Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18067 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 18067 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
SENTENZA
sul ricorso 293-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE BOLOGNA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 645/2022 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 11/10/2022 R.G.N. 30/2022;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’avvocato COGNOME
Oggetto
R.G.N. 293/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 28/05/2025
PU
udito l’avvocato NOME COGNOME per delega verbale avvocato NOME COGNOME.
Fatti di causa
1.- La Corte d’appello di Bologna, con la sentenza in atti, ha rigettato sia l’appello principale che quello incidentale con conseguente integrale conferma della gravata sentenza che aveva accolto parzialmente la domanda proposta da NOME COGNOME ed aveva accertato il suo diritto ad essere inquadrata fin dal 2008 quale funzionario sindacale di prima nomina nel livello E, condannando conseguentemente la resistente FP CGIL di Bologna al pagamento in favore della ricorrente delle differenze retributive dal 2008 al 2016 che quantificava in € 71.706,81 oltre accessori.
La Corte rigettava invece tutte le altre domande risarcitorie con cui – previo accertamento della nullità e/o invalidità e/o illegittimità della revoca del mandato rappresentativo e comunque della illegittimità della condotta posta in essere dalla SP CGIL di Bologna nei suoi confronti – NOME COGNOME chiedeva la condanna dell’organizzazione sindacale al risarcimento dei danni alla professionalità e/o del danno patrimoniale da lucro cessante nonché del danno all’immagine nelle misure quantificate, in relazione agli asseriti atteggiamenti denigratori e offensivi direttamente causativi di danni patrimoniali e non , posti in essere nei suoi confronti dalla FIP Cgil nel corso dell’aspettativa sindacale.
2.In particolare, per quanto ancora di interesse, con riferimento al motivo di appello principale relativo alla sospensione della prescrizione durante il periodo in cui la ricorrente aveva operato per la Cgil in aspettativa non retribuita dal proprio datore di lavoro, la Corte d’appello – nel confermare le statuizioni del giudice di primo grado in ordine alla fondatezza della domanda di superiore inquadramento professionale -ribadiva che, pur in assenza di un rapporto di
lavoro subordinato tra le odierne parti in causa, correttamente il giudice di primo grado aveva applicato per analogia la regula iuris della sospensione della prescrizione di elaborazione giurisprudenziale per tutti i casi in cui fosse ravvisabile un metus del lavoratore nei confronti del datore di lavoro.
L’applicazione analogica di tale regola, ad avviso della Corte, era giustificata sia per l’assenza di una specifica disciplina sul punto del peculiare rapporto intercorso fra le odierne parti in causa, sia per la similitudine di tale rapporto con quelli di lavoro privi di stabilità reale, considerata la comune fragilità che connotava i rapporti di lavoro in considerazione. Ad avviso della Corte territoriale la ragione che giustificava la sospensione della prescrizione era palese, posto che la lavoratrice svolgeva presso la FP CGIL la stessa attività di lavoro svolta dai lavoratori subordinati; e l’immediata revocabilità dell’incarico sindacale provocava per i lavoratori in distacco, quel metus che condizionava il loro comportamento e giustificava quindi l’applicabilità della sospensione del termine di prescrizione nel corso del rapporto.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la FP Cgil Bologna con un motivo al quale ha resistito NOME COGNOME con controricorso. Le parti ed il procuratore generale hanno depositato memorie. La causa è stata rimessa dalla adunanza camerale alla pubblica udienza per ragioni nomofilattiche.
Ragioni della decisione
1.Con l’unico motivo di ricorso la sentenza è stata impugnata da FP CGIL di Bologna per violazione degli artt. 14 e 12, 2° comma delle disp. sulla legge in generale, con riferimento agli artt. 2948 n. 4 e 2935 c.c., in quanto la Corte d’appello, pur avendo riconosciuto che il rapporto in
oggetto – costituitosi tra la lavoratrice in aspettativa sindacale ex art. 31 legge n. 300/70 e l’organizzazione sindacale presso la quale sorgeva il relativo incarico – non fosse di lavoro subordinato, ha ritenuto applicabile, per analogia, la disposizione di cui all’art. 2948 n. 4) c.c., nel testo risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 63/1966 e, per l’effetto, ha ritenuto che la prescrizione relativa alle differenze di trattamento economico non potesse decorrere in costanza del rapporto; conseguentemente ha rigettato la relativa eccezione con riferimento ai crediti maturati nel periodo precedente il quinquennio dalla data di costituzione in mora.
2.- Il motivo di ricorso è fondato.
Occorre in primo luogo rilevare che NOME COGNOME era alle dipendenze della RAGIONE_SOCIALE e dal 5 aprile 2008 è stata collocata in aspettativa sindacale non retribuita a tempo indeterminato, ai sensi dell’art. 31 della legge n. 300/1970, svolgendo mansioni di direzione operativa a livello provinciale presso la FP CGIL di Bologna
3.- Con il giudizio di merito operato dalla Corte di appello, conformemente al giudice di prime cure, è stato quindi accertato che COGNOME NOME lavorava presso la CGIL come funzionaria sindacale, sulla scorta di un mandato rappresentativo conferitol e dall’organizzazione sindacale e, pertanto, con un rapporto di lavoro di natura autonoma.
Nessun accertamento della natura subordinata o parasubordinata od eterorganizzata del rapporto è stato richiesto in giudizio, non essendo stata proposta alcuna domanda di riqualificazione del rapporto in questione.
4.- Ciò posto, deve negarsi che sia legittimo estendere in via analogica la regola della sospensione della prescrizione vigente per i crediti retributivi da lavoro subordinato ai crediti nascenti da un mero rapporto di lavoro autonomo come quello dedotto in giudizio.
5.- Ad avviso del Collegio tale operazione non è consentita perché in primo luogo manca la lacuna normativa che costituisce la premessa indispensabile di qualsiasi estensione analogica di una norma.
6.Ed invero la regola generale vigente nell’ordinamento nella materia della prescrizione che viene qui in rilievo prevede la decorrenza della prescrizione dal ‘giorno in cui il diritto può essere fatto valere’ (art. 2935 c.c.) ‘per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi’ (art. 2948 n. 4 c.c.).
La disciplina della non decorrenza della prescrizione in costanza di un rapporto di lavoro costituisce quindi un’eccezione a tale regola in virtù dell’addizione operata agli artt. 2948 n. 4, 2955, n. 2, e 2956, n. 1, del codice civile dalla sentenza della Corte Cost. n. 63/1966 che ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale per contrasto con l’art. 36 della Cost. limitatamente alla parte in cui consentono che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra durante il rapporto di lavoro subordinato; tale conclusione, secondo la tesi sostenuta dalla Corte Cost. nella medesima sentenza, deriva dalla ‘regola dell’irrinunciabilità della retribuzione a fortiori prevista dall’art.36 Cost.’
7.- Da ciò discende, in primo luogo, che mancando la lacuna non può operare il procedimento prev isto dall’art.12 delle preleggi, secondo cui l’analogia può operare solo per i casi non regolati da una precisa disposizione di legge.
E tale situazione, come affermato in ricorso, non ricorre nella fattispecie in esame posto che l’art. 2948 n. 4 c.c. nella parte non dichiarata incostituzionale trova applicazione generale con riferimento a tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi in forza di un qualunque tipo di contratto/rapporto giuridico, per il quale ovviamente non vi sia una diversa disciplina e dunque anche per il rapporto di
lavoro autonomo dedotto in giudizio.
8. -In secondo luogo l’analogia non può applicarsi perché ai sensi dell’art.14 delle preleggi la deroga ai principi generali non può essere applicata oltre i casi considerati espressamente nella norma derogatoria.
9.Un’ulteriore argomento che depone per la decorrenza della prescrizione nel corso del rapporto per cui è causa, è dato dal fatto che i crediti retributivi per i quali l’art. 2948 n. 4 c.c. , in virtù della citata pronuncia della Corte Cost., prevede la sospensione della prescrizione sono quelli derivanti da rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, tutelati dall’art. 36 Costituzione; mentre nel caso di specie, come accertato dalla Corte di merito, il rapporto intercorso tra le parti per effetto dell’aspettativa sindacale non era di lavoro subordinato e conseguentemente il trattamento economico riconosciuto alla sig.ra COGNOME anche se di fatto corrispondente a quello previsto per i lavoratori subordinati, non aveva natura retributiva in senso stretto sicché non rientrava tra quelli garantiti dall’articolo 36 della Costituzione che, come costantemente affermato da questa Corte di legittimità, non tutela compensi dovuti in relazione ai rapporti di lavoro autonomo (Cassazione 9936 del 2022, Cassazione 36740 del 2021 Cassazione 4667 del 2021).
Inoltre non può affermarsi che nel caso del lavoro prestato del funzionario sindacale in distacco -sia pure con le medesime condizioni economiche del lavoratore subordinato ricorra l’ eadem ratio protettiva che ha portato la Corte Cost. a dichiarare l’illegittimità dell’art.2948 n . 4) c.c. sotto il profilo della ricorrenza della ‘ situazione psicologica del lavoratore, che può essere indotto a non esercitare il proprio diritto per lo stesso motivo per cui molte volte é portato a rinunciarvi, cioè per timore del licenziamento; cosicché la prescrizione, decorrendo durante il rapporto di lavoro, produce proprio
quell’effetto che l’art. 36 ha inteso precludere vietando qualunque tipo di rinuncia: anche quella che, in particolari situazioni, può essere implicita nel mancato esercizio del proprio diritto e pertanto nel fatto che si lasci decorrere la prescrizione’.
Tale ‘ostacolo materiale’ , considerato dirimente dalla Corte Cost., non può ritenersi invero esistente nella fattispecie in esame perché è diversa la situazione in cui si trova il lavoratore in distacco sindacale, che ai sensi dell’art. 31 l. n. 300/70 conserva il rapporto di lavoro con il proprio datore sulla cui persistenza e stabilità l’organizzazione sindacale non può incidere in alcun modo, non potendo ovviamente esercitare potere risolutivo alcuno.
Pertanto ve ritenuto che il funzionario sindacale in quanto tale e in aspettativa non versa nella medesima situazione di fatto del lavoratore subordinato neppure dal punto di vista del timore di perdere il posto di lavoro che gli è invece garantito anche in ipotesi di tempestiva rivendicazione dei propri diritti patrimoniali e non patrimoniali nel corso del rapporto di mandato sindacale con l’organizzazione sindacale presso cui è distaccato.
Né rileva che sia risolvibile invece ad nutum il rapporto di mandato come funzionario, rapporto che, non avendo natura subordinata, non gode della copertura di cui all’art.36 Cost. sotto il profilo – che è quello che viene qui in rilievo – della natura del corrispettivo, posto che secondo la costante giurisprudenza, solo la retribuzione propriamente detta è garantita dall’art.36 Cost., non anche il compenso dovuto per le prestazioni di lavoro autonomo.
12. Per gli esposti motivi il ricorso va accolto, la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto con rimessione al giudice di rinvio indicato in dispositivo il quale dovrà procedere alla prosecuzione della causa in osservanza dei
prefati principi e provvedere altresì sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, alla pubblica udienza del 28 maggio