Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3262 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L   Num. 3262  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 14449-2021 proposto da:
BANCA  MONTE  DEI  PASCHI  DI  SIENA  S.P.A.,  in  persona  del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato  NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME  COGNOME,  domiciliata  in  INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 13/12/2023
CC
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso  la  sentenza  n.  748/2020  della  CORTE  D’APPELLO  di LECCE, depositata il 30/11/2020 R.G.N. 160/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
13/12/2023 dal AVV_NOTAIO Dott. NOME COGNOME.
Rilevato che
con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Lecce ha respinto l’impugnazione di Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. ( da ora BMPS) avverso la sentenza del locale Tribunale con cui era stata rigettata l’opposizione proposta dalla stessa Banca al decreto ingiuntivo ottenuto dall’odiern a controricorrente, avente ad oggetto il pagamento del premio aziendale di rendimento (PAR) per gli anni 2011 e 2012 in favore del dipendente, ai sensi degli artt. 44 del c.c.n.l. del 12.2.2005 (Contratto collettivo nazionale di lavoro per i quadri direttivi e per il personale delle aree professionali dipendenti dalle imprese creditizie, finanziarie e strumentali) e 24 del Contratto integrativo aziendale (CIA) del 3.3.2006;
 la  Corte  di  merito,  per  quanto  di  rilievo  in  questa sede, richiamati propri precedenti nella materia, ha reputato che dalla lettura del combinato disposto degli artt. 44 c.c.n.l. applicabile e dell’art. 24 del contratto integrativo aziendale ed altresì alla stregua della “Relazione di
Remunerazione” ex art. 123-ter T.U.F. il diritto al premio annuale di rendimento non dipendesse dal raggiungimento di obiettivi specifici, stabiliti dalla parte datoriale, ma dalla previsione in bilancio di un impegno di spesa, essendo il detto emolumento collegato al solo fatto della occupazione da parte del dipendente di una posizione lavorativa strategica per la Banca e rilevando, dunque, ai fini della erogazione dello stesso, soltanto la coerenza del comportamento del dipendente con il contenuto della prestazione richiesta;
per la cassazione della decisione ha proposto ricorso BMPS sulla base di un unico motivo; la parte intimata ha depositato controricorso illustrato con memoria;
Considerato che
Con l’ unico motivo di ricorso parte ricorrente deduce ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 44 del CCNL nonché dei canoni di ermeneutica negoziale di cui agli artt. 1362, 1363, 1366 cod. civ. (in relazione all’art. 24 del CIA, alla delibera del c.d.a. del 13 gennaio 2011 e al verbale di assemblea dei soci BMPS del 29 aprile 2013) per avere essa ritenuto dovuta l’erogazione del premio aziendale di rendimento per gli anni 2011 e 2012. Lamenta che la Corte di Appello avrebbe ritenuto erroneamente che l’erogazione del PAR fosse subordinata soltanto alla previsione in bilancio di un impegno di spesa, in contrasto con il tenore letterale delle previsioni collettive, ai sensi delle quali erano individuati puntualmente i presupposti per il conseguimento di obiettivi specifici, fissati dalla Banca in via preventiva e
discrezionale, e che, nell’anno 2011 non erano stati raggiunti; denunzia, inoltre, l’errore dei giudici di appello nel considerare «dirimente» la mancata attivazione della procedura informativa, «quale argomento che dimostrerebbe il carattere di obbligatorietà del premio», mentre l’art. 44 del c.c.n.l., che disciplina la procedura, prevede solo un obbligo di informazione e di consultazione delle OO.SS. sui criteri e sulle modalità di erogazione del premio, ma non un obbligo di contrarre;
preliminarmente deve essere disattesa la eccezione di inammissibilità del ricorso, atteso che nella relativa modalità di redazione non sono ravvisabili i vizi prospettai dalla parte controricorrente; le censure sono svolte in termini del tutto chiari e pertinenti alle ragioni del decisum di secondo grado ed investono la questione -centrale nell’economia della decisione di appello -della interpretazione delle norme collettive al fine della verifica delle condizioni alle quali era subordinata la erogazione dell’emolumento in questione;
nel merito il motivo deve essere accolto in continuità  con  precedenti  di  questa  Corte  che  hanno scrutinato  la  medesima  fattispecie  e  ritenuto  fondate  le ragioni invocate da Banca MPS ai fini della cassazione della decisione  di  secondo  grado  (Cass.  n.  30135  del  2021; Cass. nn. 16924, 16925, 16926, 16927, 16928 del 2022, Cass., nn. 25655,  14204, 13802, 11594 del 2023);
3.1. il Collegio non ravvisa, infatti, ragioni per discostarsi  da  tali  precedenti,  atteso  che,  una  volta  che l’interpretazione  della  regula  iuris  è  stata  enunciata  con
l’intervento nomofilattico della Corte regolatrice, essa ‘ha anche vocazione di stabilità, innegabilmente accentuata (in una corretta prospettiva di supporto al valore delle certezze del diritto) dalle novelle del 2006 (art. 374 c.p.c.) e 2009 (art. 360 bi s c.p.c., n. 1)’ (Cass. SS.UU. n. 15144 del 2011); invero, la ricorrente affermazione nel senso della non vincolatività del precedente deve essere armonizzata con l’esigenza di garantire l’uniformità dell’interpretazione giurisprudenziale attraverso il ruolo svolto dalla Corte di Cassazione (Cass. SS.UU. n. 23675 del 2014), atteso che, in un sistema che valorizza l’affidabilità e la prevedibilità delle decisioni, il quale influisce positivamente anche sulla riduzione del contenzioso, vi è l’esigenza, avvert ita anche dalla dottrina, ‘dell’osservanza dei precedenti e nell’ammettere mutamenti giurisprudenziali di orientamenti consolidati solo se giustificati da gravi ragioni’ (in termini: Cass. SS.UU. n. 11747 del 2019);
3.2. pertanto, in mancanza di ragioni nuove e diverse da quelle disattese nei giudizi analoghi, deve operare il principio di fedeltà ai precedenti – ai quali si rinvia anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. -le cui motivazioni vengono in prosieguo riproposte nei loro essenziali snodi motivazionali; occorre premettere che la Corte territoriale ha ritenuto che il PAR si configura come emolumento legato al solo fatto che il dipendente occupi una posizione lavorativa considerata strategica per la banca, sicché la sua erogazione è condizionata esclusivamente dal comportamento del quadro, che deve manifestarsi coerente con il contenuto della prestazione
richiesta; l’an va individuato nella sussistenza del budget, quindi nell’impegno di spesa contenuto in bilancio. La tesi è ribadita nel seguito della motivazione, là dove la Corte, esaminato il contenuto della Relazione sulla remunerazione del 27 aprile 2012, ha considerato che la conclusione cui giunge la Relazione al punto 5, e cioè di non corrispondere il Premio Aziendale di Rendimento per l’anno 2011 a causa del mancato raggiungimento della condizione prestabilita in termini di utile netto – appare distonica rispetto all’an del PAR che, ai sensi dell’art. 44 del c.c.n.l. è da individuarsi nel budget, inteso come preventivo di spesa in bilancio, non nella redditività complessiva dell’impresa stessa, per contro rilevante ai fini del Premio Aziendale; 3.3. si deve rilevare, con riguardo alle fonti collettive che regolano l’istituto (art. 44 del c.c.n.l. e art. 24 del contratto integrativo aziendale), che, in primo luogo, il Premio aziendale di rendimento è ricondotto, secondo la formulazione letterale dell’art. 44 c.c.n.l., alla sfera unilaterale e discrezionale dell’impresa, la quale può prevedere l’istituzione dell’incentivo (ma anche evidentemente non prevederla, secondo le proprie valutazioni) ed ha altresì piena facoltà (‘stabilisce’) di determinarne l’ammontare globale, i criteri di attribuzione e i tempi di pagamento, in relazione al raggiungimento di prefissati specifici obiettivi (nella specie, stabiliti dal Consiglio di Amministrazione per l’anno 2011 in un utile netto di esercizio del Gruppo pari ad almeno 500 milioni): con il limite del rispetto dei canoni di “oggettività” e di “trasparenza” nella definizione dei criteri di determinazione e di attribuzione e della osservanza degli obblighi di informazione, prima, e di consultazione, poi, con le
organizzazioni sindacali, se queste ne richiedano l’esperimento;
3.3. la sentenza impugnata non compie una puntuale, e pur necessaria, analisi del testo della disposizione collettiva nazionale, trascurando così di applicare il criterio del senso letterale delle parole (art. 1362 cod.civ., comma 1), quale primo momento del processo di interpretazione, e di valutarne la portata assorbente di eventuali, ulteriori e successivi criteri ermeneutici; con riguardo alla contrattazione integrativa, trascura il ruolo di strumento di attuazione delle previsioni poste a livello nazionale, confinando in un cono d’ombra proposizioni e rimandi, che invece dimostrerebbero il filo di continuità e di coerenza con le previsioni della disposizione di livello nazionale e omette di interpretare le clausole in maniera sistematica;
3.4. le rilevate carenze della sentenza impugnata sul piano del metodo interpretativo si riflettono anche nell’assegnazione di un carattere dirimente alla mancata attivazione della procedura di informazione prevista dall’art. 44 del c.c.n.l. e richiamata nell’art. 24 del Contratto integrativo aziendale, risultando confermata, ad un esame testuale della norma collettiva di livello nazionale, la unilateralità e discrezionalità dell’istituzione dell’incentivo, da parte dell’impresa, e del suo regolamento applicativo: conclusione alla quale riportano il carattere eventuale della procedura di consultazione, i tempi brevi di avvio (a iniziativa delle organizzazioni sindacali) e di espletamento e, soprattutto, la chiara previsione, per la
quale al termine della procedura l’impresa può comunque adottare i provvedimenti deliberati;
4. in conclusione, l’impugnata sentenza della Corte di appello di Lecce deve essere cassata, in accoglimento del motivo  proposto, e la causa rinviata, anche  per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla medesima Corte in diversa composizione, la quale procederà  a  esaminare  le  fonti  collettive  regolatrici  del Premio aziendale di rendimento nel quadro di una lettura coordinata delle stesse e facendo applicazione dei criteri interpretativi sopra richiamati;
P.Q.M
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata  e  rinvia  anche  ai  fini  del  regolamento  delle spese  del  giudizio  di  legittimità  alla  Corte  di  appello  di Lecce in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13