Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18809 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 18809 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 31497-2021 proposto da:
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE di Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1921/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA depositata il 07/06/2021 R.G.N. 1270/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
25/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
Oggetto
CESSIONE DEL CONTRATTO
R.G.N. 31497/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 25/06/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del giudice di primo grado, ha accertato -previa declaratoria di nullità parziale del contratto di assunzione di NOME COGNOME da parte di RAGIONE_SOCIALE s.p.aRAGIONE_SOCIALE in data 21.10.2008 (a seguito di cambio azienda) -la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze di Atac s.p.a. con inquadramento nel parametro 205, Coordinatore di ufficio.
La Corte territoriale, per quel che ancora interessa, ha rilevato che in base a pronuncia adottata in altro giudizio (e diventata definitiva, con forza di giudicato), il cambio di azienda della lavoratrice (da RAGIONE_SOCIALE a Met.ro del 14.10.2008) effettua to ai sensi dell’art. 20, lett. c), all.A, del R.d. n. 148 del 1931 doveva ritenersi un ‘trasferimento per cambio, su richiesta degli interessati, tra diverse aziende su consenso di queste’ (non era, dunque, configurabile una nuova assunzione né una novazione oggettiva del rapporto); peraltro, la contestuale attribuzione (coincidente con il passaggio) di una qualifica superiore (da parametro 205, Coordinatore di ufficio, a parametro 230, Quadro), oltre a non corrispondere ad alcuna esigenza organizzativa della società cessionaria, era stata adottata in violazione dei criteri che governano le procedure selettive di avanzamento e di progressione interna nell’ambito delle pubbliche amministrazioni come in quello delle società a totale partecipazione pubblica: l ‘atto di gestione del rapporto aveva deviato dal modello legale del lavoro pubblico contrattualizzato (a cui doveva ritenersi sostanzialmente assimilato il rapporto presso le società in house a totale partecipazione pubblica, sotto il profilo della selezione e progressione del personale), improntato a principi di
imparzialità e trasparenza nonché di buon andamento, ex art. 97 Cost., con conseguente nullità parziale del contratto di lavoro; inoltre, la Corte territoriale ha aggiunto che l’art. 18 del R.d. n. 148 del 1931 prevede, per l’affidamento di mansioni superiori, un giudizio di idoneità (da parte del datore di lavoro, o comunque del Direttore) all’espletamento di detti compiti e il Codice per la disciplina della procedura di ricerca, selezione ed inserimento del personale Met.ro prevede, per la ricerca di Quadri e figure ad elevata specializzazione professionale, procedure selettive mediante ‘colloqui individuali con la presenza del Dirigente dell’Area personale e Relazioni industriali…al fine di valutare la competenza tecnica’.
Avverso tale sentenza la lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. La società RAGIONE_SOCIALE (che ha incorporato RAGIONE_SOCIALE) ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la lavoratrice denunzia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. per avere, la Corte territoriale erroneamente limitato gli effetti del giudicato sostanziale esterno alla sola qualificazione del passaggio della ricorrente da RAGIONE_SOCIALE nella fattispecie del ‘trasloco’ disciplinata dall’art. 20, lett. c), all. A del R.d. n. 148 del 1931, e non anche alla validità/legittimità della contestuale attribuzione del parametro 230, Quadro, del CCNL RAGIONE_SOCIALE avendo rappresentato specifico oggetto della ordinanza di separato (e autonomo) procedimento sommario promosso ex art. 1, comma 47, della legge n. 92 del 2012.
1.1. Il motivo è fondato.
1.2. Preliminarmente, va rammentato che nella giurisprudenza di legittimità, il giudicato (sia esso interno o, come nella specie, esterno) va assimilato agli “elementi normativi”, sicché la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici, essendo sindacabili sotto il profilo della violazione di legge gli eventuali errori interpretativi (cfr. Cass., Sez. Un., 9/5/2008, n. 11501; Cass., Sez. Un., 28/11/2007, n. 24664; Cass., Sez. Un., 25/5/2001, n. 226; da ultimo, Cass. 29/11/2018 n. 30838).
