Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13856 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 13856 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12943-2023 proposto da
RAGIONE_SOCIALE E ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura rilasciata in calce al ricorso, dall’avvocata NOME COGNOME con domicilio eletto presso il suo studio, in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso, in forza di procura conferita in calce al controricorso, da ll’ avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocata NOME COGNOME, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente – per la cassazione della sentenza n. 673 del 2022 della CORTE D’APPELLO DI TORINO, depositata il 15 dicembre 2022 (R.G.N. 442/2022).
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 28 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
R.G.N. 12943/2023
COGNOME
Rep.
C.C. 28/2/2025
giurisdizione Pensioni erogate dalla Cassa commercialisti. Applicazione del pro rata .
FATTI DI CAUSA
1. -Con sentenza n. 673 del 2022, depositata il 15 dicembre 2022, la Corte d’appello di Torino ha respinto il gravame della Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti (d’ora innanzi, denominata Cassa commercialisti) e ha confermato la pronuncia del Tribunale di Cuneo, che aveva accolto la domanda del dottor NOME COGNOME titolare di pensione di vecchiaia anticipata a decorrere dal primo luglio 2005, e aveva riconosciuto il diritto del pensionato di vedere liquidata la ‘quota A’ della pensione secondo le più favorev oli condizioni previgenti di calcolo.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha osservato che, per i trattamenti maturati prima del gennaio 2007, il principio del pro rata preclude la modificazione retroattiva dei trattamenti pensionistici già in essere e l’applicazione di criteri di calcolo meno favorevoli, lesivi dell’affidamento .
-La Cassa commercialisti impugna in sede di legittimità la sentenza d’appello , articolando due motivi di censura.
-Il dottor NOME COGNOME resiste con controricorso.
-Il Consigliere delegato, ravvisando la manifesta infondatezza del ricorso, ha formulato una sintetica proposta di definizione del giudizio (art. 380bis , primo comma, cod. proc. civ.).
-La parte ricorrente ha chiesto la decisione (art. 380bis , secondo comma, cod. proc. civ.).
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-In prossimità dell’adunanza camerale, la parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, degli artt. 1 e 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, dell’art. 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dell’art. 1, comma 488, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, anche in combinato disposto con l’art. 10, comma 8, del Regolamento di disciplina del regime previdenziale della Cassa commercialisti, approvato con decreto ministeriale del 14 luglio 2004, degli artt. 2, 3 e 38 Cost.
Avrebbe errato la Corte territoriale nell’estendere la portata applicativa del principio del pro rata anche alle modalità di calcolo della pensione, peraltro definite in modo da assicurare l’equilibrio di bilancio di lungo periodo e in coerenza con le scelte dello stesso legislatore, che ha incrementato gli anni da considerare ai fini della determinazione della base pensionabile.
La sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto dell’autonomia normativa riconosciuta alle Casse privatizzate e della necessità d’innalzare gli «anni da prendere in considerazione ai fini del computo della base pensionabile» (pagina 10 del ricorso per cassazione), allo scopo di «rispettare i vincoli di bilancio di lungo periodo» (pagina 11 del ricorso).
1.1. -Le censure non colgono nel segno.
1.2. -Come ha chiarito la sentenza d’appello, i l giudizio verte sulla determinazione della ‘quota A’, su base retributiva, della pensione spettante al dottor NOME COGNOME e maturata prima del gennaio 2007.
Alla fattispecie si attagliano i princìpi enunciati da Cass., S.U., 8 settembre 2015, n. 17742, e quindi puntualizzati, nelle loro implicazioni, dalle successive pronunce di questa Corte.
I trattamenti erogati dagli enti previdenziali privatizzati e maturati prima del gennaio 2007, come quello spettante al l’odierno controricorrente, sono sottoposti al regime originario dell’art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995. Ne consegue che non si applicano le modifiche in peius adottate dalle Casse prima dell’attenuazione del principio del pro rata , disposta dall’art. 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, secondo l’interpretazione delineata dall’art. 1, comma 488, della legge 27 di cembre 2013, n. 147.
