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Procedura Civile

Onere della prova e danno: il ricorso inammissibile

Un’impresa edile ha citato in giudizio i promissari acquirenti di un immobile per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dall’asserita occupazione illegittima, a seguito della dichiarazione di nullità del contratto preliminare. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei giudici di merito. La Suprema Corte ha ribadito che l’onere della prova del danno spetta a chi lo richiede, e la società ricorrente non è riuscita a dimostrare né l’effettiva occupazione dell’immobile, né l’esistenza di un concreto pregiudizio economico.

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Onere di allegazione: ricorso inammissibile se vago

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di alcune lavoratrici che chiedevano differenze retributive per ore di lavoro straordinario. La decisione si fonda sulla carenza dell’onere di allegazione, in quanto il ricorso originario era vago e non specificava in modo dettagliato i fatti costitutivi della pretesa, una lacuna che le prove documentali non potevano sanare. La Suprema Corte ha ribadito l’importanza della precisione e della completezza degli atti introduttivi del giudizio.

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Estinzione del giudizio: la Cassazione decide

Una società di trasporti ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello. A seguito della proposta di definizione del giudizio da parte della Suprema Corte, la società non ha chiesto una decisione entro il termine previsto. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio, assimilando l’inattività a una rinuncia al ricorso e condannando la società al pagamento delle spese legali.

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Clausola compromissoria: quando il giudice è competente

Una società in fallimento ha citato in giudizio un Comune per ottenere il pagamento di somme dovute. Il Tribunale di primo grado si è dichiarato incompetente d’ufficio, basandosi su una clausola compromissoria presente nel contratto tra le parti. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo un principio fondamentale: l’eccezione di incompetenza per la presenza di una clausola compromissoria deve essere sollevata dalla parte interessata nel primo atto difensivo, a pena di decadenza, e non può mai essere rilevata d’ufficio dal giudice. La competenza del giudice ordinario, quindi, è stata confermata.

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Cessazione materia del contendere: la morte estingue

Un amministratore di un istituto di credito, sanzionato dall’Autorità di vigilanza del mercato finanziario, ha proposto ricorso in Cassazione. A seguito del suo decesso durante il giudizio, la Corte ha dichiarato la cessazione materia del contendere, affermando che la responsabilità per sanzioni amministrative è personale e non si trasmette agli eredi, estinguendo così l’obbligo di pagamento e l’intero contenzioso.

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Onere della prova DVR: chi prova l'inadeguatezza?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso di un lavoratore che chiedeva la conversione del contratto a termine per la presunta mancata predisposizione di un Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) specifico per una delle sedi di lavoro. La Corte ha chiarito che, una volta che il datore di lavoro produce in giudizio il DVR, l’onere della prova DVR si sposta sul lavoratore, il quale deve allegare e dimostrare gli elementi specifici che rendono tale documento inadeguato. In assenza di tale prova, il ricorso è stato dichiarato inammissibile per difetto di autosufficienza.

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Estinzione del giudizio: la rinuncia agli atti

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio in un caso civile a seguito della rinuncia congiunta agli atti del processo da parte sia del ricorrente principale che dei controricorrenti. La decisione si fonda sulla volontà concorde delle parti di porre fine alla lite, che si estendeva anche alla regolamentazione delle spese legali, evitando così una pronuncia della Corte sul punto.

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Estinzione giudizio Cassazione: silenzio e rinuncia

Un decreto della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze dell’inerzia del ricorrente a seguito della proposta di definizione del giudizio. Il mancato riscontro entro 40 giorni equivale a una rinuncia tacita, portando all’immediata estinzione del giudizio di cassazione senza pronuncia sulle spese, qualora la controparte non abbia svolto attività difensiva.

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Estinzione del giudizio: la guida al 380-bis c.p.c.

Una società agricola ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello. A seguito della proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la società non ha richiesto un’udienza di discussione entro il termine di 40 giorni. Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio, assimilando il silenzio della parte a una rinuncia al ricorso e condannandola al pagamento delle spese legali.

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Responsabilità installatore: il tubo corroso e i danni

Un installatore viene citato in giudizio per i danni da allagamento causati dalla rottura di un tubo di una lavastoviglie da lui venduta e installata. La Corte di Cassazione ha confermato la sua piena responsabilità, rigettando le difese dell’installatore. In particolare, è stata esclusa la colpa concorrente del proprietario per non aver chiuso il rubinetto dell’acqua, poiché la rottura era dovuta a corrosione preesistente. La sentenza ribadisce che la responsabilità installatore si fonda sulla prevedibilità dei danni e sulla corretta valutazione delle prove, inclusa la testimonianza del consulente di parte.