1.3. E’ consolidato il principio secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile e concerne i limiti oggettivi del giudicato: il suo ambito di operatività è correlato all’oggetto del processo e riguarda, perciò, tutto quanto rientri nel suo perimetro, estendendosi non soltanto alle ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche a tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia; i limiti oggettivi del giudicato, pertanto, anche con riguardo al deducibile, non si estendono a domande diverse per petitum e causa petendi , rispetto alle quali può porsi soltanto il problema di una eventuale preclusione che, tuttavia, non può ritenersi sussistente in ragione del mero rapporto di connessione intercorrente con una domanda già proposta in un giudizio precedente, in quanto la connessione incide normalmente sulla competenza del giudice, ma non postula il necessario cumulo delle domande connesse (cfr. da ultimo Cass. 11/01/2024 n. 1259).
1.4. Ebbene, l’ordinanza n. 10583/2018 del 6/2/2018 resa nella (diversa) causa ex legge n. 92 del 2012 (riportata nel ricorso per cassazione) ha, nell’ambito del procedimento di
impugnazione del licenziamento, escluso che il passaggio della lavoratrice da RAGIONE_SOCIALEro, di ottobre 2008, abbia configurato una novazione (oggettiva o soggettiva) del rapporto di lavoro, mancando non solo l’ aliquid novi (e rimanendo confermato il titolo del rapporto di lavoro, di natura subordinata), ma altresì la volontà novativa (essendo, infatti, stata riconosciuta la pregressa anzianità ed essendo stata attribuita la quota di T.F.R. maturata sino alla data del trasferimento). La valutazione è stata adottata alla luce della disamina dei provvedimenti nn. 47 e 105 del 14/10/20008 di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE che, rispettivamente, hanno previsto di scambiare un determinato numero di dipendenti (5 dipendenti passavano da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE e 4 da RAGIONE_SOCIALE a Met.ro) con riconoscimento della stessa posizione giuridica ed economica raggiunta presso l’azienda di provenienza e, poi, disponevano -‘per meglio armonizzare le figure professionali dei richiedenti negli organici delle società nelle quali sarebbero andati a confluire’ una variazione nelle attribuzioni delle figure professionali possedute da alcuni di questi dipendenti (tra cui l’attuale ricorrente): il Tribunale ha inquadrato tale operazione, anche sulla base di giurisprudenza di legittimità già elaborata da questa Corte, nell’ambito della cessione del contratto (escludendo l’ipotesi di una nuova assunzione, che avrebbe richiesto una verifica concreta ed effettiva dei requisiti professionali) con successivo accordo modificativo del contratto ceduto; ha aggiunto che tale soluzione non era preclusa dal giudizio penale (che, con riguardo a tale ‘assunzione’ aveva ritenuto colpevoli, se pur non punibili per intervenuta prescrizione, l’amministratore delegato e il direttore Risorse di RAGIONE_SOCIALE), vista l’autono mia dei procedimenti. Il Tribunale, dunque, in sede di procedimento ex art. 1, comma 49, della
legge n. 92 del 2012 (ordinanza che non è stata opposta) ha concluso che la lettera inviata dall’Atac con nota del 18.4.2017 non doveva intendersi quale atto di recesso bensì quale presa d’atto della nullità di un contratto; che nessuna nullità appariva configurabile (non essendo necessario rispettare i criteri di verifica di professionalità previsti in caso di nuova assunzione) e che dovevano escludersi motivi di annullabilità del contratto (non essendo emersi profili né di dolo né di errore); ha rigettato il ricorso della lavoratrice rilevando che, in assenza di un atto di licenziamento, non poteva applicarsi l’invocato art. 18 della legge n. 300 del 1970.
