Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10977 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10977 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 15704-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 673/2023 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA, depositata il 27/12/2023 R.G.N. 935/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
25/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Oggetto
Cassa
commercialisti
R.G.N.15704/2024
COGNOME
Rep.
Ud.25/03/2025
CC
Con sentenza n.673/23, la Corte d’appello di Venezia ha confermato parzialmente la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda di COGNOME NOME volta a far accertare che la quota A del proprio trattamento pensionistico, calcolata secondo il metodo retributivo e maturata prima del 2007, non potesse essere incisa dal Regolamento della Cassa 14.7.2004 in violazione del principio del pro rata .
Secondo la Corte, per i trattamenti pensionistici maturati prima del 2007, vigeva l’art.3, co.12 l. n.335/95 nella formulazione originaria, antecedente alla novella dell’art.1, co.763 l. n.296/06. Aggiungeva che la prescrizione del diritto era decennale.
Avverso la sentenza, la Cassa ricorre per due motivi, illustrati da memoria.
COGNOME NOME resiste con controricorso.
A seguito di richiesta di decisione presentata dalla Cassa nei confronti della proposta di definizione anticipata del presente giudizio, veniva fissata l’odierna adunanza camerale, nella quale il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, la Cassa deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt.3, co.12 l. n.335/95, anche in relazione al suo art.1, co.17 e 18, 1, co.763 l. n.296/06 interpretato autenticamente dall’ art.1, co.488, l. n.147/03, per avere la Corte ritenuto che vi fosse violazione del principio del pro rata in caso di applicazione del Regolamento della Cassa. Viene
prospettata, in caso contrario, questione di legittimità costituzionale dell’art.3, co.12 l. n.335/95 per violazione degli artt.3 e 38 Cost.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce violazione e/o falsa applicazion e dell’art.2948 n.4 c.c. per avere la Corte negato la prescrizione quinquennale disposta da tale norma.
Il primo motivo è inammissibile ex art.360-bis, n.1 c.p.c. alla luce del costante orientamento giurisprudenziale espresso da questa Corte sulla materia e non contenendo né il ricorso, né la memoria depositata in seguito alla richiesta di decisione, argomenti tali da determinare un mutamento di indirizzo.
In particolare, va qui ribadito quanto già espresso da questa Corte in varie pronunce in materia di prestazioni pensionistiche erogate dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, ovvero che per i trattamenti maturati prima del 1° gennaio 2007 il parametro di riferimento è costituito dal regime originario dell’art. 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e non trovano applicazione le modifiche in peius per gli assicurati, introdotte da atti e provvedimenti adottati dagli enti prima dell’attenuazione del principio del pro rata per effetto della riformulazione disposta dall’art. 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come interpretata dall’art. 1, comma 488, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Cass., Sez.Un., n.17742/2015, Cass.31454/2021, Cass.23577/24, Cass. 2687/2025).
Né può prospettarsi alcuna violazione degli artt.3 e 38 Cost., poiché: per un verso, rientra nella discrezionalità del legislatore prevedere l’applicazione del sistema del pro rata al trattamento pensionistico, e quindi stabilire che un certo periodo del rapporto previdenziale sia regolato dalla pregressa disciplina e che il successivo periodo sia invece assoggettato alla nuova disciplina contributiva, senza che l’autonomia dell’ent e di categoria possa incidere su tale distinguo . Per altro verso, non viene impedito alla Cassa di realizzare interventi a tutela dell’equilibrio finanziario di lungo periodo, poiché questo è possibile a partire dalla novella operata con l’art.1, co.763 l. n.296/06, mentre nel caso di specie si vorrebbero estendere in via retroattiva tali meccanismi di contenimento della spesa previdenziale.
Il secondo motivo è parimenti inammissibile ex art.360bis, n.1 c.p.c.
Come ritenuto dalla Corte d’appello, nel caso di specie è in contestazione l’ammontare del trattamento pensionistico, liquidato in misura inferiore a quella dovuta. Secondo costante orientamento di legittimità (v. ad es. Cass.31527/2022, Cass.4362/2023, Cass.24667/2024) la prescrizione quinquennale prevista dall’art.2948, n. 4, c.c. -così come dall’art.129 del r. d. l. n. 1827 del 1935 – richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato, sicché, ove sia in contestazione l’ammontare del trattamento pensionistico (cioè con o senza applicazione del contributo di solidarietà), il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c.
Né varrebbe in contrario richiamare l’art.47 -bis d.P.R. n.639/70. T ale norma riguarda l’ipotesi di riliquidazione della pensione, mentre il caso di specie concerne l’indebita trattenuta derivante dall’applicazione di una misura patrimoniale illegittima, che non condivide con il rateo pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della pensione in sé considerata (Cass.4604/23).
Al l’inammissibilità del ricorso non segue la condanna alle spese, essendo tardivo il deposito del controricorso, avvenuto in data 9.9.24, mentre il ricorso fu notificato in data 26.6.24.
Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta non accettata, ai sensi dell’art.380 bis, ult. co., c.p.c. deve applicarsi l’art.96, co.4 c.p.c. contenendo l’art.380 bis, ult. co. c.p.c. una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte a Sezioni Unite (Cass. Sez.Un. 27195 e 27433 del 2023, Cass.27947/2023).
Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma equitativamente determinata in euro 2500 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente a pagare euro 2.500 in favore della Cassa delle Ammende; ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, attesa l’inammissibilità , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
previsto, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, all’adunanza camerale del 25.3.25