Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33264 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33264 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 2204-2020 proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE;
– intimato – avverso la sentenza n. 164/2019 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 01/07/2019 R.G.N. 293/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/09/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Il ricorrente, già dipendente dello stabilimento RAGIONE_SOCIALE di Pisticci Scalo , impugna la sentenza della Corte d’appello di
Oggetto
R.G.N. 2204/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 27/09/2024
CC
Potenza che, in riforma della sentenza del Tribunale di Matera, ha respinto l’azionata domanda volta al riconoscimento del diritto alla rivalutazione contributiva ex lege 257/92 per l’esposizione all’amianto subita nel periodo lavorativo, ritenendolo prescritto a decorrere dalla data di pensionamento del agosto 2001 anziché, come affermato giudice di primo grado, dal momento in cui il pensionato abbia richiesto all’INAIL l’accertamento della propria esposizione, domanda peraltro non depositata ‘per cui nessuna prescrizione è maturata’; in primo grado era stato così riconosciuto il diritto alla rivalutazione contributiva per il periodo dal 23/4/1970 al 31/12/1981 e fronte di una domanda amministrativa ad INPS del 30/5/2015.
In particolare, il giudice di appello ha ritenuto che il diritto al beneficio di cui all’art. 13 della legge n. 257 del 1992, dotato di specifica autonomia, sorge per effetto dell’ ultradecennale esposizione qualificata all’amianto e può essere fatto valere con domanda amministrativa da quando tale condizione si è verificata, il che può avvenire anche in costanza di rapporto di lavoro sulla base di circostanze concrete da esaminare in giudizio, ovvero con istanza all’INAIL per la certificazione di esposiz ione all’amianto, ma al massimo entro la data del pensionamento, allorché l’esposizione morbigena cessa , aggiungendo che tale momento rappresenta la data ultima a partire dalla quale il diritto può essere fatto valere nei limiti della prescrizione decennale. Conseguentemente, la domanda all’INPS era stata inoltrata quando il termine decennale di prescrizione era oramai decorso.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso COGNOME MicheleCOGNOME affidato a cinque motivi; nelle memorie da ultimo depositate menziona, a sostegno, recenti pronunce della Corte.
4. L’INPS , rimasta intimata, non ha esercitato difese.
CONSIDERATO CHE
1. Con il primo motivo , è dedotta, ai sensi dell’art. 360, co.1, n. 4 c.p.c., la violazione degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., per avere la Corte d’appello individuato , con motivazione mancante o apparente, il dies a quo del termine prescrizionale in materia di benefici previdenziali per esposizione ad amianto la data del pensionamento; con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 co.1 n.5 c.p.c. omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, inerente all ‘ acquisita consapevolezza nel momento di deposito delle CTU ambientali relative allo stesso stabilimento, impianto e mansioni svolte dal lavoratore, come risultante da documentazione prodotta in allegato alla memoria difensiva in appello; con il terzo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 co.1 n.3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2934 c.c. per avere ritenuto prescrittibile il diritto a rivalutazione contributiva per pregressa esposizione all’amianto, per i soggetti già p ensionati o collocati in mobilità alla data dell’1/10/2003 ; nel quarto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, co.1 n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. per avere la Corte di merito individuato il dies a quo del termine di prescrizione nel collocamento in quiescenza del ricorrente, quale ultimo momento utile per il perfezionarsi del diritto ai benefici contributivi, in assenza di qualsiasi prova neppure indiziaria per ritenere raggiunta in tale momento la consapevolezza dell’esposizione all’amianto; nel quinto motivo si addebita alla sentenza d’appello, i n relazione all’art. 360, co.1 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c. e del precetto per cui la prescrizione inizia a decorrere dal
momento in cui il diritto può essere fatto valere, che, nel caso di benefici contributivi per esposizione all’amianto, coincide, a prescindere dal pensionamento, con il momento della raggiunta consapevolezza, in capo al titolare, del diritto conseguente alla propria esposizione ad amianto.
Il primo motivo è fondato. In esso si concentrano, nella carenza motivazionale dell ‘ impugnata sentenza, le altre lamentate violazioni che, meritevoli di trattazione congiunta per ragioni di connessione logica, vi restano tutte assorbite.
Le dolute anomalie motivazionali si risolvono in un confronto logico dell’iter argomentativo con le risultanze processuali e , sul piano probatorio, nelle possibili ragioni a sostegno della individuazione del dies a quo per il valido esercizio del diritto alla rivalutazione contributiva. Sul punto, si osserva che la ratio decidendi della pronuncia impugnata si incentra sull’esclusivo rilievo che il dies a quo della prescrizione debba essere individuato nella data del pensionamento, affermando che, poiché elemento costitutivo del diritto è l’esposizione qualificata ad amianto per oltre un decennio, « è evidente che il diritto non possa perfezionarsi -e, dunque essere esercitato per la prima volta- successivamente al collocamento in quiescenza del lavoratore, quando per forza di cose l’esposizione all’agente morbigeno viene a cessare », altresì aggiungendo (si veda al punto 9 dei motivi della decisione) che « è giocoforza, dunque, che il diritto ai benefici contributivi per esposizione all’amianto si perfezioni al massimo entro la data del pensionamento, che rappresenta, così, la data ultima a partire dalla quale il diritto stesso può essere fatto valere nei limiti della prescrizione decennale ». La successione delle due argomentazioni consentirebbe di opinare che la coincidenza cronologica dei due
momenti (cessazione del rapporto e cessazione dell ‘ esposizione ad amianto) diventi, dunque, anche ragione giustificativa della possibile insorgenza della conoscenza (quasi a dire che prima della cessazione del rapporto di lavoro il lavoratore non sia stato consapevole della sua esposizione al rischio morbigeno o che, al più tardi, a quel momento di fuoriuscita dal contesto aziendale possa essere sorta la conoscenza di una situazione di fatto che sostenga l’esercizio dell’invocato diritto); né si potrebbe ragionevolmente affermare che il lavoratore sia stato consapevole della esposizione ad amianto per il solo fatto di esservi stato esposto (sul punto, cfr. Cass. 18254/2019). Inoltre, alcun argomento logico o storico è stato offerto per comprendere la mancanz a di consapevolezza dell’esposizione dalla cessazione del rapporto fino alla data del pensionamento, o quale sia la ragione giustificativa dell’ancoraggio della consapevole esposizione al solo momento del pensionamento e non ad epoca successiva, salvo che per la rilevanza della domanda di certificazione all’INAIL (che, nel caso di specie, non risulterebbe essere stata presentata).
