta il 31 luglio 2024. Con lettera del 5 agosto 2024, la lavoratrice ha impugnato il contratto a tempo determinato e le relative proroghe, co ntestandone l’illegittimità e chiedendo il ripristino del rapporto di lavoro. Tale impugnazione è rimasta priva di riscontro da parte della società. In seguito, la ricorrente ha notificato richiesta di tentativo di conciliazione presso l’
di Venezia, senza ottenere adesione dalla controparte.
Nel merito, la ricorrente deduce che le proroghe del contratto sono illegittime, essendo state effettuate oltre il limite dei dodici mesi e in assenza delle condizioni previste dall’art. 19, comma 1, del D. Lgs. 81/2015, che impone la presenza di una causale per proroghe eccedenti tale durata.
Alla luce di quanto esposto, la ricorrente chiede che venga accertata e dichiarata la nullità dell’apposizione del termine al contratto di lavoro e delle successive proroghe, con conseguente riconoscimento della natura a tempo indeterminato del rapporto sin dalla sua origine, ovvero dalla diversa data ritenuta di giustizia. Domanda, inoltre, la condanna della società convenuta al pagamento di un’indennità onnicomprensiva pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, o nella misura ritenuta equa, nonché delle differenze retributive, contributive e di TFR derivanti dalla qualificazione del rapporto a tempo indeterminato.
La società premette che il rapporto di lavoro oggetto di causa si è svolto senza soluzione di continuità dal 9 febbraio 2023 al 31 luglio 2024, per complessivi 17 mesi e 23 giorni, con mansioni di banconiera e inquadramento al 5° livello del CCNL Turismo Pubblici Esercizi.
Il contratto, stipulato senza causale, è stato prorogato due volte, sempre senza indicazione di causale giustificatrice, e si è concluso alla data sopra indicata. La società evidenzia che, secondo la disciplina del CCNL applicabile, il requisito della causale non è richiesto per il primo rapporto a tempo determinato di durata non superiore a 36 mesi, per qualsiasi mansione. Pertanto, il contratto stipulato con la ricorrente e le relative proroghe sarebbero pienamente legittimi, essendo intervenuti nell’ambi to del limite temporale previsto dalla contrattazione collettiva.
La società sottolinea che la normativa di riferimento, ossia l’art. 19 del D.Lgs. 81/2015, rinvia espressamente alle disposizioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro, e che il CCNL Turismo e Pubblici Esercizi consente la stipula di contratti a termine senza causale fino a 36 mesi. Di conseguenza, non sussisterebbe alcuna nullità del termine né illegittimità delle proroghe, non essendo stato superato il limite massimo di durata previsto dalla legge e dal contratto collettivo.
In via subordinata, la resistente contesta anche la quantificazione del risarcimento del danno richiesta dalla ricorrente, ritenendola sproporzionata rispetto alla durata effettiva del rapporto di lavoro e non supportata da alcuna prova di maggior danno su bito. La società chiede, pertanto, che, nell’eventualità di accoglimento delle domande della ricorrente, la quantificazione dell’indennità venga ridotta al minimo previsto dalla normativa di riferimento.
Con decreto prot. n. 3395 del 22 ottobre 2025 del Presidente Vicario del Tribunale di Venezia il presente giudizio è stato assegnato allo scrivente ai sensi dell’art. 3 D.L. n. 117/2025.
All’udienza del 16 dicembre 2025 la causa è stata assunta in decisione.
La domanda proposta da deve essere accolta per le ragioni che seguono.
L’art. 19, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015 , vigente al momento della stipulazione del contratto e dunque nella versione antecedente all ‘ entrata in vigore del D.L. n. 48/2023, stabiliva che al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i ventiquattro mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni: a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori; b) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria. b-bis) specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’articolo 51.
L’art. 21, comma 1, nella versione vigente al momento della stipulazione del contratto, prevedeva poi che il contratto può essere rinnovato solo a fronte delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1. Il contratto può essere prorogato liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente, solo in presenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1. In caso di violazione di quanto disposto dal primo e dal secondo periodo, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.
La società resistente invoca l ‘art. 32 del CCNL Turismo e Pubblici Esercizi, depositato unitamente alla memoria del 27 novembre 2025, ai sensi del quale ‘sul contratto di lavoro a termine il requisito della causale non è richiesto nell’ipotesi di primo rapporto a tempo determinato, di durata non superiore a 36 mesi per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione’.
Tuttavia, tale disciplina collettiva non può derogare in peius alla normativa legale, che richiede la presenza di condizioni tipizzate sia per l ‘ apposizione di un termine superiore ai 12 mesi sia per la legittimità delle proroghe oltre i 12 mesi.