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Carenza di interesse: appello inammissibile

Una società immobiliare ha impugnato una decisione relativa alle spese legali di un giudizio di revocazione. Tuttavia, la Corte di Cassazione, in un diverso procedimento, ha annullato la sentenza principale oggetto della revocazione. Di conseguenza, l’attuale ricorso è stato dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, poiché l’annullamento del giudizio principale ha travolto anche quello accessorio sulla revocazione e le relative spese.

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Estinzione del giudizio: la rinuncia al ricorso

Una società di gestione del risparmio ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello. Successivamente, ha rinunciato al ricorso e la controparte, una società fiduciaria, ha accettato la rinuncia. La Corte di Cassazione ha quindi dichiarato l’estinzione del giudizio con un decreto, senza pronunciarsi sulle spese legali, applicando gli articoli 390 e 391 del codice di procedura civile.

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Cancellazione società e crediti: la Cassazione decide

Le Sezioni Unite della Cassazione hanno risolto un contrasto giurisprudenziale sulla sorte dei crediti di una società cancellata dal registro delle imprese. La sentenza stabilisce che la cancellazione non comporta una rinuncia automatica ai crediti, anche se non iscritti nel bilancio finale di liquidazione. Tali crediti si trasferiscono ai soci in un fenomeno successorio. Spetta al debitore dimostrare l’eventuale rinuncia esplicita da parte della società creditrice. Nel caso specifico, il socio unico di una società cancellata è stato ritenuto legittimato a proseguire l’azione legale contro una banca per la restituzione di somme indebitamente percepite.

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Inammissibilità ricorso Cassazione: guida ai motivi

Una lavoratrice, dopo aver perso in primo e secondo grado una causa per risarcimento danni da sinistro stradale, si è rivolta alla Corte di Cassazione. La Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per Cassazione a causa di gravi vizi formali. I motivi erano basati su un’ipotesi di vizio di motivazione non più applicabile e formulati in modo generico, senza la specificità richiesta. La ricorrente è stata condannata al pagamento di una sanzione.

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Equo compenso avvocati: la Cassazione nega la retroattività

In una controversia tra un legale e un istituto di credito per il pagamento di compensi professionali, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale sull’equo compenso. L’ordinanza chiarisce che la normativa sull’equo compenso (art. 13-bis L. 247/2012) non è retroattiva e non può quindi invalidare le convenzioni tariffarie stipulate prima della sua entrata in vigore. La Corte ha inoltre ritenuto legittimo il frazionamento del credito da parte del legale, data la complessità del caso, ma ha accolto le doglianze sulla mancata prova della conclusione di una delle convenzioni tariffarie, rinviando il caso al Tribunale per una nuova valutazione.

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Prova del credito nel fallimento: la lettera d'impegno

Una società finanziaria ricorre in Cassazione dopo il rigetto della sua domanda di ammissione al passivo di un fallimento. Il credito era basato su una lettera di impegno ritenuta illeggibile e priva di sottoscrizione riconducibile al legale rappresentante della società fallita. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione sulla idoneità di un documento come prova del credito spetta esclusivamente al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, confermando l’importanza di fornire prove chiare e inequivocabili.

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Restituzione indebito per contratto nullo: il caso

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a una società sanitaria per la restituzione dell’indebito a favore di un’Azienda Sanitaria Locale. La decisione si fonda sulla nullità del rapporto contrattuale per assenza di forma scritta, rendendo i pagamenti ricevuti privi di causa. La Corte ha chiarito che la ragione specifica della nullità non altera la natura della domanda di restituzione dell’indebito, rigettando il ricorso della società.

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Estinzione del giudizio per rinuncia: il caso Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio in un caso civile a seguito della rinuncia presunta al ricorso. La parte ricorrente, una società di trasporti, non ha chiesto la decisione del ricorso entro il termine di quaranta giorni dalla comunicazione della proposta di definizione del giudizio, come previsto dall’art. 380-bis c.p.c. Di conseguenza, il ricorso è stato considerato rinunciato e il procedimento estinto, con condanna della società al pagamento delle spese legali a favore della controparte.

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Responsabilità avvocato: compenso negato per dolo

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di negare il compenso a uno studio legale per l’assistenza in un concordato preventivo. La Corte ha ritenuto provata la consapevolezza dello studio riguardo a una duplicazione fraudolenta di poste attive nel piano, configurando un grave inadempimento che incide sulla responsabilità avvocato e giustifica il mancato pagamento della parcella. L’ordinanza sottolinea che la negligenza e la consapevolezza di atti illeciti del cliente escludono il diritto al compenso professionale.

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Compenso avvocato gratuito patrocinio: i minimi legali

Un avvocato contesta la liquidazione del suo compenso per gratuito patrocinio, ritenuta inferiore ai minimi di legge. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, affermando che il compenso avvocato gratuito patrocinio non può scendere sotto i parametri minimi inderogabili e che la compensazione delle spese di lite richiede motivi gravi ed eccezionali, non la semplice qualità di ‘parte necessaria’ del Ministero della Giustizia.

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