Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16000 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16000 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 19282-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
COGNOME
– intimato –
avverso la sentenza n. 25/2022 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 21/01/2022 R.G.N. 643/2020;
Oggetto
PREVIDENZA
PROFESSIONISTI
R.G.N.19282/2022
Ud.08/04/2025 CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME, avvocato, proponeva ricorso innanzi al Tribunale di Palermo, in funzione di giudice del lavoro, chiedendo accertarsi nei confronti dell’INPS l’ illegittimità del la pretesa dell’Istituto riguardante i contributi per l’anno 2009, formalizzata con avviso di addebito, frutto dell’iscrizione di ufficio del ricorrente alla gestione separata. L’INPS si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda. Con sentenza n. 570/2020, emessa in data 07/02/2020, il Tribunale di Palermo accoglieva la domanda affermando che in ordine ai contributi richiesti era maturata la prescrizione quinquennale.
L’INPS proponeva appello. NOME COGNOME si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’impugnazione e spiegando appello incidentale che investiva la regolazione delle spese del giudizio di primo grado. Con la sentenza n. 25/2022 depositata il 21/01/2022 della Corte di Appello di Palermo, sezione lavoro, rigettava l’impugnazione principale e dichiarava inammissibile per tardività l’impugnazione incidentale.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’INPS. NOME COGNOME ha ricevuto rituale notifica del ricorso ed è rimasto intimato.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio dell’8/4/2025.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso la difesa dell’INPS deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2935 c.c. e dell’art.
421 c.p.c. in relazione all’art. 1, comma 1, d.P.C.M. del 10/06/2010 (pubblicato in G.U. n. 141 del 19/06/2010), all’art. 2, comma 26 ss della legge 08/08/1995, n. 335 e dell’art. 18, comma 12, del d.l. 06/07/2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15/07/2011 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Il ricorso lamenta, in particolare, che essendo accertato che NOME COGNOME svolgeva attività professionale quale avvocato per la quale sorgeva l’obbligo di iscrizione al la gestione separata, la sentenza impugnata avrebbe errato nel considerare maturata la prescrizione del diritto dell’INPS a ottenere i contributi non versati. La sentenza impugnata, per i contributi dovuti che erano relativi all’anno 2009, ha fissato il decorso della prescrizione quinquennale dal 16/06/2010 e cioè dal termine di scadenza per il pagamento dei contributi e ha ritenuto che il termine fosse maturato alla data del 16/06/2015, con conseguente inidoneità a interrompere la prescrizione della richi esta dell’INPS ricevuta in data 06/07/2015 dal professionista. Secondo il ricorso il d.P.C.M. 10/06/2010 avrebbe prorogato il termine di pagamento dei contributi al 06/07/2010 sicchè è da quella data che decorrerebbe il termine della prescrizione e l’atto , notificato dall’INPS in data 06/07/2015 sarebbe intervenuto a interromperla prima della scadenza.
1.1. Il motivo è fondato. Sulla questione della prescrizione dei contributi dovuti alla Gestione separata la Corte si è pronunciata in numerosissime occasioni; in particolare, quanto all’individuazione del dies a quo del termine di prescrizione, la Corte ha chiarito che, sebbene lo stesso decorra dal momento in cui scadono i termini per il relativo pagamento e non già dalla data di presentazione della
dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa (così, ex multis, Cass. nr. 27950 del 2018; Cass. nr. 19403 del 2019; Cass. nr. 1557 del 2020 e, più di recente, Cass. nr.4898 del 2022, Cass. nr. 5578 del 2022 e Cass. 28721/2024), ai fini della sua decorrenza, assume rilievo anche il differimento dei termini stessi, quale quello previsto, senza alcuna maggiorazione, dalla disposizione di cui al d.P.C.M. 10 giugno 2010, art. 1, comma 1, in relazione ai contributi dovuti per l’anno 2009 (così Cass. nr. 10273 del 2021 e plurime pronunce successive conformi, da ultimo Cass. 13/09/2024, n. 24584 ); l’art. 12, comma 5, del D.Lgs. nr. 241 del 1997, infatti, devolve ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale) la possibilità di modificare i termini riguardanti gli adempimenti dei contribuenti relativi a imposte e contributi. Il d.P.C.M. (tempo per tempo applicabile) concorre, dunque, ad attuare e integrare le previsioni del d.lgs. e, pertanto, considerato nelle sue interrelazioni e in una prospettiva sostanziale, ha natura regolamentare e rango di fonte normativa (tra le tante, Cass. nr. 32685 del 2022, punti 3.2 e ss., con i richiami ivi effettuati).
1.2. La Corte si è occupata anche di definire il perimetro di applicazione del differimento. Ha chiarito, quanto alla «latitudine soggettiva del differimento» che ne beneficiano tutti i «contribuenti che esercitano attività economiche per le quali siano stati elaborati gli studi di settore e non soltanto coloro che, in concreto, alle risultanze di tali studi (siano) fiscalmente assoggettati per non aver scelto un diverso regime d’imposizione » (Cass. nr.10273 del 2021 e successive conformi). Ciò che rileva è, infatti, il dato oggettivo dello svolgimento di un’attività economica
riconducibile tra quelle per le quali siano state elaborati studi di settore e non la condizione soggettiva del singolo professionista di effettiva sottoposizione al regime fiscale derivante dall’adesione alle risultanze degli studi medesimi (Cass. nr. 24668 del 2022; nello stesso senso, fra le molte, Cass. nr. 32682 del 2022, punto 4.4.; Cass. nr. 10286 del 2023, punto 11).
1.3. La sentenza impugnata, nel far decorrere la prescrizione dal 16/06/2010, ha, quindi, erroneamente interpretato la normativa di riferimento, non considerando, come avrebbe dovuto, il termine di proroga stabilito dal D.P.C.M. sopra indicato.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata e la causa rinviata alla Corte di appello di Palermo che, in diversa composizione, dovrà scrutinare nuovamente il tema della prescrizione dei contributi. Il Giudice di rinvio provvederà anche a liquidare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Palermo, sezione lavoro, in diversa composizione, cui è demandata anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta