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Progressione di carriera: accordo sindacale non basta

La Corte di Cassazione ha stabilito che un accordo sindacale che fissa una scadenza per una progressione di carriera nel pubblico impiego ha natura programmatica e non precettiva. Di conseguenza, il ritardo dell’Amministrazione non genera automaticamente un diritto al risarcimento per i dipendenti. La Corte ha chiarito che tali accordi sono subordinati a condizioni legislative, come la disponibilità di posti e la copertura finanziaria, annullando le precedenti decisioni che avevano condannato il Ministero della Giustizia a risarcire i propri dipendenti per la mancata promozione entro i termini pattuiti.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Progressione di Carriera: Quando l’Accordo Sindacale Non è Vincolante

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per i dipendenti pubblici: il valore di un accordo sindacale che fissa una data per la progressione di carriera. La Corte ha stabilito che, se l’accordo è subordinato a una legge che ha carattere programmatico, il termine indicato non è perentorio e il suo mancato rispetto da parte dell’Amministrazione non dà automaticamente diritto a un risarcimento. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: La Lunga Attesa per la Promozione

Un gruppo di dipendenti del Ministero della Giustizia, idonei a passare dal profilo di Cancelliere Esperto a quello di Funzionario Giudiziario, si era visto riconoscere la promozione solo nel dicembre 2022. I lavoratori sostenevano che il Ministero avesse violato un preciso impegno, derivante da un accordo sindacale del 2017, che prevedeva il completamento dell’intero processo di riqualificazione entro il 30 giugno 2019. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano inizialmente dato ragione ai dipendenti, condannando il Ministero a pagare le differenze retributive per il ritardo. Il Ministero, tuttavia, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo la natura non vincolante di tale impegno.

La Decisione della Corte di Cassazione e la natura della progressione di carriera

La Suprema Corte ha ribaltato le decisioni dei giudici di merito, accogliendo il ricorso del Ministero. Il punto centrale della controversia risiede nell’interpretazione dell’art. 21-quater del d.l. n. 83/2015, la norma che autorizzava le procedure di riqualificazione, e del conseguente accordo sindacale.

La Distinzione Cruciale: Norma Programmatica vs. Norma Precettiva

La Cassazione ha affermato che l’art. 21-quater è una norma di natura meramente programmatica e non precettiva. Questo significa che la legge si limita ad autorizzare l’Amministrazione a svolgere un’attività (la riqualificazione del personale), ma non le impone un obbligo immediato e incondizionato. L’autorizzazione era infatti soggetta a precisi limiti: la disponibilità di posizioni in organico, la copertura finanziaria e il rispetto del rapporto del 50% tra progressioni interne e assunzioni dall’esterno.

Il Ruolo dell’Accordo Sindacale sulla progressione di carriera

Di conseguenza, anche l’accordo sindacale che fissava il termine del 30 giugno 2019 assume lo stesso carattere programmatico. L’accordo stesso, infatti, richiamava espressamente il rispetto delle condizioni previste dall’art. 21-quater. La data indicata, pertanto, non poteva essere considerata un termine perentorio e vincolante, ma piuttosto un’indicazione di un obiettivo temporale, la cui realizzazione era subordinata al verificarsi di condizioni esterne al controllo delle parti.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando che l’impegno assunto dall’Amministrazione era espressamente subordinato al rispetto della normativa di riferimento (l’art. 21-quater). La legge stessa, inoltre, specificava che ogni effetto giuridico ed economico delle procedure di riqualificazione sarebbe decorso solo dalla “completa definizione delle relative procedure selettive”. Considerare il termine del 30 giugno 2019 come vincolante sarebbe stato in contrasto con la natura programmatica della legge, che prevedeva un arco temporale più ampio per l’attuazione, come dimostrato dagli stanziamenti di fondi fino al 2023. La Corte ha quindi ritenuto errata la valutazione dei giudici di merito, che avevano considerato irrilevanti queste condizioni legislative, affermando un diritto soggettivo dei lavoratori non previsto dalla norma.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, ha rigettato le domande originali dei lavoratori. Questa pronuncia chiarisce che nel pubblico impiego la progressione di carriera legata ad accordi sindacali non costituisce un diritto soggettivo perfetto se la normativa di riferimento ha carattere programmatico e subordina l’attuazione a specifiche condizioni di bilancio e di organico. I dipendenti pubblici non possono quindi pretendere un risarcimento per il mero ritardo se l’Amministrazione agisce entro i limiti e le autorizzazioni previste dalla legge.

Un accordo sindacale che fissa una data per la progressione di carriera crea un diritto automatico per i dipendenti?
No. Secondo la sentenza, se l’accordo sindacale è attuativo di una norma di legge che ha carattere programmatico, anche l’accordo assume la stessa natura. La data indicata rappresenta un obiettivo e non un termine perentorio, pertanto il suo mancato rispetto non genera un diritto automatico al risarcimento.

Cosa significa che una norma sulla progressione di carriera ha natura “programmatica”?
Significa che la norma si limita ad autorizzare la Pubblica Amministrazione a compiere una certa attività (come una procedura di riqualificazione), fissando obiettivi e stanziando risorse, ma non crea un obbligo immediato e incondizionato. L’attuazione è subordinata al verificarsi di specifiche condizioni, come la disponibilità di posti e la copertura finanziaria.

Quali condizioni dovevano essere rispettate dall’Amministrazione per procedere con le progressioni di carriera in questo caso?
L’Amministrazione doveva agire nei limiti delle posizioni disponibili in dotazione organica, nel rispetto della copertura finanziaria stanziata per legge e garantendo il rapporto tra posti riservati alle progressioni interne (50%) e posti riservati agli accessi dall’esterno (50%).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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