Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34203 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 34203 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 3003-2024 proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI RAGIONIERI E PERITI COMMERCIALI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO NOME COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
R.G.N. 3003/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 28/11/2024
CC
avverso la sentenza n. 531/2023 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 28/07/2023 R.G.N. 212/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Milano ha respinto il gravame della Cassa ragionieri e ha confermato la pronuncia del Tribunale della medesima sede, che aveva accertato e dichiarato l’illegittimità del prelievo operato dalla Cassa a titolo di contributo di solidarietà sulle rate di pensione del ragioniere NOME COGNOME e, per l’effetto, aveva condannato la Cassa a restituire le somme indebitamente trattenute, oltre agl’interessi dalle singole trattenute al saldo effettivo.
La Corte territoriale, investita del gravame esclusivamente in ordine al profilo dell’applicabilità della prescrizione quinquennale, ha osservato che la fattispecie controversa è assoggettata alla prescrizione decennale e che «Non basta, quindi, ai fini, sia dell’art. 129 del r.d.l. n. 1827 del 1935 che dell’art. 2948 c.c., la mera idoneità del credito ad essere determinato nel suo ammontare, tanto che entrambe le norme non trovano applicazione nelle ipotesi di ratei di pensione la cui debenza sia in contestazione Non induce a diversa soluzione l’art. 47 bis d.P.R. nr. 639 del 1970, poiché risulta decisiva la considerazione che la fattispecie in esame non è classificabile quale ipotesi di riliquidazione di trattamenti pensionistici».
La Cassa ragionieri impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Milano, con ricorso che si articola in due motivi, illustrati d memoria.
Resiste con controricorso il ragioniere NOME COGNOME tale controricorso è inammissibile, perché tardivo, essendo stato depositato il 14.3.24, oltre il termine di quaranta giorni, rispetto alla notifica del ricorso del 26.1.24, ex art. 370 c.p.c., novellato. Per il presente giudizio, all’esito di una proposta di definizione agevolata, ex art. 380 bis primo comma c.p.c., è stata chiesta dalla Cassa la decisione, ai sensi dell’art. 380 bis secondo comma c.p.c.
Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
CONSIDERATO CHE
I due motivi di ricorso possono essere scrutinati congiuntamente, per la connessione che li unisce e per l’attinenza al comune tema della prescrizione, e si rivelano inammissibili, ex art. 360 bis c.p.c.
In base ai principi a più riprese affermati da questa Corte, è assoggettata alla prescrizione decennale l’azione di restituzione delle trattenute a titolo di contributo di solidarietà, difettando i caratteri della liquidità e dell’esigibilità del credito, cui è correlata l’applicazione dell’invocato termine quinquennale di prescrizione.
Tale orientamento, che tiene conto anche del novum indicato dalla Cassa ragionieri a fondamento del ricorso e trae le necessarie implicazioni dai principi espressi dalle Sezioni Unite (Cass., S.U., 8 settembre 2015, n. 17742), è stato confermato anche di recente, con riferimento alla fattispecie affine del
contributo di solidarietà applicato dalla Cassa commercialisti e in seguito a un’istanza di decisione formulata dalla medesima Cassa (Cass., sez. lav., 7 marzo 2024, n. 6170).
