Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33173 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33173 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 29808-2020 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (STUDIO LEGALE LUPONIO), rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 235/2019 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 03/03/2020 R.G.N. 62/2019;
Oggetto
R.G.N. 29808/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 27/09/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/09/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Il ricorrente, già dipendente dello stabilimento RAGIONE_SOCIALE di Ferrandina , impugna la sentenza della Corte d’appello di Potenza che, in riforma della sentenza del Tribunale di Matera, ha respinto l’azionata domanda volta al riconoscimento del diritto alla rivalutazione contributiva ex lege 257/92 per l’esposizione all’amianto s ubita nel periodo lavorativo, ritenendolo prescritto a decorrere dalla data di pensionamento del l’agosto 1999 anziché, come affermato dal giudice di primo grado, dal momento in cui il pensionato presentò domanda all’INAIL per l’accertamento della propria esposizione, il 28/7/2015; in primo grado era stato così riconosciuto il diritto alla rivalutazione contributiva per il periodo dal 1963 al 1992 a fronte di una domanda amministrativa ad INPS dell’11/11/2015 .
In particolare, il giudice di appello ha ritenuto che il diritto al beneficio di cui all’art. 13 della legge n. 257 del 1992, dotato di specifica autonomia, sorge per effetto dell’ ultradecennale esposizione qualificata all’amianto e può essere fatto valere con domanda amministrativa da quando tale condizione si è verificata, il che può avvenire anche in costanza di rapporto di lavoro sulla base di circostanze concrete da esaminare in giudizio, ovvero con istanza all’INAIL per la certificazione di esposiz ione all’amianto, circostanza rivelatrice della consapevolezza, ma al massimo entro la data del pensionamento, allorché l’esposizione morbigena cessa , aggiungendo che tale momento rappresenta la data ultima a partire dalla quale il diritto può essere fatto valere nei limiti della prescrizione decennale. Conseguentemente, la domanda
all’INPS era stata inoltrata quando il termine decennale di prescrizione era oramai decorso.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso COGNOME NOME, affidato a due motivi di violazione di legge.
L’INPS , rimasta intimata, non ha depositato controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo, è dedotta, ai sensi dell’art. 360, co.1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2834-2935 c.c. per avere la sentenza gravata tratto conseguenze giuridiche non giustificate dalla esatta interpretazione della normativa in tema di prescrizione ed in particolare per aver fissato la decorrenza della prescrizione alla data di cessazione della esposizione all’amianto, senza verificare la sussistenza della consapevolezza. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, co.1 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. per avere la Corte di merito applicato erroneamente le norme in materia di presunzioni legali e, in mancanza di presunzioni gravi, precise e concordanti, per avere erroneamente desunto dal fatto noto del pensionamento il fatto ignoto della consapevolezza dell’esposizione ad amianto.
I motivi di ricorso sono entrambi fondati e possono essere trattati congiuntamente per evidente connessione logica.
La ratio decidendi della pronuncia impugnata si incentra sull’esclusivo rilievo che il dies a quo della prescrizione debba essere individuato nella data del pensionamento, affermando che, poiché elemento costitutivo del diritto è l’esposizione qualificata ad amianto per oltre un decennio, « è evidente che il diritto non possa perfezionarsi -e, dunque essere esercitato per
la prima volta- successivamente al collocamento in quiescenza del lavoratore, quando per forza di cose l’esposizione all’agente morbigeno viene a cessare », altresì aggiungendo (si veda al punto 9 dei motivi della decisione) che « è giocoforza, dunque, che il diritto ai benefici contributivi per esposizione all’amianto si perfezioni al massimo entro la data del pensionamento, che rappresenta, così, la data ultima a partire dalla quale il diritto stesso può essere fatto valere nei limiti della prescrizione decennale ». La successione delle due argomentazioni consentirebbe di opinare che la coincidenza cronologica dei due momenti (cessazione del rapporto e cessazione dell ‘ esposizione ad amianto) diventi, dunque, anche ragione giustificativa della possibile insorgenza della conoscenza (quasi a dire che prima della cessazione del rapporto di lavoro il lavoratore non sia stato consapevole della sua esposizione al rischio morbigeno o che, al più tardi, a quel momento di fuoriuscita dal contesto aziendale possa essere sorta la conoscenza di una situazione di fatto che sostenga l’esercizio dell’inv ocato diritto); né si potrebbe ragionevolmente affermare che il lavoratore sia stato consapevole della esposizione ad amianto per il solo fatto di esservi stato esposto (sul punto, cfr. Cass. 18254/2019). Inoltre, alcun argomento logico o storico è stato offerto per comp rendere la mancanza di consapevolezza dell’esposizione dalla cessazione del rapporto fino alla data del pensionamento, o quale sia la ragione giustificativa dell’ancoraggio della consapevole esposizione al solo momento del pensionamento e non ad epoca successiva, salvo che per la rilevanza della domanda di certificazione all’INAIL (che, nel caso di specie, risulterebbe essere stata presentata il 28/7/2015).
