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Procedimento disciplinare: quando inizia a decorrere?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26936/2024, ha chiarito un punto cruciale del procedimento disciplinare nel pubblico impiego. Il caso riguardava due dirigenti medici sanzionati da un’azienda sanitaria. I giudici di merito avevano annullato la sanzione ritenendola tardiva. La Suprema Corte ha ribaltato la decisione, stabilendo che il termine per la contestazione da parte dell’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD) decorre dal momento in cui quest’ultimo riceve gli atti, e non dalla data della prima notizia del fatto al responsabile della struttura. Questa sentenza rafforza la distinzione di competenze e tempistiche tra il dirigente e l’UPD.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Procedimento disciplinare: la Cassazione chiarisce da quando decorrono i termini

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 26936 del 17 ottobre 2024, ha fornito un’interpretazione fondamentale sulle tempistiche del procedimento disciplinare nel pubblico impiego. La decisione si concentra sul momento esatto in cui scatta il termine per la contestazione degli addebiti da parte dell’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD), risolvendo un dubbio interpretativo che spesso ha portato all’annullamento di sanzioni.

I fatti di causa

Il caso nasce dalla sanzione disciplinare (sospensione dal servizio e dalla retribuzione per un mese) inflitta da un’Azienda Sanitaria Provinciale a due suoi dirigenti medici. L’accusa era di non aver effettuato correttamente le verifiche su richieste di rimborso presentate da una clinica privata convenzionata.

I medici avevano impugnato la sanzione e sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato loro ragione, annullando il provvedimento. Secondo i giudici di merito, la contestazione disciplinare era tardiva. Essi avevano considerato come data di partenza dei termini (il cosiddetto dies a quo) una prima contestazione effettuata dal responsabile della struttura, avvenuta mesi prima di quella formale dell’UPD. Poiché tra la prima e la seconda contestazione, che vertevano sugli stessi fatti, erano passati più dei 40 giorni previsti dalla legge (art. 55-bis, D.Lgs. 165/2001), la sanzione era stata giudicata illegittima.

Il ricorso in Cassazione e la questione del procedimento disciplinare

L’Azienda Sanitaria ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse commesso un errore nell’interpretare la norma. Secondo l’ente, il termine per la contestazione da parte dell’UPD non doveva decorrere dalla prima segnalazione del responsabile, ma dal giorno in cui l’UPD stesso aveva ricevuto formalmente gli atti.

La questione di diritto era quindi cruciale: se un dirigente avvia un’azione e poi, valutando la maggiore gravità dei fatti, trasmette il fascicolo all’UPD (organo competente per le sanzioni più severe), da quando si calcolano i termini perentori per la contestazione definitiva?

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Azienda Sanitaria, cassando la sentenza d’appello e stabilendo principi chiari per la gestione del procedimento disciplinare.

In primo luogo, i giudici hanno ribadito che il termine perentorio di 40 giorni per la contestazione dell’addebito da parte dell’UPD decorre esclusivamente dal momento in cui l’UPD riceve gli atti dal responsabile della struttura. È irrilevante la data in cui il responsabile ha avuto per primo notizia del fatto o ha mosso una prima contestazione. Nel caso di specie, l’UPD aveva agito lo stesso giorno in cui aveva ricevuto il fascicolo, rispettando quindi pienamente i termini.

In secondo luogo, la Corte ha specificato che il termine di cinque giorni, che la legge assegna al responsabile per trasmettere gli atti all’UPD, ha natura sollecitatoria e non perentoria. Ciò significa che un eventuale ritardo nella trasmissione non invalida automaticamente il procedimento, a meno che non sia talmente grave da compromettere il diritto di difesa del dipendente.

Infine, è stato chiarito che il responsabile di una struttura, anche dopo aver avviato un procedimento per sanzioni di sua competenza (come il rimprovero verbale), può e deve trasmettere gli atti all’UPD se, nel corso dell’istruttoria, si rende conto che i fatti contestati sono più gravi e meritano una sanzione superiore. Questo passaggio di competenze non viola il principio del ne bis in idem (divieto di essere processati due volte per lo stesso fatto), poiché il primo procedimento non si è concluso con una sanzione, ma si è evoluto in una trasmissione all’organo competente.

Conclusioni

La sentenza n. 26936/2024 della Corte di Cassazione segna un punto fermo nell’interpretazione delle norme sul procedimento disciplinare nel pubblico impiego. La decisione distingue nettamente i ruoli e le tempistiche del responsabile della struttura da quelli dell’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari. Il dies a quo per l’UPD è ancorato a un atto formale e certo, la ricezione degli atti, garantendo così una maggiore certezza del diritto. Questa pronuncia tutela l’efficacia dell’azione disciplinare, permettendo all’amministrazione di graduare la risposta sanzionatoria in base all’effettiva gravità dei fatti emersi, senza incorrere in decadenze meramente formali.

Da quale momento decorre il termine per la contestazione disciplinare da parte dell’Ufficio Procedimenti Disciplinari (UPD)?
Il termine perentorio (di 40 giorni, secondo la normativa applicabile al caso) per la contestazione disciplinare da parte dell’UPD inizia a decorrere dal giorno in cui l’UPD riceve formalmente gli atti dal responsabile della struttura, e non dalla data in cui quest’ultimo ha avuto per primo notizia del fatto.

Cosa succede se il responsabile della struttura trasmette gli atti all’UPD in ritardo rispetto ai 5 giorni previsti?
Il termine di cinque giorni per la trasmissione degli atti è considerato sollecitatorio, non perentorio. La sua violazione non comporta automaticamente l’illegittimità della sanzione, a meno che il ritardo non sia tale da ostacolare o pregiudicare in modo eccessivo il diritto di difesa del dipendente.

Il responsabile di una struttura, dopo aver già avviato un procedimento, può trasmettere gli atti all’UPD se si accorge che l’infrazione è più grave del previsto?
Sì. Se il responsabile della struttura, dopo aver contestato un addebito, si rende conto che la sanzione da applicare supera la sua competenza, può (e deve) trasmettere gli atti all’UPD. Questo non costituisce una violazione del principio che vieta di essere sanzionati due volte per lo stesso fatto, in quanto il primo procedimento non si è concluso con l’irrogazione di una sanzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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