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Procedura Civile

Risarcimento danni immobile: la prova del danno concreto

Un acquirente ha scoperto difetti acustici in un immobile che è stato successivamente venduto all’asta. Ha citato in giudizio la compagnia assicuratrice per ottenere un indennizzo. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta di risarcimento danni immobile, confermando che l’attore non è riuscito a dimostrare una perdita finanziaria concreta derivante dal difetto. Il solo costo della riparazione non costituisce una prova sufficiente del danno quando l’immobile è stato alienato.

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Garanzia vizi immobile: la parola del venditore conta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17080/2025, ha confermato la condanna dell’erede del venditore a risarcire gli acquirenti per abusi edilizi non dichiarati. Il caso riguarda l’acquisto di un immobile con un piano sopraelevato abusivo, nonostante nel rogito fosse garantita la piena conformità alla licenza edilizia. La Corte ha ribadito che la garanzia vizi immobile prevale quando l’acquirente fa affidamento sulle dichiarazioni del venditore, a meno che non sia provata la sua conoscenza effettiva del difetto. La semplice disponibilità del bene prima dell’acquisto non è sufficiente a dimostrare tale conoscenza.

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Prescrizione buoni postali: l'onere della prova

La Corte di Cassazione, con un’ordinanza interlocutoria, ha sospeso la decisione su un caso di prescrizione buoni postali. I giudici di merito avevano negato la prescrizione per mancata prova della consegna del foglio informativo al risparmiatore. La Suprema Corte, prima di decidere nel merito, ha ordinato l’acquisizione del fascicolo per verificare la regolarità della notifica del ricorso all’avvocato della controparte, sollevando un vizio procedurale.

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Impugnazione delibera assembleare: i termini decadenza

Un azionista ha citato in giudizio una società per i danni derivanti da un’operazione di aumento di capitale ritenuta ‘iperdiluitiva’. La sua richiesta è stata respinta in tutti i gradi di giudizio. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando il ricorso inammissibile. Il motivo principale del rigetto è la tardività dell’azione: la domanda di risarcimento danni, legata all’impugnazione della delibera assembleare, deve essere proposta entro il termine di decadenza di 90 giorni previsto dalla legge, termine non rispettato in questo caso.

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Credito risarcitorio: la massa paga per i ritardi

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto di una società creditrice a ottenere un risarcimento per il ritardo con cui un fallimento ha gestito la liquidazione e il riparto delle somme. La sentenza stabilisce che il ritardo ingiustificato degli organi della procedura può generare un credito risarcitorio a carico della massa, da pagarsi in prededuzione. La decisione si fonda sul principio del giudicato interno, poiché il fallimento non aveva specificamente contestato in appello la qualificazione del danno come responsabilità extracontrattuale della massa fallimentare, rendendo tale punto non più riesaminabile.

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Ricorso in cassazione: improcedibile se manca l'atto

Un cittadino straniero impugna un decreto di espulsione. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso in cassazione improcedibile a causa di un vizio formale insuperabile: il mancato deposito del provvedimento impugnato. La decisione evidenzia come il rispetto delle norme procedurali sia un requisito fondamentale per l’ammissibilità del ricorso, prevalendo su qualsiasi valutazione di merito.

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Tardività del ricorso: appello inammissibile

Una dottoressa impugna un’ordinanza di inammissibilità. La Cassazione dichiara il suo ricorso inammissibile per tardività del ricorso, essendo stato notificato oltre il termine di 60 giorni dalla comunicazione del provvedimento. La Corte chiarisce anche che la trattazione scritta soddisfa l’obbligo di sentire le parti.

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Rinuncia al ricorso e accordo: fine della lite

La Corte di Cassazione dichiara l’estinzione di un giudizio a seguito della rinuncia al ricorso da parte del ricorrente, formalizzata dopo il raggiungimento di un accordo conciliativo. La rinuncia, accettata dalla controparte, ha comportato anche la compensazione delle spese legali, escludendo l’obbligo del versamento del doppio contributo unificato.

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Giurisdizione giudice ordinario per locazioni con Enti

Una cittadina contesta la natura di un contratto di locazione con un Comune, che lo considera una concessione amministrativa. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18392/2025, ha stabilito la giurisdizione del giudice ordinario per decidere sulla natura del bene e del rapporto, affermando che la domanda verte su diritti soggettivi.

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Termine impugnazione: quando decorre per il decreto?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso perché tardivo. Il caso chiarisce che il termine di impugnazione del decreto di 60 giorni decorre non dalla pubblicazione, ma dalla comunicazione integrale del provvedimento (motivazione e dispositivo) tramite PEC da parte della cancelleria al difensore. La mancata osservanza di questo termine preclude l’esame nel merito del ricorso.

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Sentenza non definitiva: quando vincola il giudice?

