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Posizione organizzativa: no al demansionamento automatico

La Corte di Cassazione ha stabilito che la mancata riconferma di una posizione organizzativa a un dipendente pubblico non costituisce automaticamente un demansionamento. Sebbene la posizione organizzativa sia un incarico a termine, il datore di lavoro pubblico ha l’obbligo di riassegnare al lavoratore mansioni professionalmente equivalenti alla sua categoria di inquadramento. Nel caso specifico, la Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto demansionanti le nuove mansioni di coordinatore della sicurezza, rinviando il caso per una nuova valutazione dei compiti effettivamente svolti dal dipendente.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Posizione Organizzativa e Demansionamento: La Cassazione Fa Chiarezza

La gestione del personale nel pubblico impiego presenta peculiarità uniche, tra cui l’istituto della posizione organizzativa. Si tratta di un incarico di responsabilità, spesso a termine, che solleva interrogativi importanti quando non viene rinnovato. La sua cessazione equivale a un demansionamento? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata sul tema, tracciando una linea netta tra la legittima rotazione degli incarichi e la dequalificazione professionale.

I Fatti di Causa

Un dipendente di un Comune, inquadrato nella categoria D, livello economico D3, ricopriva una posizione organizzativa di alta responsabilità. Alla scadenza naturale dell’incarico, l’amministrazione comunale decideva di non rinnovarlo, assegnando al lavoratore nuovi compiti come Coordinatore per la sicurezza nella fase di progettazione ed esecuzione di lavori pubblici.

Ritenendo le nuove mansioni inferiori alla sua qualifica e professionalità, il dipendente adiva il tribunale lamentando un demansionamento. La Corte d’Appello, pur riconoscendo che la mancata riconferma della posizione organizzativa non fosse di per sé illegittima, condannava il Comune a riassegnare al lavoratore mansioni riconducibili alla sua categoria (specificatamente D3), ritenendo che la nuova attività fosse ascrivibile alla categoria inferiore C. Il Comune, insoddisfatto della decisione, ricorreva per cassazione.

La Distinzione tra Posizione Organizzativa e Categoria

La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire la natura giuridica della posizione organizzativa. Essa non costituisce una nuova categoria contrattuale, ma unicamente l’attribuzione temporanea di una funzione di particolare responsabilità, con un correlato beneficio economico. La sua revoca o il mancato rinnovo alla scadenza non configurano un demansionamento, poiché il dipendente resta inquadrato nella sua categoria di appartenenza.

L’errore della Corte territoriale è stato quello di confondere il livello economico (D3) con una qualifica superiore, affermando che esprimesse una ‘maggiore professionalità’ e che il principio di equivalenza delle mansioni non si applicasse all’interno della categoria D. La Cassazione ha smentito questa interpretazione, chiarendo che nel sistema di classificazione del CCNL, ciascuna categoria individua mansioni professionalmente equivalenti. La posizione economica D3 ha un rilievo, appunto, solo economico, non di apicalità funzionale.

Le Motivazioni della Decisione

I giudici di legittimità hanno fondato la loro decisione su una precisa ricostruzione della disciplina contrattuale. La posizione organizzativa, prevista dal CCNL del comparto Regioni e Autonomie Locali, è uno strumento per valorizzare alte professionalità per compiti specifici e a tempo determinato. Comporta un mutamento temporaneo di funzioni, non di profilo professionale o di area di inquadramento.

Di conseguenza, quando l’incarico cessa, il dipendente ha diritto a essere adibito a mansioni equivalenti alla sua categoria (nel caso di specie, la D), ma non ha un diritto acquisito a mantenere la responsabilità di un servizio o una funzione apicale.

Tuttavia, la Corte ha accolto in parte il ricorso del Comune per un motivo diverso. Ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse errato nel giudicare le mansioni di coordinatore della sicurezza come automaticamente appartenenti alla categoria C. Al contempo, ha censurato la difesa del Comune, che si era limitata a sostenere che tali compiti potessero essere svolti anche da un geometra (figura professionale tipica della categoria C), senza però dimostrare la complessità e la natura delle attività concretamente affidate al dipendente, onere che gravava sull’ente.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello. Il principio chiave affermato è duplice: da un lato, la cessazione di una posizione organizzativa non è demansionamento se al dipendente vengono assegnate mansioni riconducibili alla sua categoria di appartenenza. Dall’altro, spetta al datore di lavoro pubblico dimostrare in concreto che le nuove mansioni siano effettivamente equivalenti al livello professionale del lavoratore. Non è sufficiente un riferimento astratto a normative che consentono lo svolgimento di tali compiti anche a profili inferiori. La nuova Corte d’Appello dovrà quindi riesaminare nel merito la natura e la complessità delle mansioni affidate al dipendente per stabilire se vi sia stata o meno una dequalificazione professionale.

La mancata riconferma di una posizione organizzativa costituisce demansionamento?
No, la cessazione di una posizione organizzativa non costituisce automaticamente demansionamento. Si tratta di un incarico a termine e, alla sua scadenza, il dipendente resta inquadrato nella propria categoria, con diritto a svolgere mansioni equivalenti a tale categoria.

Cosa distingue la posizione organizzativa dall’inquadramento di categoria?
L’inquadramento (es. Categoria D) definisce il profilo professionale stabile del dipendente. La posizione organizzativa è invece un incarico temporaneo, revocabile e a termine, che comporta l’attribuzione di funzioni di maggiore responsabilità senza modificare la categoria contrattuale di appartenenza.

Su chi ricade l’onere di provare la correttezza delle nuove mansioni assegnate dopo la fine di una posizione organizzativa?
L’onere della prova ricade sul datore di lavoro pubblico. È l’ente che deve dimostrare che le mansioni assegnate al dipendente, dopo la cessazione dell’incarico, sono professionalmente equivalenti e coerenti con la sua categoria di inquadramento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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