Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11264 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11264 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8771-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
Oggetto
PREVIDENZA
PROFESSIONISTI
R.G.N. 8771/2021
Ud. 12/02/2025 CC
avverso la sentenza n. 406/2020 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 23/09/2020 R.G.N. 722/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
Il Tribunale di Locri, in funzione di giudice del lavoro, con la sentenza n. 516/2018 depositata in data 03/05/2018 accoglieva il ricorso spiegato da COGNOME NOMECOGNOME avvocato, dichiarava insussistente l’obbligo di iscrizione della ricorrente alla gestione separata dal 01/01/2009 e annullava l’avviso di addebito notificato dall’I nps e impugnato dalla stessa COGNOME.
La Corte di Appello di Reggio Calabria, sezione lavoro, con la sentenza n. 406/2020 depositata il 23/09/2020, rigettava l’appello dell’INPS modificando la motivazione della sentenza di primo grado, sul rilievo che, pur sussistendo l’obbligo contributivo, i contributi erano prescritti perché l’istanza dell’INPS risultava notificata il 30/06/2015 e quindi oltre il termine quinquennale che valutava come decorrente dal 16/06/2010, termine di scadenza dell’obbligo di versamento.
3 . Avverso detta sentenza propone ricorso l’INPS. Si è costituita con controricorso COGNOME NOME
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 12/02/2025.
Considerato che:
In via preliminare la parte controricorrente eccepisce la inammissibilità del ricorso in cassazione per tardività; secondo la COGNOME il ricorso sarebbe stato notificato il 23/03/2021 e la sentenza sarebbe stata pubblicata il
21/09/2021. L’eccezione è infondata e va respinta: dalla intestazione della sentenza risulta che la pronuncia è stata pubblicata il 23/09/2023 e pertanto il ricorso è tempestivo.
Con l’unico motivo di impugnazione l’INPS deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2941, n. 8, cod. civ. in relazione all’art. 2, comma 26 e ss, della legge 08/08/1995, n. 335; all’art. 18, comma 12, del d.l. 06/07/2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15/07/2011, n. 111 e tanto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p. c Secondo l’Istituto ricorrente , la Corte di Appello, nel considerare il credito prescritto, avrebbe omesso di considerare che la COGNOME, nel presentare la dichiarazione dei redditi per l’anno 2009, aveva omesso di compilare il quadro RR per la determinazione dei contributi dovuti; ciò avrebbe dovuto determinare la sospensione del termine di prescrizione ai sensi dell’art. 2941, n. 8, cod. civ. perché il debitore avrebbe dolosamente occultato al creditore l’esistenza del debito.
Nel l’esaminare la censura, va premesso che la Corte territoriale ha giudicato estinto, per prescrizione, il credito dell’ente poiché il dies a quo della prescrizione quinquennale sarebbe decorso dal 16 giugno 2010, data di scadenza del termine per il pagamento dei contributi, mentre l’atto di costituzione in mora era pervenuto a conoscenza della professionista il 30 giugno 2015, allorché la prescrizione si era già compiuta.
Il ricorso è fondato, nei termini e per i motivi che vanno ad illustrarsi.
Sulla questione della prescrizione dei contributi dovuti alla Gestione separata la Corte si è pronunciata in numerosissime occasioni; in particolare, quanto
all’individuazione del dies a quo del termine di prescrizione, la Corte ha chiarito che, sebbene lo stesso decorra dal momento in cui scadono i termini per il relativo pagamento e non già dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa (così, ex multis, Cass. nr. 27950 del 2018; Cass. nr. 19403 del 2019; Cass. nr. 1557 del 2020 e, più di recente, Cass. nr.4898 del 2022, Cass. nr. 5578 del 2022 e Cass. 28721/2024), ai fini della sua decorrenza, assume rilievo anche il differimento dei termini stessi, quale quello previsto, senza alcuna maggiorazione, dalla disposizione di cui al d.P.C.M. 10 giugno 2010, art. 1, comma 1, in relazione ai contributi dovuti per l’anno 2009 (così Cass. nr. 10273 del 20 21 e plurime pronunce successive conformi); l’art. 12, comma 5, del D.Lgs. nr. 241 del 1997, infatti, devolve ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale) la possibilità di modificare i termini riguardanti gli adempimenti dei contribuenti relativi a imposte e contributi. Il d.P.C.M. (tempo per tempo applicabile) concorre, dunque, ad attuare e integrare le previsioni del d.Lgs. e, pertanto, considerato nelle sue interrelazioni e in una prospettiva sostanziale, ha natura regolamentare e rango di fonte normativa (tra le tante, Cass. nr. 32685 del 2022, punti 3.2 e ss., con i richiami ivi effettuati).
