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Pignoramento presso terzi: il ricorso inammissibile

Un ente pubblico, terzo pignorato, paga il debitore dopo la notifica di un pignoramento presso terzi. La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso dell’ente, confermando che il pagamento è inefficace verso il creditore e che le censure sulla valutazione delle prove sono aspecifiche.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Pignoramento presso terzi: la Cassazione chiarisce l’inefficacia del pagamento post-notifica

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso emblematico di pignoramento presso terzi, chiarendo i doveri del terzo pignorato e le conseguenze di un pagamento effettuato al debitore dopo la notifica dell’atto. La vicenda, che vede coinvolto un ente pubblico regionale, si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, offrendo importanti spunti sulla corretta formulazione dei motivi di impugnazione e sui limiti dell’opposizione agli atti esecutivi.

I Fatti del Caso

Un creditore avviava una procedura di pignoramento presso terzi per recuperare un credito vantato nei confronti di una società. Il terzo pignorato era un ente pubblico regionale, a sua volta debitore della società esecutata. L’atto di pignoramento veniva notificato all’ente tra il 16 e il 19 settembre 2016.

Pochi giorni dopo, il 23 settembre 2016, l’ente pubblico effettuava un pagamento di oltre 20.000 euro direttamente a favore della società sua debitrice, ignorando il vincolo imposto dal pignoramento. Di conseguenza, il giudice dell’esecuzione, accertata l’esistenza del credito al momento della notifica, assegnava al creditore procedente una somma di circa 17.000 euro, ritenendo il pagamento successivo inefficace nei suoi confronti.

L’ente pubblico proponeva opposizione a questa decisione, sostenendo che il pagamento del 2016 fosse in realtà una mera regolarizzazione contabile di somme già estinte nel 2013. Il Tribunale rigettava l’opposizione, confermando la piena validità dell’ordinanza di assegnazione. Contro questa sentenza, l’ente ricorreva in Cassazione.

L’analisi del pignoramento presso terzi da parte della Corte

La Corte di Cassazione ha esaminato i due motivi di ricorso presentati dall’ente pubblico, dichiarandoli entrambi inammissibili. L’analisi della Corte si è concentrata non tanto sul merito della vicenda contabile, quanto sulla scorretta impostazione processuale del ricorso.

Il Primo Motivo: Aspecificità della Censura

Il primo motivo lamentava la violazione di diverse norme procedurali, sostenendo che il Tribunale avesse errato nel considerare esistente il debito al momento del pignoramento. La Cassazione ha ritenuto questa censura del tutto aspecifica. L’ente si era limitato a un “confuso affastellamento di dati e di questioni di contabilità”, senza spiegare in che modo il giudice di merito avesse violato le norme indicate. La critica all’interpretazione dei documenti contabili (come la “reversale d’incasso”) come prova di un pagamento è una questione di fatto, non sindacabile in sede di legittimità se non attraverso specifici e corretti canali, come il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, che però non era stato denunciato.

Il Secondo Motivo: Errata Impostazione del Vizio di Motivazione

Con il secondo motivo, l’ente denunciava un’errata valutazione delle prove e l’omessa pronuncia sulla richiesta di restituzione delle somme. Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha sottolineato che la critica a una “omessa, errata o insufficiente valutazione delle prove” richiama una formulazione legislativa non più in vigore dal 2012. Inoltre, la richiesta di restituzione delle somme è stata ritenuta inammissibile nel contesto di un’opposizione agli atti esecutivi, la quale ha una natura puramente rescindente (cioè può solo annullare l’atto impugnato) e non può disporre condanne restitutorie.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su rigorosi principi processuali. Il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti o le prove. È un giudizio di legittimità, volto a verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, entro i limiti stabiliti dal codice di procedura civile.

Nel caso specifico, l’ente ricorrente ha tentato di trasformare una questione di merito (l’esistenza o meno di un debito e la natura di certi documenti contabili) in una questione di diritto, ma lo ha fatto in modo generico e non conforme alle regole processuali. La Corte ribadisce che per contestare l’interpretazione di una prova documentale, non è sufficiente lamentare un’errata valutazione, ma occorre dimostrare che il giudice abbia completamente omesso di esaminare un fatto storico decisivo o sia incorso in un palese travisamento del fatto, vizi che devono essere dedotti con modalità precise.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione conferma un principio fondamentale del pignoramento presso terzi: il pagamento eseguito dal terzo pignorato al debitore principale, dopo la notifica del pignoramento, è inefficace nei confronti del creditore pignorante. Il terzo, dal momento della notifica, diventa custode delle somme e non può disporne se non su ordine del giudice.

Dal punto di vista processuale, la decisione evidenzia l’importanza di formulare i motivi di ricorso in Cassazione in modo specifico e tecnicamente corretto. Le censure generiche sulla valutazione delle prove o sull’interpretazione dei fatti sono destinate all’inammissibilità. Questa pronuncia serve da monito per le parti processuali, in particolare per le pubbliche amministrazioni, a gestire con la massima attenzione gli obblighi derivanti da un pignoramento e a strutturare le proprie difese nel rispetto dei rigorosi canoni del giudizio di legittimità.

Un pagamento fatto dal terzo pignorato al debitore dopo la notifica del pignoramento è valido?
No, il pagamento eseguito dal terzo pignorato al debitore esecutato dopo la notifica dell’atto di pignoramento è inefficace nei confronti del creditore procedente. Dal momento della notifica, il terzo ha l’obbligo di custodia delle somme e non può disporne.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’ente pubblico?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi erano aspecifici e non correttamente formulati. Il ricorrente ha contestato la valutazione dei fatti e delle prove operata dal giudice di merito, che è un’attività non sindacabile in Cassazione se non attraverso vizi specifici (come l’omesso esame di un fatto decisivo) che non sono stati correttamente dedotti.

È possibile chiedere la restituzione delle somme pagate in un giudizio di opposizione agli atti esecutivi?
No, secondo la Corte la domanda di restituzione è inammissibile nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi. Questo tipo di giudizio ha una natura esclusivamente rescindente, cioè può solo portare all’annullamento dell’atto esecutivo contestato, ma non può contenere una condanna alla restituzione di somme.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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