Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12878 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 12878 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 36451-2018 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ope legis dall’RAGIONE_SOCIALE presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 358/2018 RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 31/07/2018 R.G.N. 594/2017;
Oggetto
Altre ipotesi pubblico impiego
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 04/04/2024
CC
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 04/04/2024 dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che:
con ricorso al Tribunale del lavoro di Salerno, NOME COGNOME, dipendente del RAGIONE_SOCIALE presso l’Ufficio RAGIONE_SOCIALE di Salerno, con qualifica di funzionario dell’organizzazione e delle relazioni (FOR) di III Area funzionale e fascia retributiva F2, esponeva di essere stata assegnata, con l’ordine di servizio n. 1 del 12/1/2010, alle funzioni di Capo Area RAGIONE_SOCIALE segreteria amministrativa dell’RAGIONE_SOCIALE, godendo di una speciale indennità per l’esercizio dell’incarico, dal quale era stata anzitempo destituita con l’ordine di servizio n. 12 del 20/2/2015 del Direttore dell’RAGIONE_SOCIALE di Salerno, RAGIONE_SOCIALE cui illegittimità si doleva in quanto adottato con abuso di potere e in violazione del principio del neminem laedere .
Il Tribunale rigettava la domanda e la COGNOME proponeva gravame dinanzi alla Corte di appello di Salerno la quale, con la sentenza del 31 luglio 2018, confermava la pronuncia di primo grado.
La Corte distrettuale rilevava che l’assegnazione RAGIONE_SOCIALE ricorrente alle funzioni di Capo Area RAGIONE_SOCIALE segreteria amministrativa, disposta con l’ordine di servizio n. 1 del 11/1/2010, integrava una misura organizzativa contingente, legata alle dimissioni del precedente Capo Area, e non valeva ad attribuire né mansioni superiori né a costituire una posizione organizzativa ad hoc , per cui era del tutto inconferente il richiamo agli artt. 18 e 19 c.c.n.l. Comparto Ministeri 1998/2001;
osservava che la fascia retributiva F2 non era affatto conseguenziale all’investitura nell’incarico di Capo Area, come assumeva la ricorrente, né si poteva parlare di demansionamento per effetto RAGIONE_SOCIALE sostituzione nell’incarico in menzione, che rispondeva a logiche di riorganizzazione e al principio di rotazione degli incarichi, previsto dalla circolare n. 0146294-2014, la quale intendeva valorizzare i funzionari in servizio nella professionalità e nelle esperienze acquisite all’interno del contesto lavorativo;
il provvedimento di avvicendamento era stato adottato, inoltre, previa consultazione con le organizzazioni sindacali e nel rispetto delle regole di correttezza nell’esercizio del potere discrezionale, come esplicitate nella circolare cit., lasciando la COGNOME all’interno dell’Area segreteria con compiti, da esercitarsi in autonomia e con perdurante responsabilità, di istruzione dei procedimenti sulla gestione amministrativa del personale;
in relazione all’indennità connessa alle funzioni di Capo Area, la Corte di merito rilevava che l’emolumento, di natura incentivante ed accessorio, non era una componente stipendiale fissa ma era flessibile nei tempi d’erogazione e condizionato ai fondi disponibili (oltretutto non era stato più erogato a partire dal 2017).
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di quattro motivi, cui resisteva con controricorso il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Considerato che:
con il primo motivo si denuncia (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) violazione e falsa applicazione del CCNL-Comparto Ministeri, per avere la Corte territoriale affermato che l’assegnazione delle funzioni di Capo Area RAGIONE_SOCIALE Segreteria Amministrativa non costituiva affidamento di ‘posizione organizzativa’, con tutto ciò che ne consegue in ordine alla
revoca (fuori delle ipotesi consentite dal c.c.n.l., all’articolo 19 comma 3) dell’incarico di Capo Area che avrebbe avuto durata fino 31.12.2015;
con il secondo mezzo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 cod. civ.; la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata aveva violato tale norma nella parte in cui affermava che la PA, all’atto di revoca delle funzioni di Capo Area, non aveva leso il principio primario del neminem laedere di cui all’art. 2043 cod. civ., nei cui limiti deve svolgersi sempre l’attività RAGIONE_SOCIALE PA, anche nell’ambito delle scelte discrezionali; il provvedimento di revoca del dirigente n. 12/2015 era stato adottato senza motivazione, cancellando «con un tratto di penna tutti i meriti RAGIONE_SOCIALE ricorrente mortificandone la dignità di lavoratrice» e demansionandola, senza che in contrario potesse valere il mantenimento nel medesimo livello contrattuale;
la rotazione, cui faceva cenno la circolare GDAP-0146294-2014, poteva valere come criterio non esclusivo e per lo spostamento da un’Area ad un’altra e non all’interno RAGIONE_SOCIALE medesima Area, donde l’erroneità del criterio adottato dal Direttore RAGIONE_SOCIALE per giustificare l’avvicendamento nel ruolo di Capo Area con la nomina di altra dipendente dotata di requisiti recessivi sul piano attitudinale e del merito;
3. con il terzo motivo si lamenta, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE legge n. 135/2012; la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata avrebbe violato la legge n. 135 del 07.08.2012 (c.d. spending review ) nella parte in cui aveva ritenuto che la revoca delle funzioni di Capo Area alla ricorrente e l’affidamento delle stesse ad altri erano atti non idonei a determinare un aumento delle spese di funzionamento degli uffici, allorquando, invece, anche la dipendente subentrata, per
effetto dell’incarico conferitole, avrebbe fruito dell’attribuzione RAGIONE_SOCIALE fascia retributiva F2 (già assegnata alla ricorrente), cui, altrimenti, non avrebbe potuto aspirare;
con la quarta, ed ultima, censura si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001; la ricorrente assume che la sentenza impugnata avrebbe violato l’art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001 nella parte in cui afferma che il Direttore dell’RAGIONE_SOCIALE di Salerno, nell’emettere l’O.S. n. 12 del 20.02.2015 di revoca delle funzioni di Capo Area all’attuale ricorrente, aveva rispettato l’obbligo di consultare preventivamente le OO.SS.