L a rappresentazione di un’automatica conseguenzialità cronologica e causale non è confortata da elementi probatori (di natura tecnica o documentale) o da sviluppi logici idonei ad escludere ipotesi ricostruttive alternative; sul punto, si innesta la doglianza inerente al secondo motivo di ricorso, inerente alla omessa valutazione della dedotta circostanza del deposito di una consulenza tecnica ambientale sullo stesso sito aziendale e per altre simili posizioni lavorative, approfondimento di merito non attinente a questa fase. Si tratta di un aspetto rilevante perché dalla individuazione di un momento storico che attesti la
consapevole esposizione qualificata decorre il termine di prescrizione dell’invocata prestazione ex art. 2935 c.c.
Su tale tema, poi, si osserva che la prescrittibilità del diritto alla rivalutazione discende dalle caratteristiche del beneficio che si atteggia come un diritto autonomo rispetto al diritto a pensione (solo questo primario ed intangibile, rammenta la sentenza Cass., sez. un., 9219/2003) e « sorge in conseguenza del ‘fatto’ della esposizione ad amianto e determina una maggiorazione pensionistica avente in un certo qual modo natura risarcitoria » (Cass. n.2856/2017). In sostanza, la censura motivazionale denunciata comporta, allora, la rivalutazione non della prescrittibilità del diritto ma della sua decorrenza.
3. Si osserva, infine, che le restanti censure di merito sono fondate alla luce delle precisazioni illustrate da questa Corte nel sindacato di numerose pronunce sorrette dal medesimo percorso argomentativo, a cui si intende dare continuità. Come già evidenziato in casi sovrapponibili a quello in esame (cfr. ord. nn. 22598/24, 22588/24, 10225/24, 36351/22, 30163/22), la statuizione incorre negli altri errores denunciati, che attengono alla violazione e alla falsa applicazione della regola di diritto vigente in tema di prescrizione. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte il diritto alla rivalutazione contributiva, di cui all’art. 13, co .8, L. n.257/1992, autonomo rispetto al diritto a pensione, è assoggettato a prescrizione decennale, « con decorrenza dal momento in cui l’interessato abbia avuto conoscenza o potesse avere conoscenza del fatto di essere stato esposto oltre soglia ad amianto, durante le proprie lavorazioni » (Cass. 26935/2018 ed anche Cass. n. 2856/2017 e n.2351/2015). Nella fattispecie tipizzata dalla legge, la consapevolezza o la conoscibilità si palesano, perciò,
indispensabili al fine di individuare il termine di decorrenza della prescrizione del diritto vantato (cfr. Cass. n.25779/2023) e devono essere positivamente e puntualmente accertate.
Per tutto quanto innanzi, ha errato, pertanto, la Corte territoriale nell’identificare recisamente il dies a quo della prescrizione nella data del pensionamento, profilo di per sé sprovvisto di valenza significativa ai fini della rigorosa verifica imposta dalla legge in ordine al bagaglio cognitivo dell’interessato. Come traspare dal menzionato brano della impugnata sentenza, la pronuncia costruisce un processo di automatica inferenza logica, senza alcuna valutazione in concreto di quella consapevolezza o di quella conoscibilità che configurano presupposti imprescindibili della fattispecie delineata dalla legge (si vedano le pronunce richiamate in ord. 7446/2024, già del 2022 -n.36561, 36102, 30172, 30163). Né, per come innanzi visto, sull’elemento della consapevolezza o della conoscibilità, forniscono utili elementi di valutazione i richiami al dato puro e semplice della cessazione del rapporto lavorativo.
La Corte territoriale non si è attenuta ai suddetti principi ed ha fatto coincidere il dies a quo di decorrenza della prescrizione con la data del pensionamento, senza svolgere i necessari accertamenti per individuare il momento in cui l’attuale ricorrente avesse o potesse avere acquisito consapevolezza della avvenuta esposizione (nello stesso senso cfr. anche Cass. 23/02/2024 n.4898). Né dalla controparte, rimasta intimata, sono stati formulati rilievi critici che inducano a rimeditare l’orientamento di legittimità espresso.
Ne consegue, dando continuità ai principi di diritto enunciati da questa Corte in controversie analoghe, che la sentenza
impugnata deve essere cassata con rinvio restitutorio per un nuovo esame alla medesima Corte d’appello, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Potenza.
Così deciso in Roma, il 27 settembre 2024.