Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31303 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31303 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8630/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOMECOGNOME
-ricorrente-
contro
TERMINE NOME
-intimato-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 1256/2019 pubblicata l’11/09/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/11/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza n.1256/2019 pubblicata l’11 settembre 2019, ha rigettato il gravame proposto dall’RAGIONE_SOCIALE nella controversia con NOME COGNOME
La controversia ha per oggetto il riconoscimento della indennità DISCOLL, come prevista dall’art.15 del d.lgs. n. 22/2015 ad un lavoratore a progetto nel caso di mancato versamento di alcuni contributi previdenziali da parte del committente.
Il Tribunale di Monza accoglieva le domande proposte dal Termine.
La Corte territoriale ha richiamato i propri precedenti conformi ed ha ritenuto applicabile il principio di automaticità delle prestazioni ex art.2116 cod. civ. anche per le prestazioni a beneficio dei lavoratori parasubordinati, sussistendo la medesima ratio.
Per la cassazione della sentenza ricorre l’RAGIONE_SOCIALE con ricorso affidato ad un unico motivo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il motivo unico il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione del combinato disposto degli artt.2 commi da 26 a 37 della legge n.335/1995, dell’art.59 comma 16 della legge n.449/1997, del D.M. 04/04/2002, n.23484, della legge n.296/2006, del D.M. 12/07/2007, n.28507 e dell’art.15 del d.lgs. n.22/2015, in relazione all’art.2116 cod. civ., con riferimento all’art.2116 cod. civ. 2. Sostiene l’Istituto ricorrente che il principio di automaticità delle prestazioni, come previsto dall’art.2116 cod. civ., è applicabile in via generale per i lavoratori subordinati e non opera, salvo disposizioni di legge in senso diverso, per i lavoratori autonomi. Deduce la natura
autonoma delle prestazioni svolte da ll’ assicurato iscritto alla gestione separata, e la mancanza di una previsione legislativa espressa diretta a riconoscere il principio di automaticità delle prestazioni. Deduce che dal combinato disposto delle disposizioni richiamate nel motivo di ricorso risulta il diverso principio della effettività della contribuzione quale requisito di accesso per le prestazioni a favore degli iscritti alla gestione separata.
3. Il motivo è fondato. Si intende dare continuità al consolidato orientamento di questa Corte, che viene qui richiamato anche ai sensi e per gli effetti di cui all’art.118 disp. att. cod. proc. civ., nei termini che seguono: «questa Corte di legittimità ha da tempo chiarito che il principio generale dell’automatismo delle prestazioni previdenziali, in forza del quale queste ultime spettano al lavoratore anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati, mentre costituisce regola generale di tutte le forme di previdenza ed assistenza obbligatorie per i lavoratori dipendenti a prescindere da qualsiasi richiamo esplicito della relativa disciplina, essendo semmai necessaria, giusta l’insegnamento di Corte cost. n. 374 del 1997, una disposizione esplicita per derogarvi, non trova invece applicazione, in difetto di specifiche disposizioni di legge o di una legittima fonte secondaria in senso contrario, nel rapporto tra lavoratore autonomo ed ente previdenziale, in cui invece il mancato versamento dei contributi obbligatori impedisce di regola la stessa costituzione del rapporto previdenziale e comunque la maturazione del diritto alle prestazioni, e ha precisato che tale esclusione non può essere ritenuta irragionevole, dal momento che nel rapporto tra lavoratore autonomo ed ente previdenziale l’obbligazione contributiva grava sullo stesso lavoratore al quale compete il diritto alle prestazioni, il quale, coerentemente, non può che subire le conseguenze pregiudizievoli del proprio inadempimento (così espressamente Cass. nn. 18830 del 2004, 6340 del 2005, 23164 del 2007). Tale principio va ribadito anche nell’ipotesi, che qui occorre,
in cui il lavoratore autonomo sia titolare di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa in forza del quale sia iscritto alla Gestione separata INPS, di cui all’art. 2, commi 26 ss., I. n. 335/1995. Come questa Corte ha da tempo precisato (si vedano in tal senso Cass. nn. 3051 del 1968, 2079 del 1971, 4083 del 1976, 4603 del 1993, 3273 del 1998 e numerosissime successive conformi), nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato il lavoratore è affatto estraneo al rapporto contributivo, che si costituisce esclusivamente tra il datore di lavoro e l’ente previdenziale: lo si desume dall’art. 2115 comma 2° c.c., il quale (con precetto testualmente ribadito dall’art. 19, comma 1°, I. n. 218/1952), stabilisce che «l’imprenditore è responsabile del versamento del contributo, anche per la parte a carico del prestatore di lavoro, salvo il diritto di rivalsa secondo le leggi speciali» e ne è prova non solo il fatto che il lavoratore non ha alcuna azione nei confronti dell’ente previdenziale per la restituzione di contributi che siano stati indebitamente versati dal datore di lavoro, legittimato attivo della quale è solo quest’ultimo, anche per la parte imputabile al lavoratore (così specialmente Cass. n. 12993 del 1993), ma altresì che la stessa rivalsa operata dal datore di lavoro nei suoi confronti non costituisce adempimento pro quota dell’obbligazione contributiva verso l’ente previdenziale, ma semplice potestà accordata dalla legge nell’ambito del rapporto di lavoro, che non priva le somme trattenute della loro natura strettamente retributiva (così Cass. nn. 12855 del 1995, 13936 del 2002). Affatto diversa è, invece, la disciplina dettata dall’art. 2, commi 26 ss., l. n. 335/1995, per i lavoratori autonomi titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa: per costoro, infatti, l’art. 2, l. n. 335/1995, oltre a prevedere l’obbligo personale di iscrizione alla Gestione separata (comma 26) e a stabilire che «hanno diritto all’accreditamento di tutti i contributi mensili relativi a ciascun anno solare cui si riferisce il versamento i soggetti che abbiano corrisposto
un contributo di importo non inferiore a quello calcolato sul minimale di reddito stabilito dall’articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233, e successive modificazioni ed integrazioni» (comma 29), demanda ad un decreto ministeriale di definire «le modalità ed i termini per il versamento del contributo» e di prevedere, «ove coerente con la natura dell’attività soggetta al contributo, il riparto del medesimo nella misura di un terzo a carico dell’iscritto e di due terzi a carico del committente dell’attività espletata ai sensi del comma 26» (comma 30). Il che equivale a dire che gli iscritti alla Gestione separata restano personalmente obbligati al pagamento del contributo, quanto meno nella misura di un terzo della sua misura complessiva, e che la previsione legale configura piuttosto un accollo privativo ex lege limitatamente a quella parte di contributo posta a carico del committente, rispetto alla quale non è dato all’ente previdenziale di agire se non nei confronti di quest’ultimo. Vero è che l’art. 1, d.m. n. 281/1996, emanato in attuazione della delega dianzi cit., ha previsto che il versamento alla Gestione separata del contributo dovuto sulle collaborazioni coordinate e continuative sia effettuato dai committenti (comma 1), ribadendo al contempo che esso è posto per un terzo a carico dell’iscritto alla gestione previdenziale e per due terzi a carico del soggetto che eroga il compenso (comma 2). Ma dal momento che la disciplina regolamentare non può derogare alla previsione di legge (art. 4 comma 1° prel. c.c.) e quest’ultima, come detto, abilita il regolamento esclusivamente a individuare «le modalità ed i termini per il versamento del contributo stesso, prevedendo, ove coerente con la natura dell’attività soggetta al contributo, il riparto del medesimo nella misura di un terzo a carico dell’iscritto e di due terzi a carico del committente», la disposizione regolamentare va interpretata come recante una mera delegazione legale di pagamento con effetto liberatorio per il collaboratore per la quota di contributo rimasta a suo carico, che non può certo comportare,
rispetto al rapporto contributivo, alcuna equiparazione della sua situazione a quella del lavoratore subordinato: si tratta, infatti, di una semplificazione delle modalità di riscossione del contributo che nulla immuta rispetto ai soggetti che debbono ritenersi titolari del lato passivo dell’obbligazione contributiva. Così ricostruita la fattispecie, balza evidente la sua estraneità ai presupposti per l’operatività del principio di automaticità delle prestazioni, di cui all’art. 2116 comma 10 c.c.- Come espressamente affermato da Cass. n. 4603 del 1993, cit., sulla scorta della Relazione di accompagnamento al codice civile, il problema di impedire che il rapporto previdenziale del lavoratore resti vulnerato «per il fatto dell’imprenditore» sorge quando costui sia l’«unico debitore dei contributi» e «non li abbia versati regolarmente alle istituzioni di previdenza e assistenza», giacché, essendo costui l’unico soggetto passivo dell’obbligazione contributiva, giammai potrebbe configurarsi la possibilità per il lavoratore di pagarli in vece sua (così, da ult., Cass. n. 3491 del 2014); ma nessun problema del genere può darsi allorché l’obbligazione contributiva sia posta pro quota a carico anche del prestatore, indipendentemente dalle modalità previste per il suo pagamento, trattandosi piuttosto, in fattispecie simili, di individuare, in armonia con la caratteristica indivisibilità dell’obbligazione contributiva (già riconosciuta da risalente giurisprudenza di questa Corte e specificamente ribadita da Cass. n. 8982 del 1995), uno strumento giuridico che consenta al prestatore iscritto alla Gestione separata di rinunciare all’effetto liberatorio dell’accollo ex lege di quella parte del contributo in capo al committente che sia rimasto inadempiente (…) Pertanto, consi derato che l’art. 2, comma 29, I. n. 335/1995, nel prevedere che hanno diritto all’accreditamento dei contributi soltanto gli iscritti che abbiano versato un contributo pari al minimale di reddito, esclude chiaramente i lavoratori iscritti alla Gestione separata dal principio di automaticità delle prestazioni (coerentemente, peraltro, con
quanto disposto dall’art. 59, comma 19, I. n. 449/1997, in materia di tutela antinfortunistica dei lavoratori autonomi), e che l’operatività «di tale principio non può essere argomentata nemmeno per tramite dell’estensione nei loro confronti dell’art. 2116 c.c., difettandone in radice i presupposti operativi, deve conclusivamente ritenersi che anche per i soggetti titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla Gestione separata INPS il rapporto contributivo e previdenziale si atteggi, con le precisazioni dianzi esposte, come quello degli altri lavoratori autonomi iscritti alla medesima Gestione, con conseguente inapplicabilità del principio di automaticità delle prestazioni.» (Cass. 30/04/2021, nn.11430 e 11431; id., 04/05/2022, n.24753).
La corte territoriale non si è attenuta al principio sopra richiamato e per questi motivi il ricorso deve essere accolto, con la integrale cassazione della sentenza impugnata.
Sussistono tutti i presupposti per la decisione della causa nel merito, ex art.384 comma secondo cod. proc. civ., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto. Per l’effetto le domande proposte da NOME COGNOME devono essere rigettate.
La formazione del principio di diritto dopo il deposito del ricorso per cassazione giustifica la compensazione delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta le domande originariamente proposte da NOME COGNOME Compensa le spese dell’intero processo .
Così deciso in Roma, il 15/11/2024.