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Principio precauzione ambientale: stop a impianto idro

Una società energetica si è vista negare l’autorizzazione per un impianto idroelettrico a causa di rischi ambientali. La Corte di Cassazione ha confermato il diniego, stabilendo che il principio di precauzione ambientale e la tutela dei corsi d’acqua prevalgono, specialmente quando non vengono proposte alternative progettuali idonee a scongiurare il rischio di deterioramento. La decisione sottolinea la legittimità del provvedimento amministrativo basato su criticità idrogeologiche concrete e non su mere supposizioni.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

Principio di Precauzione Ambientale: la Cassazione Conferma lo Stop a un Impianto Idroelettrico

L’ordinanza in esame affronta un tema cruciale: il bilanciamento tra lo sviluppo di energie rinnovabili e la tutela dell’ambiente. La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha chiarito che il principio di precauzione ambientale può legittimamente condurre al diniego di autorizzazione per un nuovo impianto idroelettrico, qualora sussistano concreti rischi per l’ecosistema, in particolare per i corsi d’acqua. Questa decisione riafferma la preminenza della salvaguardia ambientale di fronte a interessi economici, anche se legati alla transizione energetica.

I fatti del caso: la richiesta di autorizzazione e il diniego

Una società energetica aveva presentato un progetto per la costruzione e gestione di una centrale idroelettrica su un torrente montano. Il progetto prevedeva l’attivazione di una procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). Il Comitato regionale competente, tuttavia, ha espresso parere negativo. Le ragioni del diniego erano molteplici e ben circostanziate: le opere si sarebbero collocate in un’area franosa, con un rischio idrogeologico classificato come ‘alto’. Inoltre, l’area di intervento ospitava biotopi fondamentali per la conservazione di ecosistemi preziosi, e la società non aveva adeguatamente valutato gli effetti delle opere su di essi. Infine, l’analisi idrologica del torrente era incompleta e l’impianto risultava incompatibile con il buon regime delle acque. Sulla base di questi pareri, l’amministrazione ha emesso un diniego definitivo di VIA.
La società ha impugnato tali atti davanti al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, che ha però rigettato il ricorso. La questione è così giunta all’esame della Corte di Cassazione.

Il ricorso in Cassazione e il principio di precauzione ambientale

La società ricorrente ha articolato diversi motivi di ricorso, cercando di smontare le basi del diniego. La Corte, tuttavia, ha respinto il ricorso principale, ritenendo corretta la decisione del Tribunale inferiore e legittimo l’operato della Pubblica Amministrazione. Il fulcro della decisione risiede nell’applicazione del principio di precauzione ambientale. I giudici hanno sottolineato come questo principio giustifichi l’adozione di misure restrittive, anche in assenza di una certezza scientifica assoluta sul danno, quando esiste un rischio plausibile di effetti negativi sull’ambiente. Nel caso di specie, le ‘ravvisate criticità idrogeologiche del sito’ non erano mere supposizioni, ma elementi concreti emersi dall’istruttoria, che rendevano prevalente l’esigenza di tutela ambientale.

L’applicazione del principio di non deterioramento

Strettamente connesso al principio di precauzione è il ‘principio di non deterioramento’, sancito dalla normativa europea (Direttiva 2000/60/CE) e recepito nell’ordinamento italiano. Questo principio impone agli Stati di adottare tutte le misure necessarie per impedire il peggioramento dello stato di qualità di tutti i corpi idrici superficiali. La Corte ha chiarito che l’obbligo di impedire il deterioramento è vincolante e si applica a ogni progetto che possa avere un impatto negativo su un corso d’acqua. Sebbene la normativa preveda delle deroghe, queste sono ammesse solo a condizioni molto precise e devono essere esplicitamente contemplate nei piani di gestione dei bacini idrografici. Nel caso in esame, il piano di gestione non prevedeva alcuna deroga per il torrente interessato dal progetto; di conseguenza, il principio di non deterioramento non poteva essere disatteso e l’intervento non poteva essere autorizzato.

La discrezionalità della Pubblica Amministrazione

La Corte ha inoltre ribadito l’ampia discrezionalità che la legge conferisce alla Pubblica Amministrazione nel formulare il giudizio di compatibilità ambientale. Tale valutazione non è un mero atto tecnico, ma un provvedimento di indirizzo politico-amministrativo che implica un complesso bilanciamento tra interessi pubblici e privati contrapposti. In questo contesto, la scelta di far prevalere la tutela della qualità delle acque e la prevenzione del rischio idrogeologico rispetto all’interesse economico della società è stata ritenuta pienamente conforme alla legge.

Le motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte di Cassazione si fondano su una solida interpretazione della normativa nazionale ed europea in materia ambientale. I giudici hanno stabilito che il diniego dell’autorizzazione era legittimo perché basato su criticità ambientali concrete, come il rischio idrogeologico e la fragilità dell’ecosistema locale. La Corte ha specificato che il principio di precauzione non si basa su ‘semplici supposizioni’, ma su rischi scientificamente plausibili, anche se non certi. Inoltre, il principio di non deterioramento dei corpi idrici rappresenta un vincolo primario che non può essere eluso, a meno di deroghe specifiche e motivate, assenti in questo caso. La Corte ha anche respinto le argomentazioni della società ricorrente relative a presunti vizi procedurali, confermando che l’amministrazione aveva utilizzato una metodologia di valutazione del rischio scientificamente valida e adeguata al contesto. L’assenza di proposte alternative da parte della società, capaci di mitigare l’impatto ambientale negativo, ha ulteriormente rafforzato la legittimità del diniego.

Conclusioni

L’ordinanza rappresenta un importante punto fermo nella giurisprudenza ambientale. Essa chiarisce che la transizione verso le energie rinnovabili, pur essendo un obiettivo primario, non può avvenire a discapito della tutela dell’ambiente e della sicurezza del territorio. Il principio di precauzione ambientale e il principio di non deterioramento dei corpi idrici costituiscono pilastri fondamentali che guidano la discrezionalità della Pubblica Amministrazione. Le imprese che intendono sviluppare progetti in settori sensibili devono quindi condurre analisi di impatto estremamente rigorose e, soprattutto, essere pronte a proporre soluzioni progettuali alternative in grado di eliminare o ridurre significativamente i rischi per l’ecosistema, dimostrando proattivamente la sostenibilità del proprio intervento.

Può la Pubblica Amministrazione negare l’autorizzazione a un impianto per energie rinnovabili sulla base del principio di precauzione ambientale?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’adozione di provvedimenti che reputano prevalente il principio di precauzione a tutela della qualità delle acque, rispetto al sostegno alle energie rinnovabili, è conforme alla legge. Il diniego è legittimo se basato su criticità concrete e rischi scientificamente plausibili, anche se non certi, di danno all’ambiente.

Il principio di non deterioramento dei corpi idrici è assoluto o ammette eccezioni?
Il principio è vincolante, ma non assoluto. La normativa nazionale ed europea ammette deroghe in presenza di precise condizioni, come nel caso di ‘nuove attività sostenibili di sviluppo umano’. Tuttavia, tali deroghe devono essere specificamente previste e motivate nei piani di gestione del bacino idrografico. In assenza di una deroga esplicita, il principio deve essere integralmente rispettato.

È sufficiente che un progetto sia potenzialmente dannoso per l’ambiente per negare l’autorizzazione?
No, il diniego non può basarsi su mere supposizioni. La Corte ha chiarito che la decisione deve fondarsi su ‘ravvisate criticità’, come in questo caso quelle idrogeologiche del sito. L’amministrazione deve esercitare un’ampia discrezionalità nel bilanciare gli interessi, ma la sua valutazione deve partire da elementi concreti emersi durante l’istruttoria che evidenzino un rischio effettivo di un ‘effetto dannoso per l’ambiente’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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