I motivi, da valutare congiuntamente per ragioni di connessione logica e giuridica, sono, prima ancora che infondati, inammissibili.
5.1 In primis, perché, laddove si denuncia la violazione e falsa applicazione del CCNL, il ricorso non indica quale sia la disciplina collettiva cui si fa riferimento né quali sono le ragioni per le quali la Corte territoriale ne avrebbe fornito un’esegesi non corretta e, pertanto, il motivo è, sotto tale aspetto, inammissibile, posto che nella deduzione del vizio di violazione di legge o di disposizioni di contratto collettivo è onere del ricorrente indicare non solo le norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, svolgere specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici RAGIONE_SOCIALE fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento RAGIONE_SOCIALE lamentata violazione (Cass. n. 17570/2020; Cass. n. 16700/2020);
5.2 Secondariamente, perché la critica, laddove si concentra sull’affermazione del giudice d’appello secondo cui le funzioni di capo Area non integravano affidamento di una posizione organizzativa, impinge nel merito.
Questa Corte ha già avuto modo di pronunciarsi sulla natura delle posizioni organizzative e sulle condizioni che devono ricorrere affinché la relativa indennità possa essere rivendicata dal dipendente e, da un lato, ha evidenziato che condizione imprescindibile perché il diritto possa venire ad esistenza è l’istituzione delle posizioni stesse, da effettuare all’esito delle procedure previste dalle parti collettive (per il comparto degli enti pubblici non economici il principio è stato affermato da Cass. 15.10.2013 n. 23366 e Cass.18.12.2015 n. 23366); dall’altro, quanto alla natura dell’istituto, ha rilevato che la posizione organizzativa non determina un mutamento di profilo professionale, che rimane invariato, né un mutamento di area, ma comporta soltanto un mutamento di funzioni, le quali cessano al cessare dell’incarico. Si tratta, in definitiva, di una funzione ad tempus di alta responsabilità la cui definizione – nell’ambito RAGIONE_SOCIALE classificazione del personale di ciascun comparto – è demandata dalla legge alla contrattazione collettiva (Cass. S.U. 18.6.2008 n. 16540 e Cass. n. 20855/2015 in tema di posizioni organizzative per il comparto degli enti locali).
Detti principi, condivisi dal Collegio, orientano anche nella soluzione del caso che qui viene in rilievo, in cui il giudice d’appello ha escluso che «l’assegnazione delle funzioni di Capo Area RAGIONE_SOCIALE Segreteria Amministrativa, disposta con ordine di servizio n. 1/2010, costituisca affidamento di una posizione organizzativa», integrando la disposizione solo «un sistema per soddisfare
l’esigenza organizzativa» in temporanea assenza di plurime unità di personale e in presenza di dimissioni del precedente Capo Area.
Orbene, il (primo) motivo di ricorso non fa riferimento ad un atto di formale istituzione RAGIONE_SOCIALE posizione organizzativa che possa, come tale, inficiare l’approdo cui la Corte territoriale perviene all’esito di una valutazione degli atti di causa non suscettibile – come propugna la ricorrente – di riesame in sede di legittimità.
