Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23746 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 23746 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 29004-2022 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE;
– intimato –
avverso la sentenza n. 394/2022 della CORTE D’APPELLO di LECCE SEZ. DIST. DI TARANTO, depositata il 31/05/2022 R.G.N. 112/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/04/2024 dal AVV_NOTAIO.
Rep.
Ud. 10/04/2024
CC
R.G. 29004/22
Rilevato che:
Con sentenza del giorno 31.5.2022 n. 394, la Corte d’appello di Lecce -sezione distaccata di Taranto – accoglieva il gravame proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza del Tribunale di Taranto che aveva accolto il ricorso promosso da NOME, volto a chiedere l’accertamento dell’inesistenza del suo obbligo di iscrizione nella gestione separata RAGIONE_SOCIALE e, perciò, la non debenza degli importi pretesi dall’RAGIONE_SOCIALE per tale titolo.
Il tribunale aveva annullato l’iscrizione alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, perché l’insussistenza dell’obbligo del versamento del contributo soggettivo alla cassa forense non determinava automaticamente il sorgere dell’obbligo di iscrizione alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, alla luce del fatto che la ricorrente aveva versato il contributo integrativo alla predetta cassa forense.
La Corte d’appello, a sostegno dei propri assunti di accoglimento del gravame dell’RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto che non avendo la ricorrente corrisposto il contributo soggettivo alla cassa di appartenenza, vi era la necessità della sua iscrizione (con conseguente obbligo contributivo) alla gestione separata RAGIONE_SOCIALE, ai fini di una effettiva e generalizzata tutela previdenziale. Inoltre, il termine quinquennale di prescrizione non era decorso perché era rimasto sospeso, ai sensi dell’art. 2941 comma 1 n. 8 c.c., essendo pacifico che la ricorrente non avesse compilato il quadro RR nella dichiarazione dei redditi 2010, ponendo così l’amministrazione previdenziale nella pratica impossibilità di verificare la posizione della contribuente.
Avverso tale sentenza, NOME COGNOME ricorre per cassazione, sulla base di due motivi, illustrati da memoria, mentre l’RAGIONE_SOCIALE non ha spiegato difese scritte.
Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 2935 e 2941 n. 8 c.c., in combinato disposto con gli artt. 2 comma 26-31 e 3 comma 9 della legge n. 335/95 e dell’art. 18 comma 12 del DL n. 98/ 11, convertito in legge n. 111/11, dell’art. 1 del d.lgs. n. 462/97 e dell’art. 10 comma 1, del d.lgs. n. 241/97, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente, la Corte del merito non aveva apprezzato la fondatezza della eccezione di prescrizione quinquennale proposta dalla ricorrente fin dal primo grado, per l’anno 2010, rilevato che il versamento dei contributi doveva avvenire entro il 16.6.11 e che da tale data iniziava a decorrere il termine di prescrizione quinquennale, che risultava, quindi, maturato al momento della richiesta di pagamento notificata dall’RAGIONE_SOCIALE, in data 6.7.2016 (alla p. 10 del ricorso, si dà atto che la Corte d’appello aveva fatto riferimento, per un refuso, alla data dell’8.7.16), né vi era automatismo tra mancata compilazione del quadro RR nella dichiarazione dei redditi e l’occultamento doloso del debito contributivo, che avrebbe comportato la sospensione del termine di prescrizione, ex art. 2941 n. 8 c.c.
Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 2935 c.c. e dell’art. 2941 n. 8 c.c., in relazione all’art. 2941 n. 8 c.c., perché erroneamente, la Corte d’appello aveva individuato la causa sospensiva della prescrizione nel doloso occultamento del debito, sulla base del solo presupposto di fatto che la ricorrente non avesse compilato nella dichiarazione dei redditi per l’anno
di riferimento, il quadro RR, riguardante la contribuzione previdenziale, quindi, in ragione di un erroneo automatismo.
Il primo motivo è infondato, con assorbimento del secondo. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘In materia previdenziale, la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi, sicché assume rilievo, ai fini della decorrenza della prescrizione in questione, anche il differimento dei termini stessi, quale quello previsto dalla disposizione di cui all’art. 1, comma 1, d.P.C.M. del 10 giugno del 2010 in relazione ai contributi dovuti per l’anno 2009 dai titolari di posizione assicurativa che si trovino nelle condizioni da detta disposizione stabilite’ (Cass. N. 10273/21, 32683/22) . Nella specie, si trattava dei contributi previdenziali da pagare in favore della RAGIONE_SOCIALE, in riferimento all’anno 2010, la cui scadenza per il versamento, secondo il D.P.C.M. 12 maggio 2011 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale -Serie generale n. 111 del 14 maggio 2011), era stata differita dal 16.6.11 al 6.7.11, data da cui far decorrere, quindi, il termine per la prescrizione quinquennale dei contributi stessi.
A questo proposito, il ricorrente riconosce che la richiesta di pagamento dell’RAGIONE_SOCIALE era stata da lui ricevuta non il giorno 8.7.16, come rilevato dalla Corte d’appello al foglio 5 della sentenza, probabilmente per un refuso, ma il precedente giorno 6.7.16, quindi, a questo punto tempestivamente, rispetto al termine prescrizionale di cinque anni, decorrente dal giorno 6.7.11.
Al rigetto del ricorso, consegue la condanna alle spese di lite, secondo quanto meglio esposto in dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida nell’importo di € 700,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10.4.24