Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13825 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 13825 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 38191/2019 R.G. proposto
da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME , domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME
-controricorrente –
Oggetto: Lavoro pubblico
contrattualizzato
–
Buonuscita
–
Assegno
ad
personam – Computo
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
Ud. 05/04/2024 CC
avverso la sentenza della Corte d’appello Venezia n. 137/2019 depositata il 04/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 05/04/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 137/2019, pubblicata il 4 giugno 2019, la Corte d’appello di Venezia, nella regolare costituzione dell’appellato NOME COGNOME, ha respinto l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Vicenza n. 418/2017.
Quest’ultima, infatti, a propria volta, aveva accolto la domanda dello stesso NOME COGNOME volta a conseguire il computo nell’indennità di buonuscita dell’assegno ad personam non riassorbibile ex d.P.R. 325/1988 e Legge n. 544/1988, il cui diritto alla percezione era già stato riconosciuto da una precedente sentenza pronunciata nel 2009 tra l’odierno controricorrente in quiescenza dal 1° dicembre 1999 – ed il MIUR.
Proposto appello da parte di RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’appello ha disatteso la tesi dell’appellante, la quale aveva reiterato l’eccezione di prescrizione della pretesa dell’appellato, evidenziando che il pensionamento di quest’ultimo risaliva al 1999 e che nessu n effetto interruttivo nei confronti dell’ente previdenziale poteva essere ricondotto alla sentenza del 2009, in quanto pronunciata all’esito di un giudizio nel quale la stessa RAGIONE_SOCIALE non era stata parte.
La Corte territoriale, infatti, ha argomentato che il diritto del lavoratore al computo nell’indennità di buonuscita era sorto solo dopo che nel 2009 era stato accertato il diritto alla percezione dell’assegno all’esito di un giudizio che poteva essere ins taurato unicamente nei confronti del datore di lavoro a non anche dell’RAGIONE_SOCIALE.
Osservato, a questo punto, che, dopo la sentenza del 2009, NOME COGNOME aveva agito nei confronti di RAGIONE_SOCIALE entro il termine di cinque anni dalla pronuncia stessa, la Corte territoriale ha concluso nel senso dell’infondatezza dell’eccezione di prescrizi one e quindi del gravame.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Venezia ricorre ora RAGIONE_SOCIALE.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Il controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’unico motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 20, secondo comma, d.P.R. n. 1032/1973; 2934, 2935 e 2943 c.c.
La ricorrente, da un lato invoca l’inopponibilità nei propri confronti del giudicato scaturito dalla decisione del 2009, non essendo stata parte del giudizio, con conseguente inidoneità di detto a giudizio a realizzare l’effetto interruttivo della prescrizione, e, dall’altro lato, invoca il disposto di cui all’art. 20, d.P.R. n. 1032/1973, sulla cui scorta si deve ritenere che la prescrizione del diritto azionato dall’odierno controricorrente abbia cominciato a decorrere dal 120° giorno dalla data di collocamento a riposo.
Il ricorso è infondato.
Le argomentazioni in esso contenute, infatti, si riferiscono ad un profilo diverso da quello che ha costituito oggetto della decisione impugnata e si fondano su premesse che risultano, conseguentemente, non pertinenti.
A venire in rilievo, infatti, non è il tema della prescrizione del diritto alla buonuscita -come invece sembra opinare la ricorrente -bensì il diverso profilo della computabilità nella buonuscita di una specifica voce stipendiale, peraltro oggetto di accertamento solo successivo, intervenuto solo nel 2009.
La decisione impugnata, quindi, ha ritenuto che il diritto azionato dall’odierno controricorrente fosse assoggettato ad un termine prescrizionale diverso e distinto dal termine di prescrizione che interessa invece l’indennità di buonuscita in sé, senza che tale affermazione specifica risulti adeguatamente impugnata dall’odierna ricorrente, la quale inv ece viene ad invocare l’orientamento di questa Corte relativo, appunto a tale secondo profilo, partendo, quindi, da premesse che non sono condivisibili.
Risulta in tal modo superato anche il tema della opponibilità all’odierna ricorrente del giudicato formatosi in ordine alla precedente decisione del 2009, in quanto a rilevare nell’ iter argomentativo della decisione impugnata non è l’opponibilità o meno all’odierna ricorrente della sentenza n. 155/2009, quanto l’affermazione ben diversa dell’autonomia del termine di prescrizione inerente il computo dell’assegno ad personam .
Il ricorso deve quindi essere respinto, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la
debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 4.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 5 aprile 2024.