Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33253 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33253 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 802-2020 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 144/2019 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 25/06/2019 R.G.N. 309/2018;
Oggetto
R.G.N. 802/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 27/09/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/09/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.La ricorrente, già dipendente dello stabilimento RAGIONE_SOCIALE di Pisticci dal 1969 al 1981, impugna la sentenza della Corte d’appello di Potenza che, in riforma della sentenza del Tribunale di Matera, ha respinto la domanda volta al riconoscimento del diritto alla rivalutazione contributiva ex lege 257/92 per l’esposizione all’amianto subita nel periodo lavorativo, riten uto prescritto a decorrere dalla data di pensionamento del gennaio 2006 anziché, come affermato giudice di primo grado, dalla presentazione della domanda INPS in data 18/2/2017.
In particolare, il giudice di appello ha ritenuto che il diritto al beneficio di cui all’art. 13 della legge n. 257 del 1992, dotato di specifica autonomia, sorge per effetto dell’ ultradecennale esposizione qualificata all’amianto e può essere fatto valere da quando tale condizione si è verificata, il che può avvenire al massimo entro la data del pensionamento allorché l’esposizione morbigena cessa. Conseguentemente, la data del pensionamento integra ‘necessariamente’ il momento ultimo per il perfezionamento dei requisiti costitutivi del beneficio ed anche per la decorrenza del termine di prescrizione. Ha quindi accertato che, nella specie, in mancanza di allegazione e prova del fatto che la consap evolezza dell’esposizione all’amianto fosse insorta successivamente al pensionamento del gennaio 2006 , la domanda all’INPS era stata inoltrata quando il termine decennale di prescrizione era oramai decorso.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso COGNOME NOMECOGNOME affidato a cinque motivi, a cui si è riportata nelle memorie depositate.
L’INPS è rimasta intimata non avendo esercitato difese.
CONSIDERATO CHE
Con il primo, è dedotta, ai sensi dell’art. 360, co.1, n. 4 c.p.c., la violazione degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., per avere la Corte d’appello individuato , con motivazione mancante o apparente, il dies a quo del termine prescrizionale in materia di benefici previdenziali per esposizione ad amianto nella data del pensionamento; nel secondo motivo si addebita alla sentenza d’appello, in relazione all’art. 360, co.1 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c. e del precetto per cui la prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, che, nel caso di benefici contributivi per esposizione all’amianto, coincide, a prescindere dal pensionamento, con il momento della raggiunta consapevolezza, in capo al titolare, del diritto conseguente alla propria esposizione ad amianto; nel terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, co.1 n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. per avere la Corte di merito individuato il dies a quo del termine di prescrizione nel collocamento in quiescenza della ricorrente, quale ultimo momento utile per il perfezionarsi del diritto ai benefici contributivi, in assenza di qualsiasi prova neppure indiziaria per ritenere raggiunta in tale momento la consapevolezza dell’esposizione all’amianto; nel quarto motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, co.1, n. 5 c.p.c., l’omessa pronuncia circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per non avere la Corte di merito considerato, ai fini del giudizio presuntivo di
consapevolezza del diritto, che la ricorrente aveva presentato domanda di rilascio di certificazione ad INAIL in data 21/2/2017; come ultimo motivo (impropriamente indicizzato anch’esso come n.4) è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2934 c.c. per avere ritenuto prescrittibile il diritto a rivalutazione contributiva per pregressa esposizione all’amianto, per i soggetti già pensionati o collocati in mobilità alla data dell’1/10/2003.
Il primo motivo è fondato. In esso si concentrano, nella carenza motivazionale dell ‘ impugnata sentenza, le altre lamentate violazioni che, meritevoli di trattazione congiunta per ragioni di connessione logica, vi restano tutte assorbite.
Le dolute anomalie motivazionali si risolvono in un confronto logico dell’iter argomentativo con le risultanze processuali e , sul piano probatorio, nelle possibili ragioni a sostegno della individuazione del dies a quo per il valido esercizio del diritto alla rivalutazione contributiva. Sul punto, si osserva che la ratio decidendi della pronuncia impugnata si incentra sull’esclusivo rilievo che il dies a quo della prescrizione debba « necessariamente essere ricollegato alla data del pensionamento risalente al gennaio 2006 con conseguente intempestività della domanda rivolta all’INPS del 1 8 febbraio 2017 ». La Corte di merito soggiunge che l’assicurato non ha né dedotto né dimostrato l’acquisizione della consapevolezza in data successiva al pensionamento; peraltro, considerato che il rapporto di lavoro era cessato nel gennaio 1981, a partire da tale data sarebbe « anche v enuta meno l’esposizione alle fibre di amianto per l’intervenuta cessazione dell’attività lavorativa alle dipendenze di quella società ». La successione delle due argomentazioni consentirebbe di opinare che la coincidenza
cronologica dei due momenti (cessazione del rapporto e cessazione dell ‘ esposizione ad amianto) diventi, dunque, anche ragione giustificativa della possibile insorgenza della conoscenza (quasi a dire che prima della cessazione del rapporto di lavoro il lavoratore non sia stato consapevole della sua esposizione al rischio morbigeno o che, al più tardi, a quel momento di fuoriuscita dal contesto aziendale possa essere sorta la conoscenza di una situazione di fatto che sostenga l’esercizio dell’invocato diritto); né si potrebbe ragionevolmente affermare che il lavoratore fosse stato consapevole della esposizione ad amianto per il solo fatto di esservi stato esposto (sul punto, cfr. Cass. 18254/2019). Inoltre, alcun argomento logico o storico è stato offerto per comprendere la mancanza di consapevolezza dell’esposizione dalla cessazione del rapporto fino alla data del pensionamento, o quale sia la ragione giustificativa dell’ancoraggio della consapevole esposizione al momento del pensionamento e non ad epoca successiva, salvo che per la rilevanza della domanda di certificazione all’INAIL (che , nel caso di specie, risulta anche successiva alla domanda INPS).
L a rappresentazione di un’automatica conseguenzialità cronologica e causale non è confortata da elementi probatori (di natura tecnica o documentale) o da sviluppi logici idonei ad escludere ipotesi ricostruttive alternative, e non è un aspetto irrilevante perché dalla individuazione di un momento storico che attesti la consapevole esposizione qualificata decorre il termine di prescrizione dell’invocata prestazione ex art. 2935 c.c. Su tale tema, poi, si osserva che la prescrittibilità del diritto alla rivalutazione discende dalle caratteristiche del beneficio che si atteggia come un diritto autonomo rispetto al diritto a pensione (solo questo primario ed intangibile, rammenta la sentenza Cass., sez. un., 9219/2003) e « sorge in conseguenza
del ‘fatto’ della esposizione ad amianto e determina una maggiorazione pensionistica avente in un certo qual modo natura risarcitoria » (Cass. n.2856/2017). In sostanza, la censura motivazionale denunciata comporta la rivalutazione non della prescrittibilità del diritto ma della sua decorrenza.
Si osserva, poi, che le restanti censure di merito sono fondate alla luce delle precisazioni illustrate da questa Corte nel sindacato di numerose pronunce sorrette dal medesimo percorso argomentativo, a cui si intende dare continuità. Come già evidenziato in casi sovrapponibili a quello in esame (cfr. ord. nn. 22598/24, 22588/24, 10225/24, 36351/22, 30163/22), la statuizione incorre negli altri errores denunciati, che attengono alla violazione e alla falsa applicazione della regola di diritto vigente in tema di prescrizione. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte il diritto alla rivalutazione contributiva, di cui all’art. 13, co .8, L. n.257/1992, autonomo rispetto al diritto a pensione, è assoggettato a prescrizione decennale, « con decorrenza dal momento in cui l’interessato abbia avuto conoscenza o potesse avere conoscenza del fatto di essere stato esposto oltre soglia ad amianto, durante le proprie lavorazioni » (Cass. 26935/2018 ed anche Cass. n. 2856/2017 e n.2351/2015). Nella fattispecie tipizzata dalla legge, la consapevolezza o la conoscibilità si palesano, perciò, indispensabili al fine di individuare il termine di decorrenza della prescrizione del diritto vantato (cfr. Cass. n.25779 del 2023) e devono essere positivamente e puntualmente accertate.
Per tutto quanto innanzi, ha errato, pertanto, la Corte territoriale nell’identificare recisamente il dies a quo della prescrizione nella data del pensionamento, profilo di per sé sprovvisto di valenza significativa ai fini della rigorosa verifica
imposta dalla legge in ordine al bagaglio cognitivo dell’interessato. Come traspare dall’avverbio ‘necessariamente’ (citato a pag. 6 della sentenza d’appello), su tale elemento la pronuncia impugnata costruisce un processo di automatica inferenza logica, senza alcuna valutazione in concreto di quella consapevolezza o di quella conoscibilità che configurano presupposti imprescindibili della fattispecie delineata dalla legge (si vedano tutte le pronunce richiamate in ord. 7446/2024, già del 2022 -n.36561, 36102, 30172, 30163). Né, per come innanzi visto, sull’elemento della consapevolezza o della conoscibilità, forniscono utili elementi di valutazione i richiami al dato puro e semplice della cessazione del rapporto lavorativo.
La Corte territoriale non si è attenuta ai suddetti principi ed ha fatto coincidere il dies a quo di decorrenza della prescrizione con la data del pensionamento, senza svolgere i necessari accertamenti per individuare il momento in cui l’attuale ricorrente avesse o potesse avere acquisito consapevolezza della avvenuta esposizione (nello stesso senso cfr. anche Cass. 23/02/2024 n.4898). Né dalla controparte, rimasta intimata, sono stati formulati rilievi critici che inducano a rimeditare l’orientamento di legittimità espresso.
Ne consegue, dando continuità ai principi di diritto enunciati da questa Corte in controversie analoghe, che la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio restitutorio per un nuovo esame alla medesima Corte d’appello, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Potenza.
Così deciso in Roma, il 27 settembre 2024.