1.4. La domanda di validità del contratto stipulato con RAGIONE_SOCIALEro proposta nel giudizio in corso, con particolare riguardo alla valutazione dei presupposti -giuridici e di fatto – propedeutici (quali la natura del passaggio da una società all’altra e l’attri buzione di una qualifica superiore) si identifica in tutti i suoi elementi costitutivi con quella formulata nel giudizio precedente e deve, pertanto, considerarsi una domanda proposta con il precedente giudizio con conseguente estensione della efficacia di giudicato in ordine all’assenza di profili di nullità e di annullabilità del contratto stipulato da RAGIONE_SOCIALE e sancito con provvedimento n. 105 del 14/10/20008 (adottato successivamente al provvedimento di Co.tra.l n. 47 del 14/10/20008).
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 12 disp.prel.c.c. in relazione all’art. 35 d.lgs. n. 165 del 2001, quale richiamato dall’art. 18 del d.l. n. 112 del 2008 (convertito in legge n. 133 del 2008) per avere, la Corte territoriale, erroneamente ritenuto applicabile alla fattispecie ‘le norme di carattere nazionale’ in materia di reclutamento del
personale presso le società in house e ciò sia per inapplicabilità delle stesse ratione temporis sia, in ogni caso, per inconferenza delle stesse alla materia dell’attribuzione di diverso parametro professionale.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 1339 e 1419 c.c., 97 Cost. 35 e 52 d.lgs. n. 165 del 2001, 18 R.d. n. 138 del 1931, 1 e 12 disp.prel.c.c., avendo, la Corte territoriale, errato nell’aver attribuito a dette norme (e, incidentalmente, al ‘Codice per la disciplina della procedura di ricerca, selezione e inserimento del personale’ di Met.ro) applicazione e portata imperativa e affermato la nullità parziale dell’attribuzione del superiore profilo professionale di Quadro, 3 fascia, parametro 230.
I motivi sono fondati.
4.1. Questa Corte ha già più volte affermato che ‘il d.l. n. 112 del 2008, art. 18, che fa divieto alle società a partecipazione totale o maggioritaria… di procedere all’assunzione di nuovo personale ed impone il contenimento della spesa per il personale, non comporta una deroga all’applicazione, quanto alla disciplina delle mansioni, dell’art. 2103 c.c.” (Cass. 1/9/2023 n. 25590 che richiama la più ampia motivazione di Cass. 1/12/2022 n. 35421; cfr. da ultimo Cass. 14/12/2024 n. 32526). Invero, in tema di società a controllo pubblico, va rilevato che – sviluppando l’orientamento più generale da tempo consolidatosi nella giurisprudenza delle Sezioni Unite (cfr. fra le tante Cass. S.U. n. 29078/2019, Cass. S.U. n. 21299/2017, Cass. S.U. n. 7759/2017, Cass. S.U. n. 26591/2016) – “il rapporto di lavoro alle dipendenze delle società a controllo pubblico non è disciplinato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, bensì dalle norme del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro
alle dipendenze di privati, che trovano applicazione in assenza di una disciplina speciale derogatoria’; alla luce del richiamato principio, applicabile alle società a partecipazione pubblica, per la natura privatistica delle stesse e dei rapporti dalle medesime instaurati, è da escludere che la disciplina del reclutamento, dettata dapprima dal D.L. n. 112 del 2008, art. 18, e poi dal D.Lgs. n. 175 del 2016, art. 19, possa essere interpretata nel senso di ricomprendere anche le progressioni di carriera.
4.2. La sentenza impugnata ha, pertanto, errato sia nel configurare quale ‘nuova assunzione’ il passaggio della lavoratrice da RAGIONE_SOCIALE (trattandosi di cessione di contratto già accertata con ordinanza passata in giudicato) sia nel ritenere applicabile alla fattispecie le norme dettate (anche tramite il richiamo dell’art. 35 del d.lgs. n. 165 del 2001) per il reclutamento del personale (trattandosi di progressione in carriera).
In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa