Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15452 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 15452 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/06/2024
disciplina del lavoro impartite » dal datore o dai suoi collaboratori (art. 2104, co. 2, c.c.);
i poteri rispetto al singolo rapporto di lavoro non sono dunque mediati da alcuna necessità di accordo sindacale e la loro legittimità, a parte gli oneri informativi e di esame congiunto, dipende dalla conformità alle norme sostanziali di cui alla legge (ad es. art. 52 d.lgs. n. 165/2001) o alla contrattazione collettiva;
4.5
non vi è quindi dubbio che il D.S., rifiutando di subordinare l’esercizio dei poteri datoriali al previo accordo con le OO.SS. si sia mosso coerentemente con l’assetto normativo dei poteri ad esso assegnati dalla riforma e tuttora vigente;
l’esercizio di quei poteri datoriali è infatti legittimo nella misura in cui, sul piano sindacale, siano osservate le regole di informazione ed esame congiunto e, sul piano dei diritti individuali, i poteri datoriali siano esercitati coerentemente con le regole sostanziali, di legge o contrattazione, che li disciplinano in via generale ed astratta;
nel caso concreto, l’azione ex art. 28 L. n. 300 del 1970 è stata accolta con riferimento alla previa informativa sull’assetto degli organici di fatto, ma non è meglio spiegato nel ricorso per cassazione se e come -secondo quanto si dirà anche in prosieguo tale aspetto realmente interferisse, anche sul piano temporale, rispetto all’esercizio dei poteri datoriali di microorganizzazione su cui ancora si contende, sicché mancano, sotto questo profilo, chiari, specifici e sufficienti elementi per ravvisare una illegittimità nell’esercizio dei poteri datoriali;
del tutto generico è del resto anche il riferimento, nel ricorso per cassazione, a doglianze riguardanti « la determinazione degli organici » o la « riduzione » di essi;
quanto all’esame congiunto, è assorbente quanto si dirà a proposito dell’impegno del D.S. al fine di dare corso alle trattative attraverso una « serie continua di riunioni » non giunte a buon fine e che si concluse con l’adozione del provvedimento sostitutivo datoriale;
è infatti evidente che una tale serie di incontri sui temi in discussione, poi falliti per l’intransigenza sindacale, non può che assorbire ogni eventuale questione sul rispetto di obblighi di esame congiunto e dunque anche da questo punto di vista non sono ravvisabili profili di illegittimità;
5.
sotto altro profilo, le contestazioni di RAGIONE_SOCIALE si incentrano sull’avere infine il D.S. provveduto in via sostitutiva ai sensi dell’art. 40, co.
3ter , del d. lgs. n. 165 del 2001 « in via provvisoria, sulle materie oggetto del mancato accordo »;
in punto di fatto, la Corte territoriale ha affermato che le OO.SS., nonostante la pregiudiziale sulla necessità di accordo anche sulle materie di cui all’art. 6, lett. h), i) ed m), avevano chiesto che la trattativa seguitasse sulle restanti materie di natura economica, « lasciando tuttavia in vigore per le altre materia in discussione le disposizioni contenute nella precedente contrattazione integrativa »; così ricostruito il fatto, è evidente che in sostanza restava la pregiudiziale sulla contrattazione anche di quelle materie e che dunque il prosieguo delle trattative era condizionato al fatto che il D.S., come legittimamente ha invece fatto, non ritenesse di poter provvedere a prescindere dall’accordo rispetto ad esse;
in sostanza, l’accertamento della Corte territoriale integra i presupposti di mancato accordo utili all’intervento sostitutivo del D.S.;
5.1
ciò posto, non può trovare spazio il rilievo secondo cui il D.S. sarebbe giunto a disciplinare « oltre ad altre materia, anche modalità, tempi e metodi delle relazioni sindacali »;
la censura è poco chiara, in quanto non si comprende se si lamenta che il D.S., operando in via sostitutiva, abbia interferito su modalità, tempi e metodi delle relazioni sindacali volte a raggiungere l’accordo mancato, o se in concreto, il provvedimento reso in via sostitutiva abbia stabilito regole sulle relazioni sindacali; se il senso fosse il secondo, il ricorso mancherebbe di specificità, perché non afferma quale contenuto avessero le discipline sostitutive e provvisorie in tali materie;
se invece il senso fosse il primo, una volta delineata la fattispecie legittimante (mancato accordo) va da sé che non vi sia violazione delle relazioni sindacali per essersi provveduto nonostante la mancata stipula della contrattazione integrativa
del tutto analogamente, è fisiologico e non abnorme che il provvedimento sostitutivo si sia esteso a materie ulteriori a quelle riguardanti l’organizzazione degli uffici e di pertinenza della contrattazione collettiva integrativa;
infatti, l’intervento ai sensi dell’art. 40, co. 3 -ter , del d. lgs. n. 165 del 2001 ha proprio il fine di sopperire al mancato accordo su quanto dovrebbe essere oggetto di contrattazione e dunque la censura, per come formulata, è del tutto inidonea ad individuare un’illegittimità nel comportamento del D.S.;
5.3
da altro punto di vista, il secondo motivo assume che la Corte d’Appello avrebbe omesso la valutazione di alcuni elementi di fatto da cui si sarebbe desunto che la D.S. non aveva mai avviato alcuna trattativa effettiva volta alla contrattazione;
sul punto, la Corte d’Appello ha svolto un ben diverso accertamento in fatto, avendo ritenuto -come si è già accennato – che vi era stata una « serie continua » di riunioni con le OO.SS: e che tuttavia queste ultime erano « arroccate » nella pregiudiziale sulla « rivendicata contrattazione » delle materie di cui si è detto, il tutto su base documentale ed attraverso l’esplicito richiamo di passi di un verbale di seduta con le OO.SS. del 12.3.2013, al fine di dare conto della situazione di stallo esistente ad anno scolastico inoltrato;
rispetto a tali chiari ed evidenti accertamenti va disatteso il richiamo a profili asseritamente trascurati operato nel motivo; infatti:
non ha rilievo il fatto (punto a di pag. 16) che la trattativa fosse stata avviata nell’ottobre 2012 sulla base della proposta di contratto del D.S., in quanto è evidente che una base la trattativa la deve pur avere e del resto gli incontri su cui fa leva la motivazione della Corte territoriale sono successivi;
-l’avere il provvedimento ‘sostitutivo’ disposto l’utilizzazione del fondo di istituto in contrasto con la deliberazione del RAGIONE_SOCIALE docenti nulla significa rispetto al fatto che vi fossero state trattative in ambito sindacale e quel fosse stato l’esito di esse;
-l’affermazione per cui sulle prestazioni aggiuntive del personale docente ed ATA non vi fossero state trattative è meramente apodittica e dunque non può inficiare l’accertamento svolto dalla Corte d’Appello, senza limitazioni, in ordine al diniego delle OO.SS. di trattare sugli argomenti di natura economica se non mantenendo fermo l’assetto della contrattazione integrativa preesistente su quelle materie sulle quali invece legittimamente la D.S. intendeva intervenire con i poteri ad essa attribuiti dalla novella legislativa;
non necessariamente decisivo è il fatto che vi fossero state sessioni di trattative in date non concordate o incompatibili con gli orari di lavoro dei rappresentanti sindacali o rinvii richiesti da parte datoriale, in quanto certamente non ogni ipotetico disguido nella conduzione del negoziato significa che la parte datoriale sia responsabile del mancato accordo, sicché resta insuperato l’accertamento di fatto della Corte di merito in ordine all’atteggiamento ostativo ed ultimativo della RSU ancora al 12 marzo 2013, rispetto ad un provvedimento sostitutivo che è di poco successivo (11.4.2013);
infine, è generico -come si è già detto -il richiamo al fatto che fosse mancata la comunicazione dei prospetti definitivi della ‘dotazione’ organica di diritto, ovverosia delle cattedre appunto ‘di diritto’ esistenti;
il ricorso per cassazione infatti non spiega quale incidenza tale mancata comunicazione avesse, anche sul piano temporale, sugli aspetti che la D.S. intendeva regolare ex novo (le materie di cui alle citate lett. h, i ed m dell’art . 6 del CCNL), né sui restanti aspetti poi regolati in via provvisoria e sostitutiva con il provvedimento del 11.4.2013, sicché l’affermazione che ciò era
« fatto che preclude di per sé qualunque trattativa sul punto » resta apodittica ed insondabile nella effettiva decisività di quanto così addotto;
in definitiva, quest’ultimo profilo resta dedotto nel ricorso per cassazione con modalità non sufficientemente specifiche e dunque inidonee, in contrasto con il disposto dell’art. 366 c.p.c., a consentire di percepire, con la necessaria pregnanza, sulla base del tenore dell’atto di impugnazione, l’effettivo carattere determinante dei corrispondenti fatti, indispensabile perché sia integrata, in ipotesi, anche la fattispecie di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c.;
6.
il ricorso per cassazione va dunque complessivamente disatteso;
7.
le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1bis , se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 5.3.2024.