6. La Corte si è occupata anche di definire il perimetro di applicazione del differimento. Ha chiarito, quanto alla «latitudine soggettiva del differimento» che ne beneficiano tutti i «contribuenti che esercitano attività economiche per le quali siano stati elaborati gli studi di settore e non soltanto coloro che, in concreto, alle risultanze di tali studi (siano) fiscalmente assoggettati per non aver scelto un
diverso regime d’imposizione » (Cass. nr.10273 del 2021 e successive conformi). Ciò che rileva è, infatti, il dato oggettivo dello svolgimento di un’attività economica riconducibile tra quelle per le quali siano state elaborati studi di settore e non la condizione soggettiva del singolo professionista di effettiva sottoposizione al regime fiscale derivante dall’adesione alle risultanze degli studi medesimi (Cass. nr. 24668 del 2022; nello stesso senso, fra le molte, Cass. nr. 32682 del 2022, punto 4.4.; Cass. nr. 10286 del 2023, punto 11).
La sentenza impugnata, nel far decorrere la prescrizione dal 16/06/2010, ha, quindi, erroneamente interpretato la normativa di riferimento, non considerando, come avrebbe dovuto, il termine di proroga stabilito dal D.P.C.M. sopra indicato.
I rilievi esposti non sono preclusi dal fatto che le censure dell’INPS non investono l’identificazione del dies a quo del termine applicabile ma riguardano il profilo della sospensione della prescrizione. Questa Corte ha, infatti, ritenuto che «una volta che la sentenza d’appello sia stata impugnata per violazione della disciplina sulla sospensione della prescrizione (nella specie, con riguardo all’occultamento doloso del debito contributivo, ai sensi dell’art. 2941, comma 1, nr. 8 cod.civ.), l’intera fattispecie della prescrizione, anche con riguardo alla decorrenza del dies a quo, rimane sub iudice e rientra, pertanto, nei poteri del giudice di legittimità valutare d’ufficio, sulla scorta degli elementi ritualmente acquisiti, la corretta individuazione del termine iniziale della prescrizione, in quanto aspetto logicamente preliminare rispetto alla sospensione dedotta con il ricorso» (Cass. nr. 32683 del 2022; ex multis , tra le
successive, Cass. nr. 25684 del 2023; Cass. n. 28721/2024).
Rinviando al supporto argomentativo dei precedenti in ultimo indicati, può, in sintesi, precisarsi che l’impugnazione del profilo della sospensione mantiene viva e controversa anche la questione concernente l’identificazione del dies a quo della prescrizione, nel senso che pure su tale tema si riespande la cognizione di questa Corte, chiamata a individuare l’esatto diritto applicabile alla luce degli elementi ritualmente allegati. Tornando al caso di specie, come si è detto, il dies a quo (6 luglio 2010) è sancito, con portata generale, da una fonte normativa, che questa Corte è tenuta a conoscere, in quanto puntualizza le previsioni del D.Lgs. n. 241 del 1997 e l’atto idoneo a interrompere la prescrizione è accertato dalla sentenza impugnata (atto di messa in mora del 30 giugno 2015).
La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione di questi principi; va, dunque, cassata e la causa rinviata alla Corte di appello di Reggio Calabria che, in diversa composizione, dovrà scrutinare nuovamente il tema della prescrizione dei contributi. Il Giudice di rinvio provvederà anche a liquidare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Reggio Calabria, sezione lavoro, in diversa composizione, cui è demandata anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della