Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 30137 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 30137 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/11/2025
Ricorso
per
cassazione
–
Procura
generale
ad lites
–
Inammissibilità
del
ricorso
NOME COGNOME
Presidente
PASQUALE COGNOME
AVV_NOTAIO
RAGIONE_SOCIALE
AVV_NOTAIO
NOME COGNOME
AVV_NOTAIO
Ud. 26.9.2025 AC
COGNOME.
R.G.N. 23974/2022
COGNOME COGNOME
AVV_NOTAIO – COGNOME.
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al N. 23974/2022 R.G., proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) , rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO come da procura generale del 20.6.2013, domicilio digitale come in atti
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale come in atti
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 1456/2022 pubblicata il
27.6.2022;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 26.9.2025 dal AVV_NOTAIO relatore AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Così la sentenza impugnata descrive lo svolgimento del processo: ‘ Con atto di citazione notificato il 27.11.2013, la RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Forlì la RAGIONE_SOCIALE, società di diritto albanese, proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo emesso dal medesimo Tribunale n. 1407/2013, con il quale le veniva ingiunto di pagare in favore della ricorrente la somma di Euro 68.000,00 per sorte capitale, quale conseguenza dell’effetto restitutorio della sentenza del Tribunale di Forlì n. 573/2013 con la quale era stato risolto il contratto intercorso tra le parti. A fondamento del ricorso per ingiunzione, la COGNOME deduceva: – che con decreto ingiuntivo n. 726/2011, il Tribunale di Forlì, su ricorso della RAGIONE_SOCIALE, aveva ingiunto alla RAGIONE_SOCIALE, allora RAGIONE_SOCIALE, di pagare la somma di Euro 58.824,06 in linea capitale; – che avverso detto decreto aveva proposto opposizione la società ingiunta; – che la RAGIONE_SOCIALE non si costituiva nel giudizio di opposizione nei termini di legge; – che il 25.08.2011, veniva eseguito pignoramento presso terzi nei confronti della RAGIONE_SOCIALE sulle somme da questa dovute alla COGNOME; – che con ordinanza del 23.01.2012, veniva assegnata alla RAGIONE_SOCIALE la somma di Euro 74.307,37; – che il Tri bunale di Forlì, con sentenza n. 573/2013, accoglieva l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo e dichiarava risolto il contratto intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, dichiarando, altresì, che la convenuta opposta nulla aveva a che pretendere per il suddetto titolo nei confronti della stessa COGNOME; – che il Tribunale non accoglieva la domanda di restituzione formulata dalla COGNOME, pur ritenendola fondata, in ragione della carenza di prova dell’ammontare delle somme medio tempore
corrisposte alla RAGIONE_SOCIALE dalla RAGIONE_SOCIALE e/o dalla società terza pignorata; – che nelle more la RAGIONE_SOCIALE aveva corrisposto alla RAGIONE_SOCIALE complessivi Euro 68.000,00; -che la risoluzione del contratto comportava, quale effetto automatico e immediato, l’obbligo di restituzione delle somme versate dalle parti in esecuzione dello stesso; – che anche in caso di revoca di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo sorgeva il diritto alla restituzione, alla stregua di quanto previsto in caso di riforma della sentenza in grado d’appello; – che, pertanto, la COGNOME aveva diritto alla restituzione della somma di cui al ricorso per decreto ingiuntivo.
RAGIONE_SOCIALE, opponendosi al decreto, allegava: – di avere, a causa di un errore imputabile al precedente difensore, avuto notizia dell’opposizione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto del Tribunale di Forlì n. 726/2011 solo a seguito della notificazione presso la propria sede della copia esecutiva della sentenza n. 573/2011 resa nel medesimo giudizio di opposizione e del pedissequo atto di precetto per il recupero delle spese legali, nonché del decreto ingiuntivo oggetto del presente giudizio di oppos izione e del relativo atto di precetto; – che dopo avere proposto appello avverso la sentenza n. 573/2011, chiedeva l’annullamento o, comunque, la revoca del decreto opposto, rilevando che la domanda restitutoria era già stata proposta dalla RAGIONE_SOCIALE nel giudizio definito con la sopra menzionata sentenza e da questa respinta; – che nel procedimento monitorio introdotto dalla RAGIONE_SOCIALE si dava, infatti, atto che la causa petendi della domanda era da individuarsi nella risoluzione del contratto concluso tra le parti per inadempimento della RAGIONE_SOCIALE; – che nello stesso ricorso per ingiunzione, la società opposta aveva inequivocabilmente ammesso di avere già
formulato domanda restitutoria nel corso del giudizio definito con sentenza n. 573/2011; – che se si esamina la memoria conclusiva autorizzata in detto giudizio, emergeva che era stata espressamente proposta una domanda dalla RAGIONE_SOCIALE contro la RAGIONE_SOCIALE fo ndata sull’allegazione che la richiesta risoluzione del contratto e/o la revoca del decreto opposto avrebbero reso privi di causa i pagamenti eseguiti dalla terza pignorata in favore della RAGIONE_SOCIALE, con conseguente richiesta di condanna alla restituzione delle somme percepite da quest’ultima all’esito della procedura esecutiva presso terzi; -che la domanda di cui al decreto ingiuntivo opposto era, dunque, la stessa formulata nel giudizio definito con sentenza n. 573/2011 e respinta per carenza di prova; -che la RAGIONE_SOCIALE, pendente ancora il termine per proporre appello incidentale avverso il rigetto della domanda restitutoria di cui alla sentenza n. 573/2011, eccepiva, alternativamente, la litispendenza e il giudicato, riservandosi di abbandonare una delle due eccezioni in considerazione delle scelte processuali adottate dalla COGNOME; – che la riproposizione di domanda già formulata costituiva ipotesi tipica di condotta processuale non diligente, con conseguente richiesta di condanna ex art. 96, primo e terzo comma, c.p.c.
RAGIONE_SOCIALE concludeva per il rigetto dell’opposizione con conseguente conferma del decreto ingiuntivo Tribunale di Forlì n. 1407/2013, deducendo: di non avere proposto appello incidentale avverso la sentenza n. 573/2013; che la restituzione delle somme versate in esecuzione del decreto poi revocato era un effetto naturale della caducazione del titolo e che, pertanto, essa non necessitava della proposizione di alcuna domanda; – che, inoltre, la sentenza n. 573/2011 non si era pronunciata sulla domanda restitutoria e che il giudice non
N. 23974/22 R.G.
ne aveva esaminato gli elementi costitutivi. Alla luce di quanto sopra, la RAGIONE_SOCIALE coltivava l’eccezione di cosa giudicata, rinunciando a quella di litispendenza.
Con ordinanza del 12.01.2014 veniva disposta la sospensione della provvisoria esecuzione del decreto opposto. Nelle difese conclusionali, la COGNOME precisava anche che la pronuncia si era limitata a statuire sull’an debeatur della pretesa restitutoria, accogliendo la domanda, sostenendo, altresì, che la domanda sarebbe stata, comunque, inammissibile, perché tardivamente proposta.
Il Tribunale di Forlì, con sentenza n. 6 depositata il 02.01.2017, accoglieva l’opposizione revocando il decreto ingiuntivo, affermando che la COGNOME aveva proposto espressa domanda di restituzione delle somme corrisposte in forza del decreto ingiuntivo n. 726/2011 opposto, allo scopo di munirsi di un titolo esecutivo per eventualmente agire coattivamente per il recupero. L’assunto secondo cui la sentenza n. 573/2013, che aveva deciso quel giudizio, non si era pronunciata su tale domanda era infondato, sia perché nel dispositivo si leggeva ‘ ogni istanza ed eccezione disattesa ‘ , sia perché in motivazione si dava atto che ‘ circa le ulteriori statuizioni connesse alla pronunzia risolutoria, stante la rinunzia dell’attrice (COGNOME n.d.r.) al risarcimento del danno, resterebbe la restituzione di eventuali corrispettivi già pagati dall’attrice alla convenuta (COGNOME -n.d. r.), dei quali tuttavia non risulta la prova. L’unico effetto della pronuncia è dunque il rilievo del fatto che la convenuta (COGNOME -n.d.r.) non ha nulla a che pretendere dall’attrice (COGNOME n.d.r.) in relazione al titolo esposto in sede monitoria. ‘ (…)’.
N. 23974/22 R.G.
Avverso detta sentenza la RAGIONE_SOCIALE propose gravame e la Corte d’appello di Bologna, nella resistenza di RAGIONE_SOCIALE, lo rigettò con sentenza del 27.6.2022, confermando la prima decisione.
Avverso detta sentenza, RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE Le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Non mette conto descrivere ed esaminare i singoli motivi di ricorso stante la palese inammissibilità dell’impugnazione, per difetto di procura speciale ex art. 365 c.p.c., come anche eccepito dalla controricorrente in memoria.
AVV_NOTAIO, infatti, ha proposto il ricorso in esame nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE, società di diritto albanese, in forza di procura generale alle liti (peraltro, denominata ‘procura speciale alle liti’ , ad onta del suo generico ed omnicomprensivo contenuto) autenticata il 20.6.2013; la sentenza impugnata è stata invece pubblicata il 27.6.2022.
