Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32478 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32478 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/12/2024
1.La Corte di Appello di Catania ha rigettato il gravame proposto da NOME COGNOME (dirigente del Comune di Catania preposto alla direzione del Servizio Impianti di Pubblica Illuminazione ed Impianti Tecnologici e Servizio Impianti Elettrici e Tecnologici) avverso la sentenza del Tribunale di Catania che aveva rigettato la sua domanda, volta ad ottenere il riconoscimento della retribuzione di posizione relativa alle funzioni dirigenziali non comportanti direzione di strutture, e della retribuzione di risultato previste dagli artt. 41 e 43 del CCNL Regioni e Autonomie Locali-Dirigenti del 10.4.1996.
La Corte territoriale ha richiamato la giurisprudenza di legittimità in materia di posizioni organizzative, secondo cui affinché il diritto alla relativa indennità possa venire ad esistenza occorre la preventiva istituzione delle posizioni stesse.
Il giudice di appello ha rilevato che dalla nota n. 304 del 17.2.2000 risultava solo l’accorpamento di alcune direzioni o servizi, tra cui quello di Energy Manager, ma non l’istituzione della relativa posizione organizzativa, e che il provvedimento n. 17/1308/S, anteriore all’istituzione delle posizioni organizzative, comprovava solo l’assegnazione al COGNOME dell’incarico di ‘redazione del Piano energetico Comunale’; ha pertanto escluso che fosse stata istituita la posizione organizzativa dirigenziale di Energy Manager.
Ha inoltre evidenziato che l’appellante si era limitato a reiterare le difese svolte nel giudizio di primo grado, senza confrontarsi con le argomentazioni svolte dal primo giudice in ordine alla necessità di una previa verifica dell’attività svolta dal dipendente e del raggiungimento degli obiettivi, insistendo peraltro nell’affermare che il raggiungimento degli obiettivi e gli ottimi risultati sarebbero comprovati da numerosi articoli di giornale versati in atti.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.
Il Comune di Catania ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
DIRITTO
Con l’unico motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione della legge n. 10/1991, nonché degli artt. 41 e 43 CCNL di settore, in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.
Deduce che per i soggetti operanti nei settori industriale, civile terziario e dei trasporti, enti pubblici economici e non economici che abbiano avuto un consumo di energia rispettivamente superiore a 10.000 tonnellate equivalenti di petrolio per il settore industriale ovvero a 1000 tonnellate equivalenti di petrolio per tutti gli altri settori, l’art. 19 della legge n. 10/1991 ha istituito la figura di un tecnico responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’energia, al fine di promuovere il controllo dei consumi e la diffusione di buone pratiche di efficientamento energetico presso i soggetti pubblici e privati caratterizzati da consumi importanti.
Sostiene che la nomina dell’Energy Manager è obbligatoria per i soggetti indicati nel richiamato art. 19 e prescinde dall’istituzione di un’apposita posizione organizzativa; evidenzia che il tecnico responsabile di cui al richiamato art. 19 viene inserito nell’elenco curato e gestito direttamente dalla FIRE per incarico del Ministero dello Sviluppo Economico.
Aggiunge che la retribuzione di posizione non costituisce un mero accessorio dello stipendio tabellare, ma concorre a formare il trattamento economico complessivo del dirigente, remunerandone le funzioni e le responsabilità secondo l’organigramma formale dell’Amministrazione datrice di lavoro; assume che la retribuzione di posizione è dovuta in costanza dell’assetto organizzativo dato e per tutte le competenze astrattamente attribuite al dirigente all’atto della stipulazione del relativo contratto d’incarico, e non per una sola funzione specifica.
Richiama l’art.12 del contratto collettivo integrativo decentrato 1998/2001, secondo cui gli incarichi ricoperti ad interim per un periodo superiore a due mesi sono retribuiti con la corresponsione di una quota pari al 10% dell’indennità di
posizione elativa all’incarico ricoperto ad interim, e secondo cui l’indennità di risultato determinata ai sensi del successivo art. 14 compete solo nel caso in cui l’incarico venga espletato per almeno quattro mesi.
Evidenzia che il COGNOME, in aggiunta alle ordinarie funzioni di ufficio di Dirigente del Servizio Tecnico Impianti Elettrici Idrici e Tecnologici, anche quelle di direzione e coordinamento delle attività dei consumi presenti in tutte le strutture, interagendo con le strutture medesime al fine di individuare i consumi ed i relativi costi di gestione.
Addebita alla Corte territoriale di avere erroneamente ritenuto inammissibile il secondo motivo di gravame.
Sostiene che le doglianze proposte nel secondo motivo di appello non erano inconferenti rispetto al decisum , avendo il COGNOME argomentato che, in aggiunta alla Direzione del Servizio Impianti di Pubblica Illuminazione ed Impianti Tecnologici e del Servizio Impianti Elettrici e Tecnologici, aveva svolto le attività proprie del Responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’energia di cui all’art. 19 della legge n. 10/1991, e che pertanto avrebbe dovuto essere riconosciuta la retribuzione di risultato di cui all’art. 43 del CCNL.
Il ricorso è inammissibile, in quanto si limita a prospettare l’obbligatorietà dell’istituzione dell’Energy Manager senza confrontarsi con la sentenza impugnata, la quale ha escluso il diritto del COGNOME alla percezione della retribuzione di posizione, in quanto il Comune di Catania non aveva istituito la posizione organizzativa di Energy Manager, né con la norma contrattuale di cui lamenta la violazione.
L’art. 41 del CCNL enti locali 10.4.1996 stabilisce infatti che le Amministrazioni possano prevedere posizioni e corrispondenti incarichi dirigenziali di alta specializzazione e ne determinano la graduazione.
La sentenza impugnata è peraltro conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, che in ordine natura delle posizioni organizzative e alle condizioni che devono ricorrere affinché la relativa indennità possa essere rivendicata dal dipendente ha evidenziato che condizione imprescindibile perché il diritto possa venire ad esistenza è l’istituzione delle posizioni stesse, da effettuare all’esito delle procedure previste dalle parti collettive; quanto alla
natura dell’istituto, ha inoltre rilevato che la posizione organizzativa non determina un mutamento di profilo professionale né un mutamento di area, ma comporta soltanto un mutamento di funzioni, le quali cessano al cessare dell’incarico, trattandosi di una funzione ad tempus di alta responsabilità la cui definizione, nell’ambito della classificazione del personale di ciascun comparto, è demandata dalla legge alla contrattazione collettiva (v. Cass. S.U. n. 16540/2008; Cass. n. 8836/2018; Cass. n. 20855/2015 in tema di posizioni organizzative per il comparto enti locali; Cass. n. 8141/2018).
La doglianza relativa all’erroneità della statuizione sull’inammissibilità del secondo motivo di appello, relativo alla retribuzione di risultato, deve pertanto ritenersi assorbita.
Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna parte ricorrente a rifondere le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 4000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, il 19.11.2024.
Il Presidente
Dott. NOME COGNOME