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Prescrizione contributi: il differimento si applica?

Un ente previdenziale contesta una decisione che dichiarava estinti per prescrizione i contributi dovuti da una professionista. La Corte di Cassazione ha chiarito che il differimento dei termini di pagamento, previsto da un decreto ministeriale, si applica a tutte le attività professionali oggettivamente riconducibili agli studi di settore, a prescindere dal regime fiscale soggettivamente adottato dal contribuente. Di conseguenza, il termine di prescrizione contributi decorre dalla data posticipata, portando all’accoglimento del ricorso dell’ente.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Prescrizione Contributi: La Cassazione e l’Impatto dei Differimenti di Pagamento

La corretta individuazione della decorrenza per la prescrizione contributi è un tema cruciale per professionisti e imprese. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha offerto un chiarimento fondamentale riguardo all’applicabilità dei differimenti dei termini di pagamento disposti per via normativa, anche a soggetti che non applicano direttamente determinati regimi fiscali, come gli studi di settore. La decisione sottolinea come il fattore oggettivo dell’attività svolta prevalga sul regime fiscale soggettivamente scelto.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un avviso di addebito emesso da un ente previdenziale nei confronti di una professionista per contributi dovuti alla Gestione Separata relativi all’anno 2009. La professionista si opponeva alla richiesta, e in appello, la Corte territoriale accoglieva la sua eccezione di prescrizione. Secondo la Corte d’Appello, il termine quinquennale di prescrizione era decorso, calcolando come data di partenza (dies a quo) il 16 giugno 2010, scadenza originaria per il pagamento del saldo contributivo, e considerando come primo atto interruttivo una notifica del gennaio 2017.

L’ente previdenziale, non condividendo tale interpretazione, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M.) aveva prorogato la scadenza del versamento al 6 luglio 2010. Tale differimento, secondo l’ente, spostava in avanti il dies a quo della prescrizione, rendendo il proprio credito ancora esigibile.

La questione della prescrizione contributi e il differimento dei termini

Il cuore della controversia risiedeva nell’interpretazione dell’ambito di applicazione del D.P.C.M. che aveva disposto il differimento. La professionista sosteneva che tale proroga fosse applicabile solo ai contribuenti soggetti agli studi di settore, mentre lei aveva aderito al regime dei minimi, un regime fiscale agevolato. Di conseguenza, a suo avviso, la scadenza per lei era rimasta invariata al 16 giugno 2010.

La Corte di Cassazione ha rovesciato questa prospettiva, accogliendo il ricorso dell’ente previdenziale e cassando la sentenza d’appello.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha stabilito che il differimento del termine di pagamento non va interpretato in senso soggettivo, ma oggettivo. Ciò che rileva non è se il singolo professionista sia concretamente assoggettato al regime fiscale derivante dagli studi di settore, ma se la sua attività economica sia oggettivamente riconducibile a una di quelle per le quali sono stati elaborati tali studi.

Richiamando precedenti pronunce, i giudici hanno chiarito che il differimento riguarda tutti i contribuenti che esercitano attività economiche per le quali esistono gli studi di settore, indipendentemente dal fatto che abbiano poi optato per un regime fiscale diverso, come quello dei minimi. Il fattore determinante è l’oggettivo svolgimento di un’attività economica per la quale lo strumento degli studi di settore è stato predisposto.

Di conseguenza, la Corte d’Appello aveva errato nel non considerare lo slittamento del termine di pagamento dal 16 giugno al 6 luglio 2010. Questo spostamento del dies a quo era sufficiente a impedire il compimento della prescrizione quinquennale prima della notifica degli atti interruttivi da parte dell’ente previdenziale. La Cassazione ha inoltre rilevato che l’ente aveva prodotto prove di un atto interruttivo precedente a quello considerato dalla Corte d’Appello, risalente al luglio 2015, rafforzando ulteriormente la propria posizione.

Conclusioni

Questa ordinanza della Corte di Cassazione rappresenta un importante monito per tutti i professionisti e i consulenti fiscali. La decisione stabilisce un principio chiaro: le proroghe e i differimenti dei termini di versamento fiscale e contributivo legati agli studi di settore hanno una portata oggettiva. Non si può escludere la loro applicazione semplicemente perché si è optato per un regime fiscale agevolato o forfettario. È necessario verificare se la propria attività, per sua natura, rientri nel campo di applicazione degli studi di settore. Questo approccio estensivo incide direttamente sul calcolo della prescrizione contributi, posticipando la data da cui il termine inizia a decorrere e, di conseguenza, estendendo il periodo entro cui gli enti previdenziali possono legittimamente richiedere il pagamento dei crediti.

Da quando inizia a decorrere la prescrizione per i contributi previdenziali?
La prescrizione decorre dal momento in cui scadono i termini per il relativo pagamento, e non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi. Se un decreto ministeriale differisce tale termine, la prescrizione inizia a decorrere dalla nuova data di scadenza posticipata.

Una proroga dei termini di pagamento prevista per chi applica gli studi di settore vale anche per chi ha aderito al regime dei minimi?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il differimento del termine di pagamento si applica a tutti i contribuenti che esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore, a prescindere dal regime fiscale concretamente scelto (come il regime dei minimi). Il fattore determinante è la natura oggettiva dell’attività e non la scelta soggettiva del contribuente.

Cosa ha sbagliato la Corte d’Appello nel calcolare la prescrizione dei contributi?
La Corte d’Appello ha errato nel non considerare il differimento del termine di pagamento dal 16 giugno 2010 al 6 luglio 2010, disposto da un D.P.C.M. Calcolando la prescrizione dalla data originaria, ha ritenuto erroneamente prescritto il credito dell’ente previdenziale, senza tener conto che la data di partenza (dies a quo) era stata legalmente posticipata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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