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Principio di soccombenza: la Cassazione sulle spese

Una lunga vicenda giudiziaria, nata da una multa di 55 euro, approda in Cassazione per una questione sul principio di soccombenza. La Corte ha stabilito che la parte totalmente vittoriosa non può essere condannata a pagare le spese legali, neanche in parte. L’errore di un giudice precedente non costituisce un valido motivo per compensare le spese, poiché ciò penalizzerebbe ingiustamente chi ha dovuto impugnare la decisione errata per veder riconosciuti i propri diritti.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Principio di Soccombenza: Chi Vince Paga? La Cassazione Fa Chiarezza

Il principio di soccombenza, sancito dall’art. 91 del codice di procedura civile, è una colonna portante del nostro sistema giudiziario: chi perde una causa, paga le spese legali della controparte. Tuttavia, la sua applicazione può generare complesse questioni giuridiche. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico, iniziato con una banale multa stradale e trasformatosi in una lunga battaglia legale proprio sulla ripartizione delle spese, offrendo chiarimenti fondamentali sui limiti alla discrezionalità del giudice in materia.

I Fatti di Causa: Dalla Multa alla Cassazione

Tutto ha inizio con un’ordinanza-ingiunzione di 55 euro emessa da una Prefettura per una violazione del Codice della Strada. Una cittadina decide di impugnare l’atto davanti al Giudice di Pace, che accoglie il ricorso e annulla la sanzione, ma decide di compensare integralmente le spese di lite tra le parti. In pratica, nonostante la vittoria, la ricorrente avrebbe dovuto pagare il proprio avvocato.

Insoddisfatta, la cittadina impugna la sentenza dinanzi al Tribunale proprio per la statuizione sulle spese. Il Tribunale, pur accogliendo l’appello, liquida compensi irrisori. La vicenda approda così per la prima volta in Cassazione, che accoglie il ricorso della cittadina, cassa la sentenza e rinvia la causa al Tribunale per una nuova valutazione, ribadendo che il giudice non può liquidare compensi inferiori ai minimi tariffari senza una motivazione adeguata.

Nel successivo giudizio di rinvio, il Tribunale adegua i compensi per i primi due gradi di giudizio, ma commette un nuovo errore: compensa integralmente le spese relative al giudizio di Cassazione e a quello di rinvio. La ragione? L’intera vicenda era scaturita da un errore del primo giudice. Questa decisione spinge la cittadina a ricorrere nuovamente in Cassazione, dando origine alla pronuncia in esame.

Il Principio di Soccombenza e i Limiti del Giudice

La ricorrente lamenta la violazione degli articoli 91 e 92 del codice di procedura civile. Sostiene che, avendo vinto su tutta la linea, non avrebbe dovuto sostenere alcun costo processuale. Compensare le spese del giudizio di legittimità e di rinvio, necessari a correggere un errore giudiziario, equivale a una violazione palese del principio di soccombenza.

La deroga al principio di soccombenza

L’art. 92 c.p.c. permette al giudice di derogare alla regola generale della soccombenza e compensare le spese in due casi principali:
1. Soccombenza reciproca: quando entrambe le parti risultano parzialmente vincitrici e parzialmente sconfitte.
2. Gravi ed eccezionali ragioni: circostanze particolari del caso che devono essere esplicitamente indicate e motivate dal giudice.
Nel caso di specie, non vi era soccombenza reciproca, in quanto la ricorrente era risultata totalmente vittoriosa.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, ritenendo la motivazione del Tribunale “radicalmente illogica ed erronea”. Gli Ermellini chiariscono che la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, neanche per una minima quota, al pagamento delle spese. Il potere discrezionale del giudice di compensare le spese non è assoluto, ma incontra precisi limiti di legge.

Il punto centrale della decisione è che “la natura dell’errore di diritto in cui è incorso il giudice del merito” non può mai costituire una “grave ed eccezionale ragione” per compensare le spese. Se così fosse, si creerebbe un paradosso: le spese di ogni impugnazione, nata per correggere un errore del giudice precedente, dovrebbero essere compensate. Questo, secondo la Corte, è inammissibile.

Anzi, il fatto che la cittadina sia stata costretta a ricorrere prima in Cassazione e poi a riassumere il giudizio di rinvio proprio a causa dell’errore di un altro giudice, non fa che rafforzare la sua posizione di parte vittoriosa. Addossarle i costi di questi giudizi sarebbe una palese ingiustizia. Pertanto, la Corte ha cassato la sentenza e, decidendo nel merito, ha liquidato le spese di tutti i gradi di giudizio a favore della ricorrente.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma con forza un principio fondamentale: la vittoria in un processo deve essere piena e non può essere svuotata dall’obbligo di sostenere i costi per far valere le proprie ragioni. La discrezionalità del giudice nella compensazione delle spese non può trasformarsi in arbitrio, né può essere usata per penalizzare la parte che ha dovuto attivare ulteriori gradi di giudizio per rimediare a un errore del sistema giudiziario stesso. La decisione rappresenta un importante monito a garanzia del diritto di difesa e del principio secondo cui chi ha ragione non deve essere gravato da oneri economici ingiusti.

Se vinco una causa, il giudice può decidere di non far pagare le mie spese legali alla parte che ha perso?
No, di regola la parte che vince interamente la causa non può essere condannata al pagamento delle spese, neanche in minima parte. Il principio generale è quello della soccombenza, secondo cui chi perde paga.

In quali casi il giudice può compensare le spese legali tra le parti?
Il giudice può compensare le spese solo in casi specifici previsti dalla legge, come la “soccombenza reciproca” (quando entrambe le parti vincono e perdono su alcuni punti) o in presenza di “altre gravi ed eccezionali ragioni”, che devono essere esplicitamente indicate e motivate nella sentenza.

L’errore di un giudice in un grado di giudizio precedente è una ragione valida per compensare le spese del processo di appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’errore di diritto commesso da un giudice precedente non costituisce un “giusto motivo” per compensare le spese. Al contrario, il fatto che una parte debba ricorrere in appello per correggere tale errore rafforza il suo diritto al rimborso integrale delle spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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