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Prescrizione indebito previdenziale: il dolo sospende

La Cassazione conferma che la mancata comunicazione di un nuovo lavoro all’estero, mentre si percepisce la CIGS, integra il dolo che sospende la prescrizione dell’indebito previdenziale. L’omissione prolungata rende difficile per l’ente accertare il debito, giustificando la sospensione dei termini.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Prescrizione Indebito Previdenziale: Quando il Silenzio del Lavoratore Sospende i Termini

La gestione della prescrizione dell’indebito previdenziale rappresenta un tema cruciale nel diritto del lavoro, specialmente quando emergono comportamenti omissivi da parte del beneficiario delle prestazioni. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico, chiarendo come il doloso occultamento di informazioni rilevanti da parte del lavoratore possa sospendere il decorso della prescrizione, consentendo all’ente previdenziale di recuperare le somme indebitamente erogate anche dopo molti anni. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti: Lavoro all’Estero e Cassa Integrazione

Il caso ha origine dalla richiesta di restituzione, avanzata da un ente previdenziale, di somme corrisposte a titolo di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS) a un lavoratore. L’ente aveva scoperto che, durante il periodo in cui percepiva l’ammortizzatore sociale, il lavoratore aveva trovato una nuova occupazione in un Paese estero.

Il punto centrale della controversia è che il lavoratore aveva omesso di comunicare questa informazione all’ente per circa un decennio. Tale omissione aveva reso estremamente difficile per l’ente venire a conoscenza della nuova attività lavorativa e, di conseguenza, della decadenza del diritto alla CIGS. Dopo il decesso del lavoratore, i suoi eredi si sono opposti alla richiesta di restituzione, sostenendo che il diritto dell’ente fosse ormai prescritto.

La Decisione della Corte: la prescrizione dell’indebito previdenziale è sospesa

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso degli eredi, confermando la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno stabilito che l’omessa comunicazione del nuovo lavoro, protrattasi per un periodo così lungo, non poteva essere considerata una semplice disattenzione. Al contrario, integrava un comportamento di doloso occultamento del debito, ai sensi dell’articolo 2941, n. 8 del Codice Civile.

Questa norma prevede che la prescrizione rimanga sospesa finché il dolo non viene scoperto. Di conseguenza, il termine decennale per la restituzione non era decorso, e la pretesa dell’ente previdenziale è stata ritenuta legittima.

Le Motivazioni: Il Comportamento Doloso e l’Occultamento

La Corte ha fornito una motivazione dettagliata e rigorosa. Innanzitutto, ha chiarito che per aversi ‘doloso occultamento’ non è necessaria un’impossibilità giuridica assoluta per il creditore di scoprire il debito. È sufficiente un impedimento di fatto, non superabile con i normali controlli, causato intenzionalmente dal debitore.

Nel caso specifico, sono stati evidenziati quattro elementi chiave:
1. L’omessa comunicazione: Il lavoratore ha deliberatamente nascosto la nuova occupazione.
2. La durata: Il silenzio si è protratto per circa dieci anni, in concomitanza con la percezione della CIGS.
3. La difficoltà di accertamento: Il fatto che il lavoro fosse svolto all’estero, unito alla mancanza di un obbligo di scambio automatico di informazioni tra i due Paesi, ha creato un ostacolo concreto per l’ente.
4. L’intenzionalità: La Corte ha desunto l’intenzione (dolo) dal comportamento prolungato del de cuius. Un lasso di tempo così esteso non poteva essere giustificato come una mera dimenticanza, ma rivelava una precisa volontà di celare una situazione incompatibile con il beneficio percepito.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale di correttezza e buona fede nei rapporti tra cittadini ed enti previdenziali. La decisione sottolinea che l’obbligo di comunicare variazioni rilevanti non è una mera formalità, ma un dovere essenziale la cui violazione può avere conseguenze gravi, come la sospensione della prescrizione. Per i lavoratori, ciò significa che occultare informazioni per continuare a percepire indebitamente prestazioni sociali è una strategia rischiosa, poiché il diritto dell’ente alla restituzione può essere esercitato anche a distanza di molti anni, una volta scoperto l’inganno. Per gli enti, la sentenza conferma la possibilità di agire per il recupero di crediti anche oltre il termine ordinario, a patto di dimostrare che il debitore ha attivamente e intenzionalmente nascosto l’esistenza del debito.

Quando inizia a decorrere la prescrizione per la restituzione di somme indebitamente percepite dall’ente previdenziale?
In linea generale, la prescrizione per l’azione di ripetizione dell’indebito decorre dal momento in cui avviene il pagamento della prestazione non dovuta.

L’omessa comunicazione di un nuovo lavoro all’ente previdenziale è sufficiente per sospendere la prescrizione dell’indebito previdenziale?
Sì, secondo la Corte, se l’omissione è volontaria e si protrae per un lungo periodo (nel caso di specie, dieci anni), essa costituisce un comportamento di ‘doloso occultamento’ del debito che sospende il decorso della prescrizione ai sensi dell’art. 2941, n. 8 c.c.

Perché il lavoro svolto all’estero ha reso più difficile per l’ente accertare l’indebito?
Il lavoro svolto all’estero ha creato un’estrema difficoltà di accertamento per l’ente previdenziale a causa della localizzazione dell’attività e della mancanza di un obbligo di circolarità e scambio di informazioni sui rapporti di lavoro tra l’Italia e il Paese estero in questione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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