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Progressione verticale: quando sorge il diritto?

Un dipendente pubblico, risultato idoneo in una procedura di progressione verticale, si è visto negare la promozione a causa di una nuova legge (ius superveniens) entrata in vigore prima del consolidamento del suo diritto. La Cassazione ha confermato che il diritto all’assunzione sorge solo con l’approvazione della graduatoria e la collocazione in posizione utile per un posto autorizzato, non con la mera idoneità.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Progressione Verticale nel Pubblico Impiego: Quando Nasce il Diritto alla Promozione?

L’aspirazione a una crescita professionale è un motore fondamentale per ogni lavoratore, anche nel settore pubblico. Ma cosa succede quando le regole cambiano a metà del percorso? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta il delicato tema della progressione verticale, chiarendo il momento esatto in cui un dipendente pubblico acquisisce un diritto pieno e non più revocabile alla promozione. Analizziamo questa decisione per capire i confini tra legittima aspettativa e diritto quesito.

I Fatti di Causa: Un Concorso e una Riforma Inattesa

La vicenda ha origine da una procedura selettiva interna indetta da un Ministero per il passaggio di personale dall’Area II all’Area III. L’amministrazione aveva richiesto l’autorizzazione per 920 posti, ma un DPCM ne aveva autorizzati, in un primo momento, solo 460. Nonostante ciò, il bando di concorso era stato emanato per la totalità dei 920 posti, specificando però che l’inquadramento per i posti eccedenti i 460 sarebbe avvenuto solo dopo la concessione della successiva e necessaria autorizzazione.

Un dipendente partecipa alla selezione, la supera e si colloca in graduatoria come “idoneo”, ma in una posizione successiva alla 460esima. Nelle more dell’approvazione finale delle graduatorie e del rilascio dell’autorizzazione integrativa, interviene una riforma legislativa (il D.Lgs. n. 150/2009) che modifica profondamente le regole per le progressioni di carriera, privilegiando il concorso pubblico.

L’autorizzazione per i restanti posti non arriverà mai. Il dipendente, vedendosi preclusa la promozione, agisce in giudizio per ottenere il riconoscimento del suo diritto all’inquadramento superiore.

La Decisione dei Giudici di Merito e il Ricorso in Cassazione

In primo grado, il Tribunale dà ragione al lavoratore. La Corte d’Appello, tuttavia, ribalta la decisione, accogliendo la tesi del Ministero. Secondo i giudici d’appello, al momento dell’entrata in vigore della nuova legge, il dipendente non aveva ancora maturato un “diritto quesito” alla promozione. La sua posizione era una mera aspettativa, in quanto subordinata a due condizioni non ancora verificatesi: la collocazione in posizione utile all’interno dei posti autorizzati e l’approvazione formale della graduatoria. La nuova legge (ius superveniens) aveva quindi legittimamente inciso sulla procedura, rendendo inapplicabili le vecchie regole.

Il lavoratore ricorre quindi in Cassazione, sostenendo che l’amministrazione si fosse già impegnata con il bando e che il suo diritto fosse sorto con il superamento della prova, non potendo essere scalfito dalla normativa successiva.

Le Motivazioni: la progressione verticale e il diritto quesito

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, confermando la sentenza d’appello con un’articolata motivazione che fissa principi cruciali in materia di concorsi pubblici.

Autorizzazione Preventiva: Condizione Indispensabile

La Corte ribadisce che, nel pubblico impiego, l’avvio di procedure di reclutamento o di progressione verticale è sempre subordinato a un’autorizzazione preventiva da parte degli organi di controllo della spesa. Il bando stesso, pur prevedendo 920 posti, condizionava esplicitamente l’inquadramento di quasi la metà dei candidati al rilascio di una futura autorizzazione. Questa autorizzazione non era un mero atto formale, ma un provvedimento discrezionale dell’amministrazione. La sua assenza ha impedito che la procedura si completasse per i posti non coperti dall’autorizzazione iniziale.

La Nozione di Diritto Quesito nelle Selezioni Pubbliche

Il punto centrale della decisione è la definizione del momento in cui l’aspettativa del candidato si trasforma in un diritto soggettivo pieno. La Cassazione chiarisce che la posizione giurid soggettiva del candidato si trasforma in diritto all’assunzione solo quando è approvata la graduatoria che vede lo stesso candidato in posizione utile rispetto ai posti messi a concorso e autorizzati. Essere semplicemente “idoneo” in una graduatoria per un posto non ancora autorizzato non è sufficiente a creare un diritto quesito, cioè un diritto ormai acquisito e intangibile da una legge successiva.

L’Impatto dello Ius Superveniens sulla Procedura

Poiché il diritto del ricorrente non era ancora sorto al momento dell’entrata in vigore del D.Lgs. 150/2009, questa nuova normativa ha legittimamente disciplinato la situazione. La riforma ha modificato l’assetto organizzativo e le modalità di reclutamento, rendendo di fatto illegittima la stipula di un nuovo contratto di lavoro (perché la progressione verticale a un’area superiore equivale a una nuova assunzione) secondo le vecchie regole. L’amministrazione aveva quindi il potere-dovere di bloccare le assunzioni non più conformi al nuovo quadro normativo.

Scorrimento della Graduatoria: Un Onere della Prova non Assolto

Il ricorrente aveva anche invocato il diritto allo “scorrimento” della graduatoria per coprire eventuali posti resisi vacanti. La Corte ha respinto anche questa doglianza, sottolineando che il diritto allo scorrimento non è automatico. Esso presuppone una decisione discrezionale della Pubblica Amministrazione di coprire la vacanza usando la graduatoria esistente. Inoltre, è onere del lavoratore che agisce in giudizio dimostrare in modo specifico quali posti messi a concorso si siano resi vacanti e disponibili, non essendo sufficiente un’allegazione generica.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame fornisce un importante vademecum per i partecipanti a concorsi e selezioni pubbliche. La decisione chiarisce che la mera idoneità in una graduatoria non costituisce una garanzia di assunzione. Il diritto soggettivo pieno, opponibile all’amministrazione e insensibile a modifiche legislative, sorge solo al verificarsi di due condizioni cumulative: l’approvazione della graduatoria definitiva e la collocazione del candidato in una posizione utile rispetto a un numero di posti formalmente autorizzati. In assenza di questi elementi, l’aspettativa del candidato, per quanto legittima, può essere frustrata da un cambiamento delle regole del gioco.

Quando si acquisisce un “diritto quesito” alla promozione in una procedura di progressione verticale?
Secondo la Corte, il diritto soggettivo all’assunzione o alla promozione sorge solo nel momento in cui la graduatoria viene approvata e il candidato si trova in posizione utile rispetto ai posti messi a concorso e specificamente autorizzati. La sola idoneità non è sufficiente.

Una nuova legge (ius superveniens) può bloccare una progressione verticale già avviata?
Sì, se al momento dell’entrata in vigore della nuova legge il candidato non ha ancora maturato un diritto quesito. Nel caso di specie, la mancanza dell’autorizzazione per i posti oltre il 460° e l’approvazione della graduatoria successiva alla riforma hanno reso la nuova normativa applicabile, bloccando la promozione.

A chi spetta l’onere di provare la disponibilità di posti per lo scorrimento della graduatoria?
Spetta al lavoratore che pretende lo scorrimento. Non è sufficiente dedurre genericamente l’esistenza di posti vacanti, ma è necessario allegare e provare quali specifici posti, messi a concorso, si siano liberati, e che l’amministrazione abbia deciso di coprirli tramite scorrimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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