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Procedura Civile

Revocazione sentenza cassazione: errore di fatto e limiti

Una società ha richiesto la revocazione di una sentenza della Corte di Cassazione in materia di ICI, sostenendo un errore di percezione dei motivi di ricorso. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che una non corretta interpretazione dei motivi costituisce un errore di giudizio, non un errore di fatto revocabile. Ha inoltre stabilito che un giudicato formatosi successivamente alla pronuncia impugnata non può essere motivo di revocazione, per salvaguardare il principio di certezza del diritto.

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Estinzione del giudizio: quando è solo parziale?

La Corte di Cassazione ha chiarito che, in una causa con più parti e domande scindibili, la morte di un litisconsorte facoltativo e la mancata riassunzione nei confronti dei suoi eredi comportano l’estinzione del giudizio solo per quella specifica parte. Il processo deve proseguire tra le altre parti. Un’istanza di prosecuzione, anche se priva della richiesta formale di fissazione d’udienza, è sufficiente a impedire l’estinzione totale del giudizio. La Corte ha quindi cassato la sentenza d’appello che aveva erroneamente dichiarato estinto l’intero processo.

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Notifica al defunto: quando è inesistente e nulla

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un Comune, confermando la nullità di una sentenza di primo grado a causa della inesistenza della notifica dell’atto di citazione. La notifica al defunto, indirizzata personalmente a quest’ultimo e ricevuta presso la sua ex sede aziendale da una persona non identificata, è stata ritenuta giuridicamente inesistente. Tale vizio insanabile ha compromesso fin dall’inizio la valida instaurazione del contraddittorio.

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Danno da demansionamento: prova e risarcimento

Un dipendente, dopo aver svolto mansioni dirigenziali, subisce un demansionamento. La Cassazione interviene sul caso, chiarendo la ripartizione dell’onere della prova e i criteri di liquidazione del danno da demansionamento. Si specifica che spetta al datore di lavoro dimostrare di aver adibito il lavoratore a mansioni corrette. Viene inoltre affrontata la questione del risarcimento del danno professionale, distinguendolo dalla perdita di chance, e si statuisce sulla necessità di accertare la soggettività giuridica dei fondi di previdenza complementare prima di poter decidere sulla relativa domanda di contribuzione.

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Estinzione giudizio Cassazione: rinuncia e accordo

L’ordinanza analizza un caso di estinzione giudizio Cassazione a seguito della rinuncia al ricorso da parte degli appellanti e della contestuale accettazione da parte della controparte. La Corte Suprema ha dichiarato l’estinzione del processo, stabilendo che, in virtù dell’accordo tra le parti, non si procede alla condanna alle spese legali, applicando l’articolo 391 del codice di procedura civile.

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Termine contestazione sanzioni: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha annullato una decisione della Corte d’Appello relativa alla tempestività di una sanzione finanziaria. Il principio chiave affermato è che il termine per la contestazione delle sanzioni non inizia al primo sospetto, ma solo dopo che l’autorità di vigilanza ha completato un’adeguata istruttoria per accertare pienamente la violazione. La sentenza di merito è stata cassata perché ha erroneamente anticipato la decorrenza di tale termine, giudicando tardiva un’azione che invece rispettava i tempi procedurali.

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Termine riassunzione: le nuove norme non retroagiscono

La Corte di Cassazione ha stabilito che il termine riassunzione giudizio applicabile a un processo iniziato nel 2002 è quello annuale previsto dalla vecchia normativa, e non quello trimestrale introdotto dalla riforma del 2009. La Corte d’Appello aveva erroneamente dichiarato estinto il giudizio per tardiva riassunzione. La Suprema Corte ha annullato tale decisione, affermando il principio di irretroattività delle norme processuali, secondo cui i processi continuano a essere regolati dalla legge in vigore al momento della loro instaurazione.

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Azione revocatoria: credito inesistente, salta tutto

Un creditore ottiene in primo e secondo grado la revoca di una compravendita immobiliare tra fratelli, ritenuta lesiva della sua garanzia patrimoniale. Tuttavia, la Corte di Cassazione ribalta la decisione. Un’altra sentenza, divenuta definitiva, ha infatti accertato l’inesistenza del credito originario, facendo crollare il presupposto fondamentale dell’azione revocatoria e portando al rigetto della domanda del creditore.

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Danni da fauna selvatica: la scelta della norma

Un’automobilista cita in giudizio Regione e Provincia per i danni causati da un capriolo, fondando la richiesta sull’art. 2043 c.c. (responsabilità per colpa). Dopo il rigetto in appello, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il tentativo di modificare la base giuridica della domanda in art. 2052 c.c. (responsabilità oggettiva) in sede di legittimità. La sentenza chiarisce che la qualificazione giuridica della domanda, se non contestata, passa in giudicato e non può essere alterata, cristallizzando l’onere della prova e il tema del contendere. Questo principio si applica anche ai casi di danni da fauna selvatica.

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Responsabilità lavoratore: sì per ogni fase del processo

Un dipendente di un ente previdenziale, sanzionato con la sospensione per irregolarità nella gestione di pratiche, ha impugnato il provvedimento sostenendo di essere responsabile solo della fase istruttoria e non di quella decisionale finale. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo un importante principio sulla responsabilità del lavoratore: ciascun dipendente è responsabile per la propria fase di competenza all’interno di un procedimento complesso, e la supervisione dei superiori o il coinvolgimento di altri colleghi non esclude la sua colpa individuale.

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Giudicato esterno e tasse: la Cassazione fa chiarezza

Un’amministrazione comunale richiedeva a un condominio il pagamento di un canone per l’occupazione di suolo pubblico (COSAP) per l’anno 2013. Il condominio si è opposto, invocando una precedente sentenza definitiva (giudicato esterno) che aveva già stabilito la non debenza del canone per l’anno 2009 per la medesima situazione di fatto. La Corte di Cassazione ha confermato la validità del giudicato esterno, rigettando il ricorso del Comune. Ha stabilito che, per le obbligazioni periodiche, una decisione su un fatto costitutivo immutato (la presenza di griglie e intercapedini) si estende anche alle annualità future, salvo modifiche normative o fattuali.

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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese legali

L’ordinanza analizza il caso di due medici che, dopo aver impugnato in Cassazione una sentenza sfavorevole relativa al mancato compenso per corsi di specializzazione, hanno presentato una rinuncia al ricorso. La Suprema Corte, verificata la regolarità della rinuncia, ha dichiarato l’estinzione del giudizio, condannando i ricorrenti al pagamento di due terzi delle spese legali a favore delle amministrazioni statali resistenti.

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Domanda di rivendica: modifica in prededuzione

Una società proprietaria di un bene aveva presentato una domanda di rivendica nei confronti di un’altra società in amministrazione straordinaria. Dopo che il curatore ha perso il possesso del bene, la società proprietaria ha chiesto di modificare la sua richiesta in una domanda di ammissione al passivo per il controvalore del bene, in prededuzione. La Corte di Cassazione, riconoscendo la particolare rilevanza delle questioni legali sollevate, ha emesso un’ordinanza interlocutoria rinviando il caso a una pubblica udienza per una trattazione approfondita.

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Azione revocatoria: inammissibile il ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un acquirente contro una sentenza che aveva accolto l’azione revocatoria promossa da un creditore. Il creditore aveva ottenuto la dichiarazione di inefficacia della vendita di un immobile, poiché l’operazione pregiudicava le sue ragioni. La Suprema Corte ha stabilito che i motivi del ricorso miravano a un riesame dei fatti, non consentito in sede di legittimità, ribadendo che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio sul merito della controversia.

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Responsabilità avvocato: quando il danno non è ingiusto

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una cliente contro il proprio legale. La richiesta di risarcimento per la responsabilità avvocato è stata respinta poiché la restituzione di una provvisionale, rivelatasi poi eccessiva, non costituisce un danno “ingiusto”, ma il ripristino di una situazione lecita. Il cliente non è mai stato titolare del diritto a trattenere quelle somme.

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Ricorso inammissibile: le sanzioni per abuso processo

Un caso di divisione immobiliare tra ex soci giunge in Cassazione. La Corte dichiara il ricorso inammissibile per vizi procedurali e per la regola della “doppia conforme”. L’appellante viene condannato per abuso del processo, con pesanti sanzioni economiche, per aver insistito in un’impugnazione palesemente infondata.

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Presunzione di conoscenza: licenziamento valido?

Un dipendente pubblico ha impugnato un licenziamento oltre i termini, sostenendo che la madre convivente gli avesse nascosto la lettera. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ribadendo il principio della presunzione di conoscenza. Secondo la Corte, l’atto si considera conosciuto quando giunge all’indirizzo del destinatario. L’occultamento da parte di un familiare non costituisce un’impossibilità oggettiva e incolpevole di venire a conoscenza dell’atto, poiché rientra nella sfera di controllo del destinatario. La decadenza dall’impugnazione è stata quindi confermata.

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Procura speciale cassazione: i requisiti di validità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso tributario per vizi della procura speciale. La procura era stata rilasciata prima della pubblicazione della sentenza impugnata o dopo la notifica del ricorso, violando i requisiti di specialità. Il ricorrente è stato condannato anche per abuso del processo.

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Prelazione societaria: no al riscatto nelle S.r.l.

Un socio di una S.r.l. ha agito in giudizio dopo che un altro socio ha ceduto le proprie quote a un terzo, violando la clausola di prelazione statutaria. Il socio pretermesso chiedeva di poter riscattare le quote dall’acquirente. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio consolidato: la prelazione societaria prevista dallo statuto di una S.r.l. ha natura meramente obbligatoria e non reale. Di conseguenza, la sua violazione non conferisce al socio il diritto di riscatto, ma solo la possibilità di chiedere il risarcimento del danno e di considerare la cessione inefficace nei confronti della società.

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Azione revocatoria: vendita a familiari e presunzioni

La Cassazione conferma l’inefficacia di una vendita immobiliare tra figlio e genitori. L’azione revocatoria è legittima se basata su presunzioni gravi, precise e concordanti, come il ruolo del debitore in azienda e lo stretto legame familiare, che dimostrano la consapevolezza del danno ai creditori.

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