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Progressione economica: diritto anche per i pensionati

Un’agenzia pubblica ha negato la progressione economica ad alcuni dipendenti andati in pensione prima della pubblicazione della graduatoria finale. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4631/2024, ha respinto il ricorso dell’ente, stabilendo che il diritto alla progressione economica si matura in base all’attività svolta e non è subordinato alla permanenza in servizio. La decisione si fonda sulla natura premiale e corrispettiva del beneficio, che mira a valorizzare le competenze già acquisite dai lavoratori.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Progressione economica: un diritto consolidato anche per chi va in pensione

Il diritto alla progressione economica spetta anche ai dipendenti che cessano il servizio per pensionamento prima della conclusione formale della procedura selettiva. Questo importante principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con l’ordinanza n. 4631 del 21 febbraio 2024, che ha respinto il ricorso di un’importante agenzia pubblica. La sentenza chiarisce la natura di questo istituto, sottolineando come esso premi le competenze e l’esperienza già maturate dal lavoratore, piuttosto che incentivare prestazioni future.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla domanda di un gruppo di dipendenti di un ente pubblico. Essi avevano partecipato a una procedura selettiva per la progressione economica orizzontale ma, prima della pubblicazione della graduatoria finale, erano stati collocati in quiescenza. L’amministrazione, ritenendo la permanenza in servizio un requisito implicito, li aveva esclusi dal beneficio. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione ai lavoratori, riconoscendo il loro diritto alla progressione. L’ente ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo un’errata interpretazione delle norme contrattuali e procedurali.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’ente, confermando integralmente la decisione dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno stabilito che il diritto alla progressione economica si consolida nel patrimonio del lavoratore nel momento in cui maturano i presupposti previsti dalla contrattazione collettiva, a prescindere dalla data di approvazione della graduatoria. La cessazione del rapporto di lavoro per pensionamento non può, quindi, cancellare un diritto già acquisito.

Le Motivazioni: la natura della progressione economica

Il cuore della decisione risiede nell’analisi della finalità della progressione economica. La Corte spiega che questo istituto assolve a tre diverse funzioni:

1. Funzione corrispettiva: Compensa la maggiore flessibilità richiesta ai dipendenti.
2. Funzione premiale: Riconosce il grado di abilità professionale e l’esperienza acquisita nel tempo.
3. Funzione incentivante: Promuove miglioramenti futuri nell’efficienza dei servizi.

Secondo la Cassazione, la tesi dell’ente, che legava il beneficio alla sola funzione incentivante, è errata. Le funzioni corrispettiva e premiale sono predominanti: la progressione serve a valorizzare un bagaglio di competenze e professionalità già realizzato dal dipendente. La decorrenza retroattiva del beneficio economico, solitamente fissata al 1° gennaio dell’anno di riferimento, è la prova che l’intento delle parti contrattuali è quello di neutralizzare i ritardi burocratici e legare il vantaggio economico al momento in cui i meriti sono stati effettivamente maturati. Pertanto, richiedere la permanenza in servizio fino alla fine della procedura introdurrebbe un requisito aleatorio non previsto dalla normativa e contrario alla logica premiale dell’istituto.

La Corte ha inoltre affrontato un motivo di ricorso procedurale, relativo alla mancata integrazione del contraddittorio con tutti gli altri partecipanti alla selezione. Anche questa censura è stata respinta, in quanto un successivo accordo sindacale aveva garantito lo “scorrimento totale” delle graduatorie, eliminando qualsiasi potenziale conflitto tra i candidati e rendendo l’integrazione un inutile formalismo processuale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza stabilisce un principio di grande rilevanza per i lavoratori del pubblico impiego. Il diritto alla progressione economica, una volta maturati i requisiti di esperienza e professionalità richiesti, entra a far parte del patrimonio giuridico del dipendente. La successiva cessazione dal servizio per pensionamento non può incidere su tale diritto. Questa interpretazione garantisce che i ritardi delle procedure amministrative non penalizzino i lavoratori meritevoli, valorizzando la loro intera carriera professionale fino all’ultimo giorno di servizio. La decisione rafforza la visione della progressione economica come un riconoscimento del valore passato e presente del lavoratore, e non solo come uno strumento per garantirne le prestazioni future.

Un dipendente che va in pensione durante una procedura selettiva ha diritto alla progressione economica?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il diritto alla progressione economica si basa sulle competenze e l’esperienza già maturate e si considera acquisito al momento della partecipazione alla selezione, indipendentemente dalla permanenza in servizio fino all’approvazione della graduatoria finale.

Perché la progressione economica ha spesso una decorrenza retroattiva?
La decorrenza retroattiva serve a neutralizzare gli inevitabili ritardi burocratici delle procedure selettive. In questo modo, il beneficio economico viene collegato temporalmente ai miglioramenti e alle competenze che il dipendente ha già realizzato e dimostrato, rendendo la progressione un giusto riconoscimento del merito passato.

È sempre necessario citare in giudizio tutti i partecipanti a una graduatoria se si contesta un’esclusione?
Non necessariamente. La Corte ha chiarito che se non esiste un concreto conflitto di interessi tra i candidati (ad esempio, perché un accordo successivo garantisce l’avanzamento a tutti gli idonei), l’integrazione del contraddittorio diventa un “vuoto formalismo” e non è richiesta, in ossequio ai principi di economia processuale e ragionevole durata del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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