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Progressione di carriera: no all’automatismo

Un dipendente pubblico, dopo aver svolto per anni mansioni superiori, ha richiesto la riqualificazione al profilo corrispondente. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che lo svolgimento di compiti di livello più elevato non conferisce un diritto automatico a una progressione di carriera. La legge, infatti, impone l’adozione di procedure selettive basate sul merito, sulle competenze e sui risultati, un principio che la contrattazione collettiva non può eludere. La Corte ha così confermato la decisione della Corte d’Appello, dando ragione all’amministrazione.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Progressione di Carriera nel Pubblico Impiego: La Cassazione Ribadisce il ‘No’ all’Automatismo

La progressione di carriera nel settore pubblico è un tema di grande interesse per migliaia di lavoratori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: lo svolgimento di mansioni superiori, anche per un lungo periodo, non comporta un diritto automatico all’inquadramento nel livello superiore. La sentenza sottolinea la centralità del principio di selettività, secondo cui ogni avanzamento deve essere il risultato di una procedura di valutazione comparativa.

I Fatti del Caso: Dalle Mansioni Superiori alla Richiesta di Riqualificazione

Il caso ha origine dalla richiesta di un assistente giudiziario, in servizio presso un ufficio del Giudice di Pace, che aspirava al passaggio al profilo di cancelliere. Il dipendente sosteneva di svolgere di fatto le mansioni tipiche di tale profilo superiore sin dal 2008 e, nel 2010, aveva presentato un’istanza di mobilità orizzontale basandosi su una specifica norma della contrattazione collettiva integrativa.

L’amministrazione di appartenenza, il Ministero della Giustizia, aveva respinto la richiesta per diverse ragioni. In primo luogo, non era ancora stato definito il numero di posti disponibili per il profilo di cancelliere. In secondo luogo, il Ministero riteneva che l’attività di assistenza al magistrato potesse essere svolta anche da un assistente giudiziario e non costituisse, di per sé, una mansione esclusiva del profilo superiore.

Il Percorso Giudiziario: Dal Tribunale alla Cassazione

Il dipendente si è rivolto al Tribunale, che in prima istanza gli ha dato ragione, riconoscendo che le attività svolte rientravano a pieno titolo nel profilo di cancelliere. Tuttavia, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione. I giudici di secondo grado hanno accolto l’appello del Ministero, affermando che non può esistere alcun automatismo nella progressione tra profili professionali. La Corte ha richiamato l’articolo 52, comma 1-bis, del D.Lgs. 165/2001, che impone che le progressioni all’interno della stessa area avvengano secondo principi di selettività, basati su qualità culturali, professionali e risultati conseguiti. Di conseguenza, è sempre necessaria una procedura selettiva.

La Decisione della Cassazione e la Centralità del Principio di Selettività

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza d’appello, rigettando definitivamente il ricorso del dipendente. Gli Ermellini hanno stabilito che il motivo del ricorso era in parte inammissibile e in parte infondato.

La Corte ha ribadito con forza che il principio di selettività, introdotto dalla normativa, è una fonte di legge diretta e inderogabile. Tale principio stabilisce che le progressioni, anche quelle ‘orizzontali’ all’interno della stessa area funzionale, non sono automatiche ma devono avvenire attraverso procedure comparative che valutino il merito dei candidati.

Le Motivazioni: Perché la progressione di carriera non è automatica

La Suprema Corte ha spiegato che la norma di legge (art. 52, comma 1-bis, D.Lgs. 165/2001) prevale sulla contrattazione collettiva. Se la legge impone che le progressioni avvengano ‘in funzione’ di determinate caratteristiche dei lavoratori (qualità culturali, professionali, risultati), queste caratteristiche diventano un parametro imprescindibile per la pubblica amministrazione. Questo vale non solo per la comparazione tra candidati ammessi a una selezione, ma anche per l’individuazione stessa dei lavoratori che possono partecipare.

Anche la contrattazione collettiva invocata dal ricorrente, a ben vedere, non smentiva questo principio. Essa prevedeva infatti una ‘previa verifica’ delle capacità professionali e una ‘valutazione dei titoli’ in caso di più domande, richiamando a sua volta i criteri previsti per le progressioni tra aree diverse, che includono valutazioni ponderate dei titoli e prove selettive.

In sintesi, la Cassazione esclude un presunto ‘automatismo’ basato sul solo svolgimento di mansioni superiori. Il passaggio a un profilo superiore richiede sempre il rispetto delle dotazioni organiche, delle esigenze di servizio e, soprattutto, lo svolgimento di una procedura selettiva che garantisca trasparenza e meritocrazia.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Dipendenti Pubblici

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: la progressione di carriera nel pubblico impiego è un percorso basato sul merito e non un automatismo legato alle mansioni svolte. Per i dipendenti pubblici, ciò significa che l’aver ricoperto compiti di livello superiore rappresenta certamente un’esperienza professionale di valore, che può essere fatta valere come titolo in una procedura selettiva. Tuttavia, non è sufficiente a fondare una pretesa giuridica per l’inquadramento automatico nel profilo superiore. L’unica via per l’avanzamento è la partecipazione con successo a selezioni interne, nel rispetto dei principi di imparzialità e valutazione comparativa imposti dalla legge.

Svolgere mansioni superiori dà diritto a una progressione di carriera automatica nel pubblico impiego?
No. Secondo la Corte di Cassazione, lo svolgimento di mansioni superiori non conferisce un diritto automatico alla progressione di carriera. È sempre necessaria una procedura selettiva basata sul merito.

Qual è il principio fondamentale che regola la progressione di carriera all’interno della stessa area funzionale?
Il principio fondamentale è quello della ‘selettività’, come stabilito dall’art. 52, comma 1-bis, del d.lgs. n. 165/2001. Le progressioni devono basarsi su valutazioni di merito, qualità culturali e professionali, attività svolta e risultati conseguiti.

Un contratto collettivo può prevedere una progressione di carriera automatica in deroga alla legge?
No. La Corte ha chiarito che il principio di selettività è una norma di legge che non può essere derogata o smentita dalla contrattazione collettiva, la quale deve operare entro i limiti fissati dalla legge stessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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