Inoltre deve ritenersi che l ‘ art. 32 CCNL consenta l ‘ apposizione del termine senza causale solo per il primo contratto, non anche per le proroghe. Infatti, lo stesso art. 32 stabilisce che ‘l’apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni che ne hanno determinato l’adozione’.
Nel caso di specie, la ricorrente è stata assunta con contratto a termine dal 09/02/2023 all’08/08/2023, prorogato una prima volta fino all’08/02/2024 e una seconda volta fino al 31/07/2024, senza indicazione di alcuna causale nelle lettere di proroga. La durata complessiva del rapporto ha, dunque, superato i 12 mesi, senza che siano state indicate le condizioni che abbiano legittimato la proroga oltre tale termine.
Alla luce di quanto sopra, deve ritenersi che, superato il termine di dodici mesi (9 febbraio 2024), in assenza di causale, il contratto si sia trasformato ex lege in contratto a tempo indeterminato, ai sensi dell’art. 19, comma 1 -bis, D.Lgs. 81/2015.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla società resistente, non è rilevante la disposizione contenuta nell’art. 24, comma 1 ter , D.L. n. 48/2023.
In particolare l ‘ art. 24 D.L. n. 48/2023 ha modificato gli artt. 19 e 21, individuando diverse ragioni che giustificano l ‘ apposizione del termine al contratto di lavoro e le successive proroghe.
L ‘ art. 24, comma 1 ter D.L. n. 48/2023 ha chiarito che ‘ ai fini del computo del termine di dodici mesi previsto dall’articolo 19, comma 1, e dall’articolo 21, comma 01, del decreto legislativo n. 81 del 2015, come modificati dai commi 1 e 1-bis del presente articolo, si tiene conto dei soli contratti stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto ‘ . Tale disposizione ha dunque previsto che la modifica degli artt. 19 e 21, ai fini del computo del termine di dodici mesi, si applica solo ai contratti stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 48/2023. Resta dunque escluso dal campo di applicazione della nuova normativa il contratto oggetto del presente giudizio, dal momento che lo stesso è stato stipulato l ‘ 8 febbraio 2023 e dunque prima dell ‘ entrata in vigore della disciplina introdotta con il D.Lgs. n. 48/2023.
Quanto alle conseguenze economiche, l’art. 28, comma 2, D.Lgs. 81/2015 dispone che, nei casi di conversione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, il AVV_NOTAIO condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del lavoratore, stabilendo un’indennità onnicomprensiva in misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo d i 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, avuto riguardo ai criteri indicati nell’art. 8 della legge 15 luglio 1 966, n. 604. Tali criteri impongono di considerare, tra l’altro, l’anzianità di servizio, le dimensioni dell’impresa, il numero dei dipendenti, il comportamento delle parti e le condizioni complessive del rapporto.
Nel caso di specie, la ricorrente ha prestato servizio per circa 17 mesi, presso una realtà aziendale di dimensioni medio-piccole (stazione di rifornimento), senza che siano emersi elementi di particolare gravità a carico di alcuna delle parti. Tenuto cont o di tali circostanze, si ritiene equo liquidare l’indennità nella misura di 6 mensilità dell’ultima retribuzione per il calcolo del TFR.
Va precisato che, ai sensi dell’art. 28, comma 2, D.Lgs. 81/2015, l’indennità così determinata ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia con la quale il AVV_NOTAIO ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro.
Per le ragioni che precedono, il contratto a tempo determinato stipulato tra le parti deve essere convertito in contratto a tempo indeterminato a far data dal 10 febbraio
2024, con condanna della società resistente al pagamento, in favore della ricorrente, di un’indennità pari a 6 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, oltre accessori di legge.
Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come da dispositivo sulla base dei parametri minimi in considerazione della semplicità del quadro fattuale e dell’assenza di rilevanti questioni di diritto, vanno poste a carico della società resistente.
p.q.m.
il Tribunale di Venezia, definitivamente pronunciando, così provvede:
accoglie il ricorso e, per l’effetto, dichiara che il rapporto di lavoro intercorso tra
e
si è trasformato in un rapporto a
tempo indeterminato a far data dal 9 febbraio 2024;
condanna
al pagamento in favore di
di un’indennità nella misura di 6 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR;
condanna
al pagamento in favore di
delle spese del giudizio, liquidate in € 259,00 per spese ed in € 4.629,00 per compensi, oltre spese generali, iva e cpa come per legge.
Così deciso in Venezia, il 17 dicembre 2025.
Il AVV_NOTAIO COGNOME