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Progressione economica: diritto anche se in pensione

Un dipendente pubblico, escluso da una graduatoria per la progressione economica perché andato in pensione prima della sua approvazione finale, ha visto riconosciuto il suo diritto dalla Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha stabilito che il requisito fondamentale è essere in servizio all’avvio della procedura. La progressione economica, infatti, non serve solo a incentivare il lavoro futuro, ma anche a premiare le competenze e la flessibilità dimostrate in passato. Pertanto, la cessazione dal servizio dovuta a pensionamento non può annullare un diritto già maturato.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Progressione Economica: Spetta Anche al Dipendente in Pensione? La Cassazione Fa Chiarezza

Un tema ricorrente nel pubblico impiego riguarda il diritto alla progressione economica per i dipendenti che cessano dal servizio, ad esempio per pensionamento, prima della conclusione formale della procedura selettiva. Può l’amministrazione negare il beneficio economico a chi, pur avendo maturato i requisiti, non è più in servizio al momento della pubblicazione della graduatoria finale? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27447/2024, offre una risposta chiara, tutelando i diritti dei lavoratori contro i ritardi e le interpretazioni restrittive della pubblica amministrazione.

I Fatti del Caso: Esclusione dalla Graduatoria Dopo il Pensionamento

Il caso riguarda un dipendente di un’ente pubblico che aveva partecipato a una selezione per la progressione economica orizzontale. La procedura, avviata nel 2010, mirava a riconoscere un avanzamento di fascia retributiva. Il lavoratore, inizialmente, era risultato in possesso di tutti i requisiti e collocato in posizione utile in una prima graduatoria.

Tuttavia, a causa di ritardi e successive modifiche procedurali da parte dell’amministrazione, la graduatoria definitiva è stata approvata solo anni dopo. Nel frattempo, il dipendente era andato in pensione. Proprio in ragione della sua cessazione dal servizio, l’amministrazione lo ha escluso dalla nuova graduatoria, negandogli il beneficio economico.

Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione al lavoratore, ma la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, sostenendo la legittimità dell’esclusione. Secondo i giudici d’appello, la progressione ha una finalità incentivante, volta a premiare la produttività futura, che un pensionato non può più garantire.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Progressione Economica

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso degli eredi del dipendente, cassando con rinvio la sentenza della Corte d’Appello. La Suprema Corte ha affermato un principio fondamentale: il diritto alla progressione economica non può essere negato a chi possedeva tutti i requisiti al momento dell’avvio della procedura, anche se successivamente è cessato dal servizio.

L’esclusione basata sul pensionamento intervenuto nelle more del procedimento è stata ritenuta illegittima, poiché introduce un requisito aggiuntivo e aleatorio – la permanenza in servizio fino all’approvazione della graduatoria finale – non previsto né dalla contrattazione collettiva né dal bando di selezione.

Le Motivazioni: La Triplice Funzione della Progressione

La Corte ha smontato la tesi della Corte d’Appello, che si era concentrata unicamente sulla finalità incentivante della progressione. Secondo i giudici di legittimità, la progressione economica nel pubblico impiego assolve a una triplice funzione:

1. Corrispettiva: Compensa la maggiore flessibilità e le mansioni più complesse richieste ai dipendenti.
2. Premiale: Riconosce e premia le abilità professionali e l’esperienza maturate nel tempo.
3. Incentivante: Stimola il personale a migliorare le proprie prestazioni future per l’efficienza dei servizi.

Focalizzarsi solo sull’aspetto incentivante significa ignorare che la progressione serve anche a valorizzare il lavoro già svolto. La decorrenza retroattiva del beneficio economico, solitamente fissata al 1° gennaio dell’anno di riferimento, conferma proprio l’intento di neutralizzare i ritardi amministrativi e premiare i meriti già acquisiti.

In sostanza, una volta avviata la procedura, il dipendente che soddisfa i requisiti richiesti matura un’aspettativa tutelata. Legare il diritto all’evento futuro e incerto della data di approvazione della graduatoria significherebbe penalizzare il lavoratore per ritardi non imputabili a lui, ma alla stessa amministrazione.

Conclusioni: Un Principio di Diritto a Tutela dei Lavoratori

La decisione della Cassazione rafforza la tutela dei lavoratori del pubblico impiego, stabilendo che il diritto alla progressione economica si consolida al momento della partecipazione alla selezione, a condizione di possedere i requisiti previsti dal bando. La successiva cessazione dal servizio non può essere utilizzata come pretesto per negare un beneficio economico maturato sulla base del lavoro e delle competenze dimostrate in passato. Questo principio garantisce certezza del diritto e protegge i dipendenti dagli effetti negativi dei ritardi burocratici, riaffermando che i diritti acquisiti non possono essere vanificati da eventi successivi e imprevedibili.

Un dipendente pubblico che va in pensione prima della pubblicazione della graduatoria finale ha diritto alla progressione economica?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il diritto matura se il dipendente possedeva i requisiti al momento dell’avvio della procedura selettiva. La successiva cessazione dal servizio non può pregiudicare un diritto già entrato nel patrimonio del lavoratore.

Qual è la finalità della progressione economica secondo la sentenza?
La progressione economica ha una triplice funzione: incentivante (promuovere prestazioni future), premiale (riconoscere le abilità già acquisite) e corrispettiva (compensare la flessibilità richiesta). Limitarsi a considerare solo la funzione incentivante è un errore.

È legittimo escludere un dipendente dalla graduatoria basandosi su un requisito (la permanenza in servizio fino alla fine) non previsto dal bando?
No. Introdurre il requisito della permanenza in servizio fino all’approvazione della graduatoria, se non previsto esplicitamente dal bando o dal contratto collettivo, costituisce l’applicazione di una condizione aleatoria non prevista, che penalizza il lavoratore per i ritardi della stessa amministrazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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