Vanno confermate le argomentazioni diffusamente esposte da questa Corte, nel disattendere le censure della Cassa ragionieri: «questa Corte di legittimità (Cass. n. 41320 del 2021 e, di recente, Cass. n. 31527 del 2022, sollecitata ad un intervento nomofilattico dall’ordinanza interlocutoria n. 8394 del 2022 della Sesta sezione della Corte) ha già avuto modo di confermare, in fattispecie analoga alla presente, l’orientamento accolto dalla sentenza impugnata, ed ancor prima dalle Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 17742 del 2015, secondo cui in materia di previdenza obbligatoria, quale quella gestita dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del d.lgs. n. 509 del 1994, la prescrizione quinquennale prevista dall’art. 2948 c.c., n. 4, – così come dal r.d.l. n. 1827 del 1935, art. 129 – richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato, sicché, ove sia in contestazione l’ammontare del trattamento pensionistico, il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto all’ordinaria prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c.; in tali occasioni si è precisato che il rapporto assicurativo che lega la Cassa ai propri iscritti ha natura obbligatoria, dato che la RAGIONE_SOCIALE è, a tutti gli effetti, una persona giuridica privata che gestisce una forma di previdenza e assistenza, cui è obbligatoria l’iscrizione e la contribuzione da parte degli appartenenti delle categorie interessate; inoltre, l’applicazione dell’art. 2948 c.c., n. 4, al pari del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 129, richiede la liquidità e l’esigibilità del credito, che deve essere “pagabile”, ovvero messo a
disposizione del creditore, il quale deve essere posto nella condizione di poterlo riscuotere; non basta, quindi, ai fini, sia dell’art. 129 cit., sia dell’art. 2948 c.c., la mera idoneità del credito ad essere determinato nel suo ammontare, tanto che entrambe le norme non trovano applicazione nelle ipotesi di ratei di pensione la cui debenza sia in contestazione (v. Cass. n. 16388 del 2004 e n. 1787 del 1997, in motivazione, nonché Cass., Sez. Un. , n. 10955 del 2002); se, dunque, il pensionato è stato in condizione di riscuotere solo i ratei della pensione nella misura decurtata del contributo di solidarietà, e non anche nel superiore importo spettante senza l’applicazione del medesimo, che è oggetto della controversia ora in esame, la differenza tra l’importo liquidato e quello superiore richiesto non può ritenersi “pagabile” e, quindi, non può applicarsi la prescrizione quinquennale dell’art. 2948 c.c., ma quella decennale ordinaria dell’art. 2946 c.c.; tale orientamento va confermato, potendo aggiungersi che non induce a diversa soluzione il d.p.r. n. 639 del 1970, art. 47-bis (Attuazione delle deleghe conferite al Governo con la L. 30 aprile 1969, n. 153, artt. 27 e 29, concernente revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), secondo cui si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati, ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronunzia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 24, o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni, nel testo introdotto dal d.l. 6 luglio 2011, n. 98, art. 38, comma 1, n. 2), lett. d); risulta decisiva la considerazione che la fattispecie in esame non è classificabile quale ipotesi di riliquidazione di
trattamenti pensionistici, ma quale credito consequenziale all’indebita ritenuta derivante dall’applicazione di una misura patrimoniale illegittima, frutto di trattenute operate sui singoli ratei di pensione, ma che non condivide con il rateo pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della pensione in sé considerata; la Cassa ha esercitato unilateralmente un potere di prelievo che si è sovrapposto al diritto del pensionato, ma non si è confuso con l’obbligazione pensionistica a cui pretendeva di applicarsi e, pertanto, il termine di prescrizione dell’azione di recupero delle somme indebitamente trattenute non può che essere quello ordinario decennale» (Cass., sez. lava, 12 aprile 2023, n. 9705; nel medesimo senso, già Cass’ sez. VI, 10 gennaio 2023, n. 319, sulla base dei chiarimenti offerti in tema di contributo di solidarietà imposto dalla Cassa commercialisti e dell’eadem ratio della normativa riguardante il contributo di solidarietà applicato dalla Cassa ragionieri).
Si deve, dunque, ravvisare l’inammissibilità del ricorso.
L’istanza, ex art. 380 bis c.p.c., non ha aggiunto nulla di rilevante, ai motivi contenuti nell’originario ricorso.
Alla luce della tardività del deposito del controricorso, il Collegio è esonerato dal provvedere sulle spese, anche in riferimento all’art. 96 comma 3 c.p.c., perché il giudizio è stato definito in conformità alla proposta non accettata, ai sensi dell’art.380 -bis, ult. co., cod. proc. civ., norma che contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte . Deve, invece, applicarsi l’art. 96 comma 4 c.p.c., norma che prevede la condanna della parte soccombente a una ulteriore somma di denaro in favore della
Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte a Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 27195 e n. 27433/2023, poi Cass.
27947/2023). Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma equitativamente determinata in € 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna parte ricorrente a pagare € 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende, ex art. 96 comma 4 c.p.c.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis cit.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2024