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Procedura Civile

Ricorso inammissibile: i requisiti di specificità

La Cassazione dichiara un ricorso inammissibile per la richiesta di un’indennità perequativa. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi, sulla mancata produzione di documenti essenziali e sul tentativo di ottenere un riesame del merito, vietato in sede di legittimità.

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Uso aziendale: quando impedisce l'assorbimento

La Corte di Cassazione ha stabilito che un “uso aziendale”, consolidatosi nel tempo, che esclude l’assorbimento del superminimo individuale negli aumenti contrattuali, acquista forza di legge tra le parti. Una nota società di telecomunicazioni aveva illegittimamente ridotto le retribuzioni dei dipendenti assorbendo i loro superminimi, violando tale prassi. La Corte ha confermato che l’uso aziendale, una volta formatosi, non può essere interrotto unilateralmente e implicitamente, ma richiede una “disdetta” formale, chiara e giustificata, comunicata a tutti i lavoratori, cosa che nel caso di specie non era avvenuta.

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Competenza acque pubbliche: chi decide sulla proprietà?

Una società agricola ha rivendicato la proprietà del letto di un canale, sostenendo che avesse perso la sua natura pubblica. La Corte di Cassazione ha stabilito l’esclusiva competenza per le acque pubbliche del Tribunale Regionale, poiché la determinazione della natura pubblica o privata del bene (demanialità) richiede una valutazione specialistica degli interessi pubblici.

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Comodato familiare: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17095/2025, ha stabilito che l’assegnazione della casa coniugale al genitore collocatario dei figli è opponibile al terzo proprietario che aveva concesso l’immobile in comodato familiare. La Corte ha chiarito che tale comodato, finalizzato a soddisfare le esigenze abitative del nucleo familiare, non cessa con la separazione e può essere risolto dal proprietario solo in caso di un bisogno urgente e imprevisto, che deve essere provato.

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Danno da ritardo: onere della prova e nesso causale

Un ex dipendente pubblico, licenziato a seguito di una condanna penale, ha citato in giudizio il suo datore di lavoro per ottenere un risarcimento per il ritardo nel processo di riammissione previsto dalla legge. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, stabilendo che il danno da ritardo presuppone che il lavoratore dimostri il nesso causale. In particolare, il dipendente deve provare che un procedimento disciplinare tempestivo avrebbe verosimilmente portato a un esito favorevole (la riammissione), onere che in questo caso non è stato soddisfatto.

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Compenso custodia giudiziaria: usi locali prevalgono

Una società incaricata della custodia giudiziaria di parti automobilistiche si è opposta al compenso inizialmente liquidato, ritenuto esiguo. Il Tribunale ha accolto l’opposizione, aumentando l’importo sulla base delle tariffe locali. L’amministrazione statale ha fatto ricorso in Cassazione, sostenendo una prescrizione parziale e la necessità di applicare riduzioni tariffarie per analogia. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, stabilendo che per il calcolo del compenso custodia giudiziaria per beni non specificamente tariffati, il criterio corretto è quello degli ‘usi locali’, che il custode aveva debitamente provato, escludendo l’applicazione analogica di altre norme.

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Opposizione stato passivo: documenti tardivi, stop

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di due eredi che, in una procedura di opposizione allo stato passivo di un fallimento, avevano depositato tardivamente i documenti a supporto del loro credito risarcitorio. La Corte ha stabilito che il termine per la produzione documentale è perentorio e la sua inosservanza è rilevabile d’ufficio dal giudice, senza necessità di eccezione della controparte. Il mancato rispetto di tale termine rende i documenti inutilizzabili e la prova del credito inesistente.

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Indennità di trasferta: conta la sede contrattuale

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un’azienda al pagamento dell’indennità di trasferta a un dipendente. Sebbene il lavoratore operasse abitualmente a Milano, il suo contratto indicava come sede di lavoro una località del Sud Italia. I giudici hanno stabilito che le indicazioni formali e documentali (contratto, modelli UNI LAV, cedolini paga) prevalgono sulla prassi lavorativa e sulla successiva affermazione dell’azienda che si trattasse di un mero errore. Il ricorso dell’azienda è stato rigettato.

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Istanza di verificazione implicita: la Cassazione decide

Un’acquirente ha disconosciuto la propria firma su una bolla di consegna per un distributore automatico, sostenendo l’inefficacia del contratto. La società venditrice ha insistito per il pagamento. La Corte di Cassazione ha stabilito che la volontà della parte di avvalersi del documento, manifestata in giudizio, equivale a un’istanza di verificazione implicita della firma, legittimando la decisione dei giudici di merito che avevano riconosciuto l’autenticità della sottoscrizione e condannato l’acquirente al pagamento.

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Distanze legali: presunzione di demanialità stradale

In una controversia sulle distanze legali tra edifici, la Corte di Cassazione ha annullato la decisione di merito che non aveva adeguatamente considerato la natura pubblica di una strada privata ad uso pubblico. L’ordinanza stabilisce che la presunzione di demanialità di una via interna a un centro abitato, aperta al pubblico, deve essere valutata sulla base di elementi sostanziali (uso pubblico, ubicazione, ecc.) e non solo formali. La corretta qualificazione della strada è essenziale per applicare le giuste norme sulle distanze. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

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Trasferimento d'azienda: no con solo personale

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di cambio appalto, il semplice subentro di una nuova impresa che assume il personale della precedente non configura un trasferimento d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c. Un lavoratore non può quindi agire esecutivamente contro la nuova azienda sulla base di un titolo ottenuto verso la vecchia datrice di lavoro. Per aversi un vero trasferimento d’azienda, è necessario il passaggio di beni strumentali significativi che conservino la loro identità organizzativa.

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Improcedibilità appello: la Cassazione salva l'atto

La Corte di Cassazione ha stabilito che non si verifica l’improcedibilità dell’appello se, dopo la notifica via PEC, l’atto viene depositato in formato cartaceo anziché telematico. Se la costituzione avviene nei termini e la controparte non contesta la conformità dell’atto, il vizio di forma si considera sanato, in ossequio al principio del raggiungimento dello scopo e alla necessità di adattare le norme processuali all’ambiente digitale.

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Obblighi restitutori: il giudicato chiude la porta

Una società finanziaria ha perso il suo ricorso per ottenere la restituzione di oltre 2.7 milioni di euro. La Cassazione ha confermato che la questione degli obblighi restitutori era già stata decisa e respinta in una precedente sentenza, divenuta definitiva. Pertanto, la nuova richiesta è stata rigettata per effetto del giudicato, precludendo ulteriori azioni.

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Prescrizione medici specializzandi: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha confermato il suo orientamento consolidato in materia di prescrizione per i medici specializzandi. Il diritto al risarcimento del danno per la mancata attuazione di direttive europee sull’adeguata retribuzione si prescrive in dieci anni a partire dal 27 ottobre 1999. L’ordinanza dichiara inammissibile il ricorso di un medico, ribadendo che la questione è stata risolta da tempo e che non sussistono elementi per modificare la giurisprudenza esistente. Questa decisione consolida il principio della certezza del diritto e chiude la porta a nuove azioni legali basate su questa specifica pretesa se non esercitate tempestivamente.

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Sanzione disciplinare: illegittima se sproporzionata

Una società di servizi nazionali ha impugnato la decisione che annullava una sanzione disciplinare conservativa (sospensione di 5 giorni) inflitta a un dipendente. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le sentenze dei gradi inferiori. La decisione si fonda sul fatto che la sproporzione della sanzione era stata correttamente valutata dai giudici di merito, i quali si erano basati sulla stessa relazione ispettiva dell’azienda che descriveva la condotta del lavoratore come di ‘particolare tenuità’.

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Motivazione sentenza: i limiti del ricorso in Cassazione

Un contribuente impugna un avviso di addebito per contributi previdenziali. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, chiarendo che la motivazione della sentenza d’appello rispettava il ‘minimo costituzionale’ e che non è possibile richiedere alla Suprema Corte una nuova valutazione delle prove. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di ulteriori sanzioni.

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Azione revocatoria: prova del danno e oneri del terzo

La Corte di Cassazione conferma la decisione dei giudici di merito in un caso di azione revocatoria, rigettando il ricorso del terzo acquirente di un immobile. L’ordinanza chiarisce i principi sulla prova del danno al creditore (*eventus damni*), sulla ripartizione dell’onere probatorio e sull’utilizzo delle presunzioni per dimostrare la consapevolezza del pregiudizio. La Corte ha ritenuto che la variazione qualitativa del patrimonio del debitore, che rende più incerta la riscossione del credito, è sufficiente a integrare il requisito del danno.

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Responsabilità del committente: quando paga i danni?

Una società energetica ha subito il danneggiamento di un cavo interrato durante lavori di scavo commissionati da una società di distribuzione gas a un’impresa appaltatrice. La Corte di Cassazione ha escluso la responsabilità del committente, chiarendo che la cosiddetta “culpa in eligendo” (colpa nella scelta dell’appaltatore) deve essere provata dal danneggiato. Non è sufficiente il solo verificarsi del danno per affermare la negligenza del committente nella selezione dell’impresa. L’ordinanza sottolinea che questo tipo di responsabilità rientra nell’ambito dell’art. 2043 c.c. e non costituisce una forma di responsabilità oggettiva.

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Estinzione del processo per rinuncia: analisi del caso

Una società consortile e un dirigente avevano impugnato una sentenza della Corte d’Appello in materia di incarichi dirigenziali. Giunti in Cassazione, entrambe le parti hanno depositato una rinuncia ai rispettivi ricorsi, principale e incidentale, che sono state reciprocamente accettate. Di conseguenza, la Suprema Corte ha dichiarato l’estinzione del processo, compensando integralmente le spese legali tra le parti.

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Interesse ad impugnare: quando si può ricorrere?

Una società e il suo legale rappresentante sono stati citati in giudizio per l’inadempimento di un accordo di ricapitalizzazione. I tribunali di merito hanno stabilito che l’accordo era di natura personale e hanno respinto le richieste contro la società. Entrambi hanno presentato ricorso. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, cogliendo l’occasione per chiarire il concetto di interesse ad impugnare. Ha spiegato che una parte può avere interesse a ricorrere anche se non è formalmente soccombente. In questo specifico caso, l’appello della società è stato classificato come un ‘appello adesivo’, il cui esito dipendeva da quello dell’appello principale dell’individuo, che è stato anch’esso respinto.

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