L’integrale applicazione del principio del pro rata preclude le modifiche peggiorative, anche con riferimento ai criteri di calcolo delle pensioni, come quelli che attengono alla media dei redditi professionali da assumere a parametro (Cass., sez. lav., 6 novembre 2018, n. 28253, con affermazioni di portata generale).
In tal senso questa Corte si è pronunciata, sviluppando le indicazioni ermeneutiche offerte dalle Sezioni Unite e affermando l’applicazione del pro rata anche al calcolo della quota reddituale (Cass., sez. lav., 4 settembre 2023, n. 25737, punti 9 e 10 del Considerato ).
1.3. -A tale orientamento, recepito dai giudici d’appello e ribadito in molteplici occasioni da questa Corte, occorre dare continuità, in difetto di argomenti decisivi che valgano a confutarlo.
2. -Con la seconda censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente deduce, in via gradata, la violazione dell’art. 19, comma 3, della legge 29 gennaio 1986, n. 21, dell’art. 2948, n. 4, cod. civ. e dell’art. 47 -bis del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639.
La sentenza d’appello sarebbe censurabile anche nella parte in cui ha escluso l’applicabilità della prescrizione quinquennale , in contrasto con la previsione speciale dell’art. 19, comma 3, della legge n. 21 del 1986, applicabile alla Cassa commercialisti, e con la natura delle
somme, determinabili nel loro ammontare. Inoltre, l ‘art. 47 -bis del d.P.R. n. 639 del 1970 , nell’assoggettare a prescrizione quinquennale i ratei di pensione corrisposti dall’INPS, esprimerebbe una regola di sistema, valevole per tutte le forme di previdenza obbligatoria.
2.1. -Anche tale critica dev’essere disattesa.
2.2. -Correttamente la Corte di merito ha escluso l’applicabilità della disciplina dettata dall’art. 19 della legge n. 21 del 1986, in quanto riferita al diritto di conseguire le prestazioni ordinarie della Cassa commercialisti , e ha ritenuto inconferente il richiamo all’art. 47 -bis del d.P.R. n. 639 del 1970, che, in base all’inequivocabile dato testuale, racchiude una regola circoscritta, concernente le sole prestazioni erogate dall’INPS.
2.3. -Come ha affermato la già menzionata sentenza delle Sezioni Unite del 2015, n. 17742, la prescrizione quinquennale, invocata dalla Cassa ricorrente, presuppone la liquidità e l’esigibilità del credito, che dev’essere messo a disposizione del creditore.
Tali caratteri difettano quando sia contestata in radice la pretesa dedotta in causa. Il diritto alla riliquidazione, pertanto, è soggetto alla prescrizione decennale.
2.4. -Da tali princìpi, rettamente applicati dai giudici d’appello, né il ricorso né la memoria illustrativa inducono, con argomenti persuasivi, a discostarsi.
-Alla luce di tali rilievi, il ricorso dev’essere , dunque, respinto.
-Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo , con distrazione in favore dell’avvocato NOME COGNOME che ha reso la dichiarazione prevista dall’art. 93 cod. proc. civ. (pagina 21 del controricorso).
5. -Il rigetto del ricorso impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo della ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
6. -Sono inapplicabili, infine, le disposizioni dell’art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., richiamate dall’art. 380 -bis , terzo comma, cod. proc. civ.
Al rigetto del ricorso e alla conferma della pronuncia impugnata questa Corte è giunta sulla scorta di considerazioni diverse rispetto a quelle formulate nella proposta di definizione, che s’incardina sulle enunciazioni di principio riguardanti il distinto tema del contributo di solidarietà.
Non si configurano , dunque, i presupposti tipizzati dall’art. 380bis , terzo comma, cod. proc. civ., che contempla la sola ipotesi in cui il giudizio sia definito in conformità alla proposta e sia perciò omogeneo il percorso argomentativo che sorregge la proposta e la decisione adottata in seguito all’istanza della parte ricorrente (Cass., sez. II, 1° agosto 2024, n. 21668). Non si riscontrano, in definitiva, le condizioni indefettibili delineate dal legislatore con una norma che si deve ritenere di stretta interpretazione, per il carattere sanzionatorio che presenta.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente , con distrazione in favore dell’avvocato NOME COGNOME, le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, in Euro 200,00 esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge. Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione