Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4256 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L   Num. 4256  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 20275-2018 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata  in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  Sindaco  pro tempore, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1187/2018 della CORTE D’APPELLO  di  ROMA,  depositata  il  02/05/2018  R.G.N. 998/2015;
Oggetto
Posizione
organizzativa
–
2126 c.c.
R.G.N. 20275/2018
COGNOME.
Rep.
Ud. 06/02/2024
CC
udita  la  relazione  della  causa  svolta  nella  camera  di consiglio del 06/02/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Con ricorso per decreto ingiuntivo NOME COGNOME, funzionario direttivo amministrativo del Comune di Marino, deduceva che le era stata conferita dal predetto Comune – con provvedimento n. 105 del 2003 del direttore del personale -la posizione organizzativa ‘Contratti -Appalto e Patrimonio’ per l’anno 2003, con indicazione, nel medesimo provvedimento, delle somme a lei spettanti a titolo di indennità di posizione, indennità di risultato e dell’incremento sulla tredicesima mensilità.
Rappresentava che il RAGIONE_SOCIALE di valutazione dell’ente locale  aveva  all’esito  positivamente  valutato  il risultato delle attività svolte.
Sulla scorta delle innanzi indicate deduzioni chiedeva il riconoscimento degli importi dovuti, così come indicati nell’innanzi ricordato provvedimento n. 105.
Proponeva opposizione a decreto ingiuntivo il Comune di Marino, evidenziando che il provvedimento n. 105 del 2003  del  direttore  del  personale  era  privo  di  efficacia esterna.
Il Tribunale, nel decidere l’opposizione, rilevava che: a) era incontroverso che la ricorrente avesse ricoperto il ruolo di  responsabile del Servizio legale e del Servizio patrimoniale  per  l’anno  2003;  b)  che  era  inefficace  il conferimento della posizione organizzativa in ragione del mancato superamento dei controlli da parte dell’ente del provvedimento n. 105 citato, nello specifico privo della sottoscrizione da parte del responsabile finanziario.
 Tanto  premesso,  risultando  provato  lo  svolgimento dell’incarico di fatto, condannava il Comune al pagamento in favore della lavoratrice, della somma di € 4.000.
 La  Corte  di  appello  di  Roma,  per  quanto  qui  di interesse,  rilevava  l’illegittimità  del  conferimento  alla lavoratrice degli incarichi relativi ai due Servizi innanzi indicati,  in  quanto  –  non  contestato  che  il  Comune  di Marino  avesse  all’epoca  dei  fatti nel  proprio  organico personale dirigenziale – i Servizi di cui innanzi, di natura dirigenziale, non potevano esser conferiti ad un funzionario di livello D3, quale l’odierna ricorrente.
Sulla base di tali premesse, osservava quindi la Corte territoriale che ‘venuta meno la legittimità della responsabilità dei due uffici dirigenziali da parte della dottoressa COGNOME per difetto dei presupposti di legge, la disposizione collettiva applicabile per individuare il compenso da attribuire per l’ipotesi dell’esercizio di fatto della posizione organizzativa ‘Contratti -Appalto/Patrimonio’ non è quella individuata dalla ricorrente e cioè gli artt. 9 e 10 c.c.n.l. del 1999, bensì l’art. 17, comma 2, lettera F’ , disposizione da cui, secondo l’interpretazione del giudice territoriale, si evince che il personale di categoria D non incaricato (legittimamente) delle funzioni dell’ar ea cui inerisce la specifica responsabilità, nello specifico la posizione organizzativa per cui è causa, può aspirare solo al compenso massimo lordo compreso tra il minimo di £ 1.000,00 ed il massimo di 2.000,00 in base all’art. 34 del c.c.n.l. del 2004 applicabile ratione temporis e non agli elementi retributivi stabiliti dall’art. 10 del medesimo contratto collettivo.
In conclusione, la sentenza qui impugnata, confermata la decisione del Tribunale circa l’inefficacia della  determinazione  dell’Ente  n.  105  del  2003,  in riforma  della  sentenza  di  prime  cure,  condannava  il Comune  di  Marino  a  corrispondere  alla  lavoratrice  la
minor somma di € 1300, 00 oltre interessi legali dalla maturazione del credito.
 Propone  ricorso  per  cassazione,  articolato  in  due motivi, NOME COGNOME.
Resiste con controricorso il Comune di Marino, che deposita altresì memoria ex art. 378 c.p.c.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 2126 c.c., dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, dell’art. 36 della Costituzione in materia di retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato, nonché  la  violazione  e  falsa  applicazione  dell’art.  1 7, comma  2,  lettera  f)  del  c.c.n.l.  dell’1.4.1999  delle Regioni ed enti locali.
1.1. Nel dettaglio, parte  ricorrente  osserva  che  la sentenza di appello ha escluso l’applicabilità alla fattispecie  qui  all’attenzione  delle  norme  del  c.c.n.l. recanti la disciplina della posizione organizzativa e della corrispondente retribuzione sul presupposto dell’illegittimità dei provvedimenti di conferimento degli incarichi ‘Contratti -Appalto  e  Patrimonio’,  tanto  a prescindere  dal  pacifico  svolgimento  in  fatto,  e  con risultati positivi, dei predetti incarichi.
1.2.  Evidenzia  che  la  sentenza  di  appello  andrebbe cassata per non essersi conformata all’indirizzo nomofilattico espresso dalla S.C. in Sez. L. n. Cass. n. 8141 del 2018. La retribuzione connessa allo svolgimento  della  posizione  organizzativa  compete,  si sostiene,  anche  per  il  caso  di  illegittimo  conferimento dell’incarico, per  l’ipotesi di esercizio  in fatto della posizione organizzativa.
 Con  il  secondo  motivo  si  denunzia  la  violazione dell’art. 342 c.p.c.
2.1. Ci si duole, nella sostanza, di quel passaggio della pronunzia di appello in cui viene censurata la mancata proposizione di un motivo di gravame, in relazione alla affermata invalidità, nella pronunzia di primo grado, della determinazione dirigenziale n. 105 del 2003 con la quale le era stata conferita la posizione organizzativa. Si sottolinea l’irrilevanza della questione, perché ciò che rileva ai fini del riconoscimento del diritto preteso è lo svolgimento in fatto della posizione organizzativa che non è stato giammai messo in discussione.
In via preliminare va rigettata l’eccezione di improcedibilità  del  ricorso  per  cassazione,  insistita  dal Comune controricorrente  anche  nella  memoria  ex  art. 378 c.p.c.
3.1. Nel dettaglio l’ente pubblico sostiene che l’improcedibilità in ragione del rilievo che la lavoratrice non avrebbe giammai invocato né l’applicazione dell’art. 52  del  d.lgs.  n.  165  del  2001,  né  delle  norme  della contrattazione collettiva del 1999.
 L’eccezione  è  infondata  e  va  rigettata  in  ragione dell’applicazione del principio iura novit curia, applicabile,  come  è  noto,  oltre  che  alle  disposizioni  di legge, anche alla contrattazione collettiva in materia di pubblico impiego, secondo il costante orientamento del giudice di legittimità (cfr. sul punto, tra le tante, Sez. 6L,  n.  7641  del  2022,  rv.  664091-01,  Sez.  6-L,  n. 6394/2019, rv. 653173-01, Sez. 6-L, n. 19507 del 2014, rv. 632669-01).
Tanto premesso, i due motivi del ricorso per cassazione  possono  essere  esaminati  congiuntamente stante l’intima connessione.
5.1. Essi sono entrambi fondati nei limiti segnati dalla presente motivazione ed alla luce delle brevi considerazioni di seguito svolte.
5.2. La S.C., in plurime pronunzie, tra le quali non può mancarsi di rammentare, tra le più recenti, la massimata Cass. Sez. L. n. 8141 del 2018, rv. 647618-01, che si pone in continuità con la precedente Cass. sez. L. n. 18808/2013, rv. 628344-01, ha più volte affermato che la posizione organizzativa si distingue dal profilo professionale ed individua nell’ambito dell’organizzazione dell’ente funzioni strategiche e di alta responsabilità che giustificano il riconoscimento di un’indennità aggiuntiva, sottolineando che ove il d ipendente, come nel caso qui all’attenzione, ‘ venga assegnato a svolgere le mansioni proprie di una posizione organizzativa, previamente istituita dall’ente, e ne assuma tutte le connesse responsabilità, la mancanza o l’illegittimità del provvedimento di formale di attribuzione non esclude il diritto a percepire l’intero trattamento economico corrispondente alle mansioni di fatto espletate, ivi compreso quello di carattere accessorio, che è diretto a commisurare l’entità della retribuzione alla qualità della prestazione resa’ .
5.3. Ebbene, nel caso di specie sulla scorta dell’innanzi ricordato insegnamento del giudice di legittimità cui questo Collegio si conforma non essendo emerse ragioni per discostarsene, riportandosi altresì al complessivo percorso motivazionale della pronunzia innanzi richiamata anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c. -incontestato lo svolgimento in fatto delle mansioni proprie della posizione organizzativa da parte della lavoratrice, del tutto irrilevante, è, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, l’illegittimità del procedimento di conferimento dell’incarico , competendo alla lavoratrice il diritto a percepire il trattamento economico corrispondente alle mansioni in fatto espletate, ivi compreso quello accessorio qui in discussione.
6 .  Ne  consegue l’accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata  va  quindi  cassata  con  rinvio  alla  Corte  di Appello di Roma,  in diversa composizione, che si conformerà ai principi innanzi enunziati.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
 Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115  del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti  per  il  versamento,  da  parte  del  ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione,