Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 17048 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 17048 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18402/2023 R.G. proposto da:
NOME COGNOME rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
PREFETTURA UTG DI MESSINA, COMUNE DI MESSINA;
-intimati – avverso la SENTENZA del TRIBUNALE DI MESSINA n. 241/2023, depositata il 03/02/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME NOME spiegava ricorso innanzi al Giudice di Pace di Messina ai sensi dell’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 avverso ordinanza-ingiunzione emessa nel febbraio 2007 dalla Prefettura di Messina per violazione al d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada) per l’importo di €. 55,00.
Con sentenza n. 458/08 il giudice adito accoglieva il ricorso e compensava le spese di lite tra le parti.
1.1. Avverso detta sentenza, proponevano appello al Tribunale di Messina NOME COGNOME e il di lei difensore, avv. NOME COGNOME e, con un unico motivo di censura avverso la statuizione sulle spese, deducevano la violazione del principio di soccombenza per avere il g iudice di prime cure disposto l’integrale compensazione delle spese di lite a fronte dell’integrale accoglimento del ricorso.
1.2. Il Tribunale, in accoglimento dell’appello, con sentenza n. 1593/2012, determinava le competenze per il primo grado in €. 5,00 per spese, €. 40,00 per diritti ed € 50,00 per onorari, liquidando invece per il giudizio di appello €. 10,00 per spese, €. 60,00 per diritti ed €. 70,00 per onorari, oltre IVA e CPA.
1.3. Avverso la predetta sentenza proponeva ricorso per Cassazione, per quanto ancora qui di interesse, NOME COGNOME NOME , denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ. e dell’art. 24 legge 13 giugno 1941, n. 794, nonché del d.m. 8 aprile 2004, n. 127, in relazione alla liquidazione delle spese processuali per entrambi i gradi di giudizio, lamentando la violazione del principio di inderogabilità dei minimi tariffari in relazione al valore della controversia.
1.3.1. Questa Corte, con sentenza n. 9996 del 20.04.2017, in accoglimento del ricorso proposto da NOME COGNOME COGNOME cassava la pronuncia impugnata con rinvio al Tribunale in diversa composizione per un nuovo esame, ribadendo il principio secondo cui il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l’accertamento
della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti e dalle tariffe (nella specie, quelle di cui al D.M. n. 127 del 2004), in relazione all’inderogabilità dei relativi minimi, a norma dell’art. 24 della legge n. 794 del 1942, operanti per tutte le liquidazioni giudiziali intervenute prima dell’entrata in vigore dei nuovi parametri di cui al D.M. n. 140 del 2012, ovvero per le prestazioni professionali non ancora completate a tale data (Cass. Sez. 3, 14/10/2015 n. 20604; Cass. Sez. L, 25/11/2011 n. 24890).
Rimetteva la determinazione delle spese di legittimità al giudice del rinvio.
1.4. NOME COGNOME NOME ha tempestivamente riassunto il giudizio di appello annullato nei confronti del Comune di Messina e della Prefettura di Messina innanzi al Tribunale di Messina.
Il giudice del rinvio, con sentenza n. 241/2023 qui impugnata, alla luce dei principi ribaditi da questa Corte, accoglieva l’istanza dell’attrice e, sulla base delle tariffe allegate al D.M. n. 12/2004, avuto riguardo all’attività concretamente espletata dal difensore, confermava gli importi dei diritti ed onorari indicati nella nota spese prodotta dal procuratore della COGNOME in sede di giudizio di appello, relativa alla liquidazione dei compensi spettanti per entrambi i gradi di giudizio di merito.
Quanto alle spese processuali relative al giudizio di legittimità ed al giudizio di rinvio, il Tribunale di Messina riteneva sussistere ragioni per compensarle integralmente tra le parti, «tenuto conto della natura dell’errore di diritto in cui è incorso il giudice del merito (vale a dire, l’omessa motivazione in ordine alla liquidazione dei compensi di lite al di sotto dei minimi tariffari, sulla quale non hanno inciso le posizioni processuali e le difese assunte dai convenuti), per emendare il quale l’odi erna attrice ha dovuto ricorrere al giudice di legittimità e, a seguito dell’annullamento con rinvio della delibazione viziata, riassumere il presente giudizio».
Avverso la suddetta pronuncia propone ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandolo ad un unico motivo illustrato da memoria.
Restano intimati il Comune di Messina e la Prefettura di Messina.
A séguito della proposta di definizione accelerata del Consigliere Delegato dal Presidente di Sezione, la ricorrente ha chiesto la decisione ex art. 380bis , comma 2, cod. proc. civ.
E’ opportuno precisare che, alla luce della decisione di questa Corte resa a Sezioni Unite (Cass. Sez. U., n. 9611 del 10.04.2024), e per le ragioni ivi chiarite, la partecipazione del Consigliere Delegato, proponente ex art. 380bis cod. proc. civ., come componente del Collegio che definisce il giudizio, non rileva quale ragione di incompatibilità, ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4 e dell’art. 52 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 91 cod. proc. civ. e del correlativo principio di soccombenza. Violazione e falsa applicazione dell’art. 92 cod. proc. civ. Motivazione radicalmente illogica ed erronea (e quindi sostanzialmente omessa o «apparente») per giustificare il regolamento di integrale compensazione delle spese processuali per il giudizio di legittimità conclusosi con sentenza n. 9996/2017 e per il giudizio di rinvio conclusosi con sentenza n. 241/2023 (art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, cod. proc. civ.). Il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui, ad onta dell’integrale accoglimento della domanda di riliquidazione delle spese processuali relative ai due precedenti gradi di merito (con conseguente condanna solidale dei convenuti al pagamento d ell’ulteriore somma di € 897,75 in favore della riassuntrice), ha disposto l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali dei giudizi di legittimità e di rinvio. Ciò in evidente violazione del principio di soccombenza, derogabile dal giudice, secondo quanto previsto dal comma 2 dell’art. 92 cod. proc. civ.
(applicabile ratione temporis al caso di specie in ragione della data di introduzione del giudizio di primo grado), per il solo caso di «soccombenza reciproca» -evidentemente non ricorrente nel caso di specie – o del concorso di «altri giusti motivi esplicitamente indicati nella motivazione». Né può considerarsi «giusto motivo» ai fini della compensazione integrale delle spese « la natura dell’errore di diritto in cui è incorso il giudice del merito… »: ché, asseverando tale ragionamento, si dovrebbero ritenere compensabili le spese di qualsiasi giudizio di impugnazione originato e giustificato da erronee valutazioni del giudice del grado precedente. Infine, a giudizio del ricorrente, ancor più pregnante è l’illogicità della motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui si dà espressamente atto della circostanza che, proprio per emendare l’errore commesso dal giudice d’appello, « …l’odierna attrice ha dovuto ricorrere al giudice di legittimità e, a seguito dell’annullamento con rinvio della delibazione viziata, riassumere il presente giudizio… »; salvo, però, addossare le spese processuali di due gradi di giudizio alla parte vittoriosa.
1.1. Il motivo merita accoglimento.
In tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse (per tutte: Cass. Sez. I, 4 agosto 2017, n. 19613 e, di recente, v. anche S.U. n. 32061/22).
1.2. Il potere discrezionale del giudice di merito attiene sia alla valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, sia di provvedere alla loro quantificazione.
Tuttavia, entrambe le articolazioni della suddetta discrezionalità incontrano limiti di legge (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 12697 del 09.05.2024).
1.2.1. Quanto alla quantificazione delle spese di lite, è sufficiente riportarsi alla pronuncia n. 9996/2017 sopra menzionata, e ai i principi di diritto ivi evocati.
1.2.2. Quanto all’opportunità di compensare (in tutto o in parte) le spese di lite: a séguito della modifica dell’art. 92, cod. proc. civ. di cui alla legge 10 novembre 2014, n. 162 (applicabile ratione temporis , essendo l’atto di citazione in riassunzione dell’ 11.04.2018) al di fuori dei casi di soccombenza reciproca il potere di compensazione è stato limitato dal legislatore a tassative e specifiche ipotesi; il che porta ad affermare, in difformità rispetto al passato, che il giudice non abbia più una discrezionalità illimitata al riguardo, ma che sia tenuto a dare rigorosa applicazione del precetto normativo, essendogli, quindi, preclusa la possibilità di compensare le spese di lite al di fuori delle ipotesi espressamente contemplate nell’art. 92 cod. proc. civ. Nè risulta incidere su tale conclusione la sopravvenuta dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 92 del codice di rito ad opera della Consulta con la sentenza n. 77 del 2018, la quale ne ha ravvisato la contrarietà ai principi della Costituzione nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni. In tal modo risulta di fatto ripristinata la vecchia formulazione dell’art. 92 cod. proc. civ. nella versione anteriore alla novella del 2014, in relazione alla quale può osservarsi che, rispetto alla ancora più risalente formulazione dell’art. 92 cod. proc. civ., il testo della norma è più rigoroso e consente la compensazione -anche con riferimento ai diversi gradi del giudizio – solo in presenza di soccombenza o nel concorso di «altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione» (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 18345 del 04/07/2024, Rv. 671770 -01; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 2487 del 2019).
1.3. Il Tribunale di Messina ha fatto malgoverno dei richiamati principi: atteso che non vi è dubbio dalla ricostruzione dell’intera vicenda che parte ricorrente sia totalmente vittoriosa in ogni grado di giudizio, neanche il Tribunale ha dato conto della ricorrenza di
altre «gravi ed eccezionali ragioni»: in motivazione, semmai, si dà conto del fatto che la vicenda processuale che ha indotto la COGNOME ad incardinare un giudizio di legittimità e un terzo giudizio di merito (in sede di rinvio) derivi dall’errore di diritto commesso dal giudice d’appello, laddove aveva liquidato i compensi del difensore al di sotto dei minimi tariffari, ignorando la nota spese senza fornire motivazione alcuna della scelta.
Tanto basta a rafforzare la posizione processuale della parte privata vittoriosa, e ad escludere totalmente ragioni che possano giustificare la compensazione delle spese di lite da essa sostenute per giustificare il regolamento di integrale compensazione delle spese processuali per il giudizio di legittimità (conclusosi con sentenza n. 9996/2017) e per il giudizio di rinvio (conclusosi con sentenza n. 241/2023).
In definitiva, il Collegio accoglie il ricorso.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ai sensi dell’art. 384, comma 2, c od. proc. civ., la causa può essere decisa nel merito, liquidando le spese processuali del primo giudizio di cassazione, del giudizio di rinvio e del presente giudizio come da dispositivo, da distrarsi in favore del difensore avvocato NOME COGNOME che ne ha fatto richiesta.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie l’unico motivo di ricorso e, decidendo nel merito, liquida le spese come segue:
per il precedente giudizio di cassazione: complessivi €. 757,23 per compensi , oltre a €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.;
per il giudizio di rinvio: complessivi € . 577,40, per onorari, oltre rimborso forfettario spese generali, I.V.A. e C.P.A.;
-per il presente giudizio: €. 1.800 per compensi, oltre a €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%; da distrarsi in favore del difensore dichiaratosi antistatario.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda