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Prescrizione buonuscita: decorrenza e assegno ad personam

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13825/2024, ha stabilito un principio fondamentale sulla prescrizione buonuscita. Il termine per richiedere l’inclusione di un assegno ad personam, il cui diritto è stato accertato con una sentenza successiva al pensionamento, non decorre dalla data di cessazione del servizio, ma dalla data in cui la sentenza è passata in giudicato. La Corte ha chiarito che il diritto al corretto calcolo della buonuscita sorge solo nel momento in cui viene legalmente riconosciuta la componente retributiva da includere, respingendo così il ricorso dell’ente previdenziale.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Prescrizione Buonuscita: Quando Inizia a Decorrere per l’Assegno Ad Personam?

La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 13825/2024 offre un chiarimento cruciale in materia di prescrizione buonuscita, specialmente nei casi in cui una componente della retribuzione, come un assegno ad personam, viene riconosciuta giudizialmente solo dopo la cessazione del rapporto di lavoro. La Suprema Corte ha stabilito che il termine di prescrizione per richiedere l’inclusione di tale assegno nel calcolo della buonuscita decorre non dal pensionamento, ma dal momento in cui il diritto a quella specifica voce retributiva viene accertato con sentenza definitiva.

Il Caso: Dalla Sentenza del 2009 alla Cassazione

La vicenda riguarda un ex dipendente pubblico, andato in pensione nel 1999. Successivamente, nel 2009, otteneva una sentenza che gli riconosceva il diritto a un assegno ad personam non riassorbibile nei confronti del suo ex datore di lavoro, il Ministero. Forte di questa decisione, il pensionato si rivolgeva all’ente previdenziale per ottenere il ricalcolo della sua indennità di buonuscita, chiedendo di includervi anche l’importo dell’assegno appena riconosciuto. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello accoglievano la sua domanda.

L’Eccezione di Prescrizione Buonuscita Sollevata dall’Ente

L’ente previdenziale proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che il diritto al ricalcolo della buonuscita fosse ormai prescritto. Secondo la tesi dell’ente, il termine di prescrizione quinquennale avrebbe dovuto iniziare a decorrere dalla data del pensionamento (1999). Inoltre, l’ente affermava che la sentenza del 2009, emessa in un giudizio a cui non aveva preso parte, non poteva avere alcun effetto interruttivo della prescrizione nei suoi confronti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso dell’ente previdenziale, confermando le decisioni dei giudici di merito e delineando un principio di diritto di notevole importanza pratica.

La Decorrenza Autonoma della Prescrizione

Il punto centrale della decisione è la distinzione tra due diritti diversi, ciascuno con un proprio termine di prescrizione. Un conto è il diritto all’indennità di buonuscita in sé, che sorge al momento della cessazione del servizio. Un altro, distinto e autonomo, è il diritto a ottenere il calcolo di tale indennità includendo una specifica voce retributiva il cui diritto viene accertato solo in un secondo momento.

Il diritto del lavoratore a veder computato l’assegno ad personam nella sua buonuscita è sorto solo nel 2009, quando la sentenza ha accertato in via definitiva la sua spettanza. Prima di quel momento, il lavoratore non avrebbe potuto legalmente far valere tale pretesa nei confronti dell’ente previdenziale. Di conseguenza, il termine di prescrizione per questa specifica richiesta ha iniziato a decorrere solo dalla data della sentenza del 2009.

L’Irrilevanza dell’Inopponibilità del Giudicato

La Corte ha inoltre chiarito che la questione non era se la sentenza del 2009 fosse opponibile o meno all’ente previdenziale. Il punto rilevante era un altro: quella sentenza ha costituito il momento genetico del diritto del pensionato al ricalcolo. L’ente non era vincolato dal giudicato precedente, ma era tenuto a considerare l’esistenza di quel diritto, una volta accertato, come presupposto per il corretto calcolo della prestazione previdenziale.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione basandosi sul principio, sancito dall’art. 2935 del Codice Civile, secondo cui la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. Nel caso specifico, il diritto a pretendere l’inclusione dell’assegno ad personam nella base di calcolo della buonuscita non poteva essere esercitato prima che l’esistenza stessa di tale assegno fosse stata accertata con una pronuncia giudiziale. Pertanto, la Corte territoriale ha correttamente individuato il dies a quo (giorno di inizio) della prescrizione non nella data del pensionamento, ma nel momento del passaggio in giudicato della sentenza che riconosceva il diritto all’assegno. Le argomentazioni dell’ente previdenziale sono state ritenute non pertinenti perché si concentravano sulla prescrizione del diritto alla buonuscita in generale, senza cogliere la specificità della pretesa relativa al suo corretto computo, sorta solo in un momento successivo.

Le Conclusioni

In conclusione, questa ordinanza stabilisce che, qualora il diritto a una componente retributiva utile ai fini della buonuscita venga accertato giudizialmente dopo la cessazione del rapporto di lavoro, il termine di prescrizione per la richiesta di ricalcolo della prestazione decorre dalla data in cui tale accertamento diviene definitivo. Questa interpretazione tutela il diritto del lavoratore a ottenere una liquidazione completa e corretta, anche quando la definizione di tutte le componenti della sua retribuzione richiede tempi più lunghi e percorsi giudiziari. La decisione rappresenta un importante precedente per tutti i casi analoghi, garantendo che l’incertezza su una voce stipendiale non pregiudichi il diritto a una buonuscita calcolata in modo completo.

Da quando inizia a decorrere la prescrizione per includere nella buonuscita un assegno riconosciuto da una sentenza successiva al pensionamento?
La prescrizione decorre non dalla data del pensionamento, ma dal momento in cui la sentenza che accerta il diritto a tale assegno diventa definitiva. Questo perché solo da quel momento il diritto al ricalcolo può essere legalmente fatto valere.

Una sentenza tra lavoratore e datore di lavoro può avere effetti sulla prescrizione nei confronti dell’ente previdenziale che non era parte in causa?
Secondo la Corte, la sentenza non agisce come atto interruttivo della prescrizione nei confronti dell’ente. Tuttavia, essa costituisce il momento in cui sorge il diritto del lavoratore a chiedere il ricalcolo della buonuscita, e quindi è da quella data che inizia a decorrere il relativo termine di prescrizione.

Qual è la distinzione chiave fatta dalla Cassazione in questo caso sulla prescrizione buonuscita?
La Corte distingue tra il diritto alla buonuscita nel suo complesso (che si prescrive a partire dalla cessazione del servizio) e il diritto a un suo specifico ricalcolo basato su una componente retributiva accertata successivamente. Quest’ultimo diritto ha un proprio termine di prescrizione, autonomo e distinto, che decorre dal momento dell’accertamento giudiziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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