L a rappresentazione di un’automatica conseguenzialità cronologica e causale non è confortata da elementi probatori (di
natura tecnica o documentale) o da sviluppi logici idonei ad escludere ipotesi ricostruttive alternative; e non si tratta di un aspetto irrilevante perché dalla individuazione di un momento storico che attesti la consapevole esposizione qualificata decorre il termine di prescrizione dell’invocata prestazione ex art. 2935 c.c., decorrente dal momento in cui il diritto può essere fatto valere. L’indagine sulla consapevolezza della possibilità di esercitare un diritto presuppone l’esistenza degli elementi costitutivi di esso, ma non coincide automaticamente né si sovrappone al loro mero oggettivo avveramento, indipendentemente dalla vigenza del rapporto di lavoro, dalla sua cessazione e dal pensionamento, fatti astrattamente inidonei ad integrare i rilievi presuntivi di conoscenza del fatto ignoto (la consapevolezza della esposizione qualificata).
Su tale tema, poi, si osserva che la prescrittibilità del diritto alla rivalutazione discende dalle caratteristiche del beneficio che si atteggia come un diritto autonomo rispetto al diritto a pensione (solo questo primario ed intangibile, rammenta la sentenza Cass., sez. un., 9219/2003) e « sorge in conseguenza del ‘fatto’ della esposizione ad amianto e determina una maggiorazione pensionistica avente in un certo qual modo natura risarcitoria » (Cass. n.2856/2017). In sostanza, la censura denunciata comporta la rivalutazione della sua decorrenza.
Si rammentino, inoltre, le numerose pronunce della Corte sorrette dal medesimo percorso argomentativo, a cui si intende dare continuità. Come già evidenziato in casi sovrapponibili a quello in esame (cfr. ord. nn. 22598/24, 22588/24, 10225/24, 36351/22, 30163/22), la statuizione incorre negli errores denunciati, che attengono alla violazione e alla falsa applicazione della regola di diritto vigente in tema di
prescrizione. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte il diritto alla rivalutazione contributiva, di cui all’art. 13, co.8, L. n.257/1992, autonomo rispetto al diritto a pensione, è assoggettato a prescrizione decennale, « con decorrenza dal momento in cui l’interessato abbia avuto conoscenza o potesse avere conoscenza del fatto di essere stato esposto oltre soglia ad amianto, durante le proprie lavorazioni » (Cass. 26935/2018 ed anche Cass. n. 2856/2017 e n.2351/2015). Nella fattispecie tipizzata dalla legge, la consapevolezza o la conoscibilità si palesano, perciò, indispensabili al fine di individuare il termine di decorrenza della prescrizione del diritto vantato (cfr. Cass. n.25779/2023) e devono essere positivamente e puntualmente accertate.
Per tutto quanto innanzi, ha errato, pertanto, la Corte territoriale nell’identificare recisamente il dies a quo della prescrizione nella data del pensionamento, profilo di per sé sprovvisto di valenza significativa ai fini della rigorosa verifica imposta dalla legge in ordine al bagaglio cognitivo dell’interessato. Come traspare dal menzionato brano dell’impugnata sentenza , la pronuncia costruisce un processo di automatica inferenza logica, senza alcuna valutazione in concreto di quella consapevolezza o di quella conoscibilità che configurano presupposti imprescindibili della fattispecie delineata dalla legge (si vedano tutte le pronunce richiamate in ord. 7446/2024, già del 2022 -n.36561, 36102, 30172, 30163). Né, per come innanzi visto, sull’elemento della consapevolezza o della conoscibilità, forniscono utili elementi di valutazione i richiami al dato puro e semplice della cessazione del rapporto lavorativo.
La Corte territoriale non si è attenuta ai suddetti principi ed ha fatto coincidere il dies a quo di decorrenza della prescrizione con la data del pensionamento, senza svolgere i necessari accertamenti per individuare il momento in cui l’attuale ricorrente avesse o potesse avere acquisito consapevolezza della avvenuta esposizione (nello stesso senso cfr. anche Cass. 23/02/2024 n.4898). Né dalla controparte, rimasta intimata, sono stati formulati rilievi critici che inducano a rimeditare l’orientamento di legittimità espresso.
Ne consegue, dando continuità ai principi di diritto enunciati da questa Corte in controversie analoghe, che la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio per un nuovo esame alla medesima Corte d’appello, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Potenza in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 27 settembre 2024.