In un caso di risarcimento del danno per occupazione illegittima di terreni da parte di un ente pubblico, la Cassazione chiarisce la natura della sentenza non definitiva. I proprietari di alcuni fondi, occupati e trasformati irreversibilmente da un Comune, avevano ottenuto in appello una rideterminazione del risarcimento. Avevano però impugnato la decisione finale, sostenendo che la Corte d’appello avesse contraddetto una propria precedente sentenza non definitiva sul criterio di calcolo del valore. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che una sentenza non definitiva che si limita a indicare un metodo di stima o la necessità di nuove indagini peritali ha natura ordinatoria e non decisoria. Pertanto, non acquista efficacia di giudicato interno e può essere modificata dal giudice nel prosieguo del giudizio, senza vincolare la decisione finale sulla quantificazione del danno.

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Litispendenza e giudicato: l'errore del Tribunale

La Cassazione ha annullato un’ordinanza che dichiarava la litispendenza tra una causa in corso e una già definita con sentenza passata in giudicato. Il Tribunale aveva errato, poiché la litispendenza presuppone la contemporanea pendenza di due giudizi identici, mentre in presenza di un giudicato si applica un’altra preclusione. Il caso è stato rinviato al giudice di primo grado.

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Opposizione decreto ingiuntivo: il caso condominiale

La Corte di Cassazione esamina un caso di opposizione a decreto ingiuntivo emesso a favore di un condominio per il recupero di oneri non pagati. Un condomino ha contestato il provvedimento, dando il via a un percorso giudiziario che ha visto un parziale accoglimento in primo grado e un rigetto in appello. La vicenda mette in luce le dinamiche processuali e le difese esperibili in materia di spese condominiali.

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Onere della prova COSAP: Comune deve dimostrare proprietà

Un comune richiedeva il pagamento del canone di occupazione di suolo pubblico (COSAP) a una società per le sue installazioni in un’area montana. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del comune, stabilendo che l’onere della prova della proprietà del suolo, quale bene demaniale o del patrimonio indisponibile, grava sull’ente pubblico. In assenza di tale prova, la pretesa di pagamento è illegittima.

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Giudicato sopravvenuto nel rinvio: va considerato

Una società costruttrice, condannata al risarcimento per inadempimento di un preliminare, ottiene una sentenza che dichiara falsa la firma sul contratto. La Cassazione chiarisce che tale giudicato sopravvenuto deve essere obbligatoriamente considerato dal giudice di rinvio, anche se la causa era stata rinviata solo per la quantificazione del danno, portando alla cassazione della decisione impugnata.

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Diritto indisponibile TIA2: Appello sempre ammesso

Una società di gestione ambientale si oppone a una sentenza del Giudice di Pace che aveva annullato una richiesta di pagamento per la Tariffa Integrata Ambientale (TIA2). La Corte di Cassazione stabilisce che il diritto alla riscossione della TIA2 è un diritto indisponibile. Di conseguenza, le cause in materia devono sempre essere decise secondo diritto e non secondo equità, rendendo la sentenza del Giudice di Pace sempre appellabile, a prescindere dal valore della controversia. L’appello, precedentemente dichiarato inammissibile dal Tribunale, viene quindi ritenuto legittimo.

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Usi civici: occupazione senza titolo e vecchie leggi

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società che occupava con i propri impianti un terreno comunale soggetto a usi civici, invocando normative risalenti al 1810. La Corte ha stabilito che la legislazione successiva, in particolare la legge n. 1766/1927, ha superato le vecchie disposizioni, rendendo necessario un formale provvedimento di “legittimazione” per regolarizzare l’occupazione. In assenza di tale atto, l’occupazione è considerata senza titolo e il terreno deve essere restituito alla collettività.

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Azione di riduzione: chi può agire in giudizio?

Un nipote agiva in giudizio per tutelare i propri diritti ereditari, sostenendo di essere erede della zia defunta. La Corte di Cassazione, pur riconoscendogli la qualità di erede legittimo, ha respinto la sua azione di riduzione poiché non rivestiva la qualifica di legittimario, status indispensabile per tale azione. Il caso chiarisce la distinzione cruciale tra le due figure nelle controversie successorie.

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Integrazione del contraddittorio: non necessaria se c'è rinuncia

Una lavoratrice domestica ha citato in giudizio gli eredi del suo ex datore di lavoro per differenze retributive. La Corte d’Appello aveva dichiarato estinto il processo perché la lavoratrice non aveva citato in giudizio altri potenziali eredi, nonostante questi avessero già rinunciato all’eredità. La Corte di Cassazione ha annullato questa decisione, stabilendo che l’integrazione del contraddittorio non è necessaria quando la rinuncia all’eredità è provata da un atto pubblico già presente nel fascicolo processuale, rendendo la chiamata in giudizio inutile e superflua.

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Raddoppio contributo unificato: enti pubblici

La Corte di Cassazione, con un’ordinanza di correzione, chiarisce che il raddoppio del contributo unificato si applica anche agli enti pubblici non statali. La decisione si fonda sulla distinzione tra amministrazioni dello Stato, beneficiarie della ‘prenotazione a debito’, e altri enti pubblici che, in assenza di una norma specifica, sono tenuti al versamento in caso di rigetto del ricorso. Il provvedimento corregge un precedente errore materiale, affermando la sussistenza dei presupposti per il pagamento dell’ulteriore importo.

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