Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16073 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 16073 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 24838-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, ERNESTO NOME COGNOME;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 1639/2022 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 14/04/2022 R.G.N. 792/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/05/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO2022
COGNOME.
Rep.
Ud. 08/05/2024
CC
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede ed ha accolto la domanda, proposta da NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, di riconoscimento della superiore qualifica di cui al V livello (Specialista di attività tecniche integrate) CCNL di settore per svolgimento (sin dal maggio 2007) di mansioni superiori, con conseguente condanna al pagamento di differenze retributive.
La società ha proposto, avverso tale sentenza, ricorso per cassazione affidato a un motivo, illustrato da memoria. Il lavoratore ha resistito con controricorso.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con la prima ed unica censura si lamenta violazione degli artt. 2935 e 2948 c.c. avendo, la Corte territoriale, erroneamente ritenuto che la novella operata dalla legge n. 92 del 2012 all’art. 18 della legge n. 300 del 1970 rende non determinabile ex ante il regime di tutela applicabile in azienda e, dunque, non ‘stabile’ il rapporto di lavoro, con conseguente decorrenza della prescrizione dei crediti solamente al momento della cessazione del rapporto (e non in costanza di rapporto).
Il ricorso non è fondato.
Questa Corte ha già scrutinato la questione oggetto del presente ricorso (Cass. n. 26246 del 2022 e Cass. n. 29981 del 2022) e, a seguito di approfondite valutazione del novellato quadro normativo, è pervenuta a statuire che il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, come modulato per effetto della legge n. 92 del 2012 e del d.lgs n. 23 del 2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di
risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità, sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della l. n. 92 del 2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4, e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Non si ravvisano ragioni per discostarsi da tali precedenti, atteso che, una volta che l’interpretazione della regula iuris è stata enunciata con l’intervento nomofilattico della Corte regolatrice, essa ‘ha anche vocazione di stabilità, innegabilmente accentuata (in una corretta prospettiva di supporto al valore delle certezze del diritto) dalle novelle del 2006 (art. 374 c.p. c.) e 2009 (art. 360 bis c.p.c., n. 1)’ (Cass. SS.UU. n. 15144 del 2011); invero, la ricorrente affermazione nel senso della non vincolatività del precedente deve essere armonizzata con l’esigenza di garantire l’uniformità dell’interpretazione giurisprudenziale attraverso il ruolo svolto dalla Corte di Cassazione (Cass. SS.UU. n. 23675 del 2014), atteso che, in un sistema che valoriz za l’affidabilità e la prevedibilità delle decisioni, il quale influisce positivamente anche sulla riduzione del contenzioso, vi è l’esigenza, avvertita anche dalla dottrina, ‘dell’osservanza dei precedenti e nell’ammettere mutamenti giurisprudenziali di orientamenti consolidati solo se giustificati da gravi ragioni’ (in termini: Cass. SS.UU. n. 11747 del 2019).
In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato -se dovuto – previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n.
115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 3.500,00 per compensi professionali ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, da distrarsi.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, de ll’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8 maggio