5.3 Le censure, muovendo da presupposti errati, adombrano altresì un presunto demansionamento conseguente alla revoca dell’assegnazione delle funzioni di Capo Area, con un’allegazione che, ove anche si versasse nell’ipotesi – esclusa (si noti) dal giudice d’appello – di conferimento di P.O., sarebbe priva di pregio, avendo questa Corte chiarito (Cass. Sez. L, 30/03/2015, n. 6367) che il conferimento di una posizione organizzativa non comporta l’inquadramento in una nuova categoria contrattuale ma unicamente l’attribuzione di una posizione di responsabilità, con correlato beneficio economico. Ne consegue che anche la revoca di tale posizione non potrebbe comunque costituire una forma di demansionamento e non potrebbe rientrare perciò nell’ambito di applicazione dell’art. 2103 cod. civ. e dell’art. 52, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165.
5.4 Il secondo motivo, parimenti inammissibile, si risolve nella poco comprensibile denuncia di “violazione” di alcune norme di diritto sostanziale, come l’art. 2043 cod. civ. richiamato a sproposito in ipotesi di ventilata responsabilità contrattuale e non aquiliana, nonché la legge n. 241/1990 che non è applicabile al pubblico impiego privatizzato;
5.5 le censure si rivelano basate sul richiamo generico e confuso ad atti del giudizio di merito, come la circolare GDAP-0146294-2014 del 22.4.2014 e l’ordine di servizio n. NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO, non trascritti nei loro passaggi salienti nel rispetto dell’art. 366 cod. proc. civ., sicché non è possibile per il Collegio comprendere, dalla lettura del ricorso, quale sia
l’esatto contenuto delle doglianze proposte avverso la sentenza impugnata (cfr. Cass. n. 2097 del 2007; n. 11501 del 2006; n. 2831 del 2009).
5.6 Si assume, ancora, nel secondo motivo di ricorso, che l’operato del Dirigente dell’RAGIONE_SOCIALE non corrisponderebbe al dettame RAGIONE_SOCIALE citata circolare GDAP-0146294-2014, avendo applicato erroneamente il criterio RAGIONE_SOCIALE ‘rotazione’ ivi previsto, ma, al contempo, si omette, anche in questo caso, di trascriverne il testo normativo, così precludendo la disamina RAGIONE_SOCIALE censura anche sul punto RAGIONE_SOCIALE corretta applicazione dei canoni ermeneutici ex art. 1362 e ss. cod. civ. – la cui violazione, peraltro, non viene specificamente denunciata nel motivo di ricorso.
E’ bene ribadire, a riguardo, che la violazione di circolari ministeriali non può costituire motivo di ricorso per cassazione sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE violazione di legge, non contenendo esse norme di diritto, ma essendo piuttosto qualificabili come atti unilaterali, in riferimento ai quali può essere denunciata per cassazione soltanto la violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, nella misura in cui essi sono applicabili anche agli atti unilaterali, ovvero i vizi di motivazione (Cass., Sez. 6-1, n. 16644 del 2015; Cass., Sez. 3, n. 16612 del 2008).
5.7 Né, tanto meno, può inammissibilmente sollecitarsi in questa sede, come fa la COGNOME sempre nel secondo motivo ricorso, una valutazione comparativa tra i profili professionali ed un possibile raffronto tra il suo curriculum e quello dell’altra dipendente subentrata nelle funzioni di Capo Area.
5.8 Anche la terza e la quarta critica, incentrate sulla presunta violazione RAGIONE_SOCIALE legge n. 135 del 7.8.2012 (spending review) e dell’art. 6 comma 1 d.lgs. n. 165/2001, si fondano su una ricostruzione in fatto degli accadimenti che collide con
l’accertamento operato dal giudice d’appello, il quale ultimo, da un lato, ha escluso che il livello F2 fosse stato riconosciuto alla COGNOME a seguito dell’assegnazione delle funzioni di Capo Area, e, dall’altro, ha affermato che, in vista dell’avvicendamento nell’incarico in parola, v’era stata la preventiva consultazione delle OO.SS.
E’ utile rammentare, a riguardo, che il vizio di violazione di norme di diritto, qui in tesi denunciato, consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, RAGIONE_SOCIALE fattispecie normativa astratta e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo RAGIONE_SOCIALE stessa; viceversa, l’allegazione di una errata ricostruzione RAGIONE_SOCIALE fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è RAGIONE_SOCIALE all’esatta interpretazione RAGIONE_SOCIALE norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione, ma nei limiti fissati dalla disciplina applicabile ratione temporis. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr., tra le tante, Cass. 12.9.2016 n. 17921; Cass. 11.1.2016 n. 195; Cass. 30.12.2015 n. 26110).
5.9 Nella specie, il terzo e il quarto motivo di ricorso contengono, invero, diretta e inequivoca contestazione delle circostanze di fatto accertate dai giudici di secondo grado, sollecitando così una terza lettura di merito preclusa in sede di legittimità.
Conclusivamente, il ricorso dev’essere dichiarato nel complesso inammissibile, con addebito delle spese di legittimità alla ricorrente, parte soccombente.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di legittimità, liquidate in Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 4 aprile 2024.