Risulta quindi di solare evidenza che il suddetto difensore è privo di ius postulandi in questa sede, noto essendo che: a) ‘ È inammissibile il ricorso per cassazione sottoscritto da un avvocato munito di una procura notarile di carattere generale, priva di ogni riferimento alla sentenza impugnata e all’impugnazione da proporsi ‘ (così, per tutte, Cass., Sez. Un., n. 10266/2018) ; e b) che la specialità del ministero in Cassazione esige necessariamente la posteriorità del conferimento della procura rispetto alla sentenza impugnanda, atteso che tanto implica un necessario riferimento alla sentenza quale oggetto dell’impugnazione e, dunque, che essa sia venuta ad esistenza: per la relativa
affermazione si vedano Cass., Sez. Un. n. 15777/2021 e già Cass., Sez. Un., n. 2636/2009, ed ancora, ex multis , Cass. n. 9975/1996, secondo cui: ‘ Il requisito della specialità della procura per la proposizione del ricorso per Cassazione, deve ritenersi escluso sia quanto il relativo testo non contiene espressioni che positivamente dimostrano l’esistenza dell’intento della parte di rilasciare la procura per proporre ricorso per Cassazione, sia quando non risulti documentata la posteriorità del rilascio della procura rispetto alla pronuncia del provvedimento impugnato in sede di legittimità ‘ .
Costituisce infatti un fuor d’opera quanto a sua volta rilevato dalla ricorrente, in memoria, circa il presunto superamento della questione in senso a sé favorevole, ad opera della giurisprudenza di questa Corte: le pronunce ivi richiamate concernono la diversa questione del contenuto aspecifico del ricorso circa gli elementi identificativi della procura speciale conferita con separato atto; si è infatti affermato che, in tal caso, il ricorso può ritenersi ammissibile a condizione che detta procura sia stata conferita con separato atto notarile anteriore alla p roposizione dell’impugnazione, ma pur sempre dopo la pubblicazione della sentenza impugnata.
2.1 -In definitiva, il ricorso è inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della società ricorrente.
Non può infatti trovare accoglimento la richiesta, formulata dalla controricorrente in memoria sulla scorta della recente Cass. n. 5371/2025 (non massimata), di condanna dell’AVV_NOTAIO in proprio.
In proposito, nell’egida del pronunciamento di Cass., Sez. Un., n. 10706/2006, occorre qui richiamare e ribadire il principio affermato da Cass. n. 14474/2019, secondo cui ‘ In materia di disciplina delle spese processuali, nel caso di azione o di impugnazione promossa dal difensore senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi (come nel caso di inesistenza della procura ‘ ad litem ‘ o falsa o rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato o per processi o fasi di processo diverse da quello per il quale l’atto è speso), l’attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità e, conseguentemente, è ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio ‘ . In tale solco, si è poi precisato (Cass. n. 34638/2021; Cass. n. 29209/2024) che ‘ diversamente, invece, nel caso di invalidità o sopravvenuta inefficacia della procura ‘ ad litem ‘ , non è ammissibile la condanna del difensore alle spese del giudizio, in quanto l’attività processuale è provvisoriamente efficace e la procura, benché sia nulla o invalida, è tuttavia idonea a determinare l’instaurazione di un rapporto processuale con la parte rappresentata, che assume la veste di potenziale destinataria delle situazioni derivanti dal processo ‘ .
Il che è quanto rileva in questa sede, posto che la procura generale autenticata in data 20.6.2013, benché inidonea ai fini della instaurazione del giudizio di legittimità, è tuttavia esistente nei rapporti tra società conferente e il suo difensore, in guisa tale da determinare comunque le conseguenze prima descritte: la descritta omnicomprensività delle attività defensionali ivi indicate,
N. 23974/22 R.G.
infatti, concerneva certamente anche la possibilità di adire questa Corte, per quanto irritualmente.
L ‘opposta soluzione percorsa dalla invocata Cass. n. 5371/2025, resa in fattispecie identica a quella che occupa, non è infatti condivisibile, perché -pur richiamandosi il consolidato orientamento prima descritto -non si è tenuto conto che , onde valutare l’effettiva inesistenza della procura, altro è proporre il giudizio di cassazione in forza di procura speciale rilasciata per l’impugnazione di sentenza diversa da quella impugnata (come nel caso della pur richiamata Cass. n. 29209/2024), altro è farlo in forza di procura generale che, benché priva dei requisiti di specialità ex art. 365 c.p.c. e dunque inidonea a conferire il relativo ius postulandi al difensore per la proposizione del giudizio di legittimità, è stata tuttavia effettivamente rilasciata dalla parte interessata anche a tale ultimo scopo; in tal guisa, il conferente assume su di sé le conseguenze che, da tale conferimento, possono derivarle, dal che discende la esclusione dei presupposti di una condanna del difensore in prop rio, non potendo qui discutersi ‘ di inesistenza della procura ‘ ad litem ‘ o falsa o rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato o per processi o fasi di processo diverse da quello per il quale l’atto è speso ‘ ( così la citata Cass. n. 14474/2019). Va pure rilevato che a nche in quest’ultima decisione si allude ad una procura conferita per una fase del processo diversa da quella di cassazione, mentre nel caso che si giudica non vi è stato espresso conferimento della procura per una fase processuale (diversa dal giudizio di legittimità).
In relazione alla data di proposizione del ricorso, può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
la Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento della somma di € 10 .000,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 26.9.2025.
Il Presidente NOME COGNOME