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Progressione economica: diritto anche se in pensione

Un dipendente pubblico, collocato in posizione utile in una graduatoria per la progressione economica, veniva escluso dall’ente perché andato in pensione prima dell’approvazione della stessa. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del lavoratore, stabilendo che il diritto alla progressione economica, per il periodo in cui è rimasto in servizio, sussiste anche per chi va in pensione nelle more dell’approvazione della graduatoria. La Corte ha sottolineato la duplice finalità, premiale e incentivante, della progressione, affermando che non si può sacrificare la prima (premiare il merito passato) solo perché la seconda (incentivare il futuro) viene meno con il pensionamento.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Progressione Economica Dipendente: Sì al Diritto Anche Dopo la Pensione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per molti lavoratori del settore pubblico: il diritto alla progressione economica dipendente anche quando il pensionamento avviene prima dell’approvazione formale della graduatoria. La Suprema Corte ha stabilito un principio di diritto fondamentale, bilanciando la finalità di ricompensa per il lavoro svolto con quella di incentivo per le prestazioni future.

I Fatti del Caso: La Graduatoria Post-Pensionamento

Un lavoratore, dipendente di un’Amministrazione pubblica, aveva partecipato a una procedura selettiva per ottenere una progressione economica, passando da una fascia retributiva a un’altra superiore. Nonostante si fosse collocato in una posizione utile per ottenere il beneficio, l’Ente lo escludeva dalla graduatoria finale. La motivazione? Il dipendente era stato collocato in quiescenza alcuni mesi prima che la graduatoria venisse formalmente approvata. Secondo l’Amministrazione, il requisito della permanenza in servizio era implicito e necessario per beneficiare dello sviluppo economico.

Il Percorso Giudiziario: Dal Tribunale alla Cassazione

Il lavoratore si è rivolto al Tribunale in funzione di giudice del lavoro per vedere riconosciuto il suo diritto. Tuttavia, sia il Tribunale di primo grado che, successivamente, la Corte d’Appello hanno respinto la sua domanda. I giudici di merito hanno ritenuto che, venendo meno il rapporto di lavoro, la progressione economica avrebbe perso la sua funzione incentivante, ovvero quella di stimolare il dipendente a prestazioni future migliori. Contro questa decisione, il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione.

La Duplice Finalità della Progressione Economica Dipendente

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione dei giudici di merito, accogliendo il ricorso del lavoratore. Il punto centrale della motivazione risiede nella duplice natura della progressione economica. Questa non ha solo una finalità incentivante, ma anche e soprattutto una finalità premiale. La funzione premiale serve a riconoscere e ricompensare le capacità, l’esperienza e la qualità del lavoro già svolto dal dipendente. La Corte d’Appello, pur riconoscendo questa duplice natura, aveva erroneamente sacrificato completamente l’aspetto premiale a favore di quello incentivante.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Suprema Corte ha chiarito che il totale sacrificio della finalità premiale è ingiustificato. Il lavoratore, infatti, aveva continuato a svolgere il suo servizio con merito nel periodo compreso tra la data di decorrenza del bando e il suo pensionamento. Negargli il beneficio significherebbe vanificare il riconoscimento per l’impegno profuso.

Inoltre, la Corte ha osservato che la funzione incentivante non viene del tutto annullata. La semplice prospettiva di ottenere un miglioramento retributivo, per il quale si è già presentata domanda, agisce come incentivo per il dipendente a svolgere al meglio le proprie mansioni fino all’ultimo giorno di lavoro. La retroattività del beneficio economico, spesso prevista dai contratti collettivi, serve proprio a neutralizzare i ritardi burocratici nell’approvazione delle graduatorie, legando il beneficio ai miglioramenti già realizzati.

Infine, i giudici hanno sottolineato che introdurre il requisito della permanenza in servizio al momento dell’approvazione della graduatoria, non previsto esplicitamente dalla contrattazione collettiva, equivarrebbe a inserire un requisito “aleatorio”, legato ai tempi, spesso imprevedibili, della procedura amministrativa.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello in diversa composizione. Quest’ultima dovrà riesaminare il caso attenendosi al seguente principio di diritto: nella selezione per lo sviluppo economico, il diritto alla progressione economica spetta, per il periodo in cui sono rimasti in servizio, anche ai lavoratori che, pur avendo i requisiti e avendo fatto domanda, siano stati collocati in quiescenza prima dell’approvazione della graduatoria. Questa decisione riafferma un importante principio di giustizia, garantendo che il merito e l’impegno dei lavoratori siano riconosciuti anche quando le tempistiche burocratiche si sovrappongono al termine della loro carriera.

Un dipendente che va in pensione prima dell’approvazione di una graduatoria per la progressione economica perde il suo diritto?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il diritto alla progressione economica spetta, per il periodo in cui il lavoratore è rimasto in servizio, anche se viene collocato in quiescenza prima dell’approvazione formale della graduatoria, a condizione che avesse i requisiti e avesse presentato domanda.

Qual è la duplice finalità delle procedure di progressione economica secondo la Cassazione?
Le procedure di progressione economica hanno una duplice finalità: una ‘premiale’, che consiste nel ricompensare il merito, le capacità e l’esperienza già dimostrate dal lavoratore, e una ‘incentivante’, che mira a stimolare prestazioni lavorative future di alta qualità.

Perché il requisito di essere in servizio al momento dell’approvazione della graduatoria non può essere considerato implicito?
Perché non è previsto dalla contrattazione collettiva e introdurrebbe un elemento aleatorio, legato ai tempi non prevedibili della procedura amministrativa. Sacrificherebbe inoltre ingiustamente la finalità premiale della progressione, che riconosce il valore del lavoro già svolto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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