Un ex collaboratore-agente ha citato in giudizio l'azienda committente per il pagamento di compensi residui. La Corte d'Appello, riformando la decisione di primo grado, ha respinto la domanda basandosi su una quietanza liberatoria firmata dal collaboratore. In tale documento, egli dichiarava di aver ricevuto una somma 'a chiusura dei conti'. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, rigettando i 25 motivi di ricorso. Ha stabilito che l'interpretazione del contenuto e della portata di una quietanza è un accertamento di fatto riservato al giudice di merito e non può essere ridiscusso in sede di legittimità, se non per vizi logici o violazione di canoni ermeneutici, non riscontrati nel caso di specie. La firma della quietanza liberatoria è stata quindi ritenuta preclusiva di ogni ulteriore pretesa.
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