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Personale Ambasciate: Leggi Speciali per Licenziamento

Una dipendente di un’ambasciata italiana, licenziata per un presunto schema di ‘legalizzazioni rapide’, ha impugnato il provvedimento sostenendo l’errata applicazione delle norme disciplinari. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che al personale delle ambasciate assunto localmente si applica la disciplina speciale prevista dal d.P.R. 18/1967 e non le norme generali sul pubblico impiego, confermando la legittimità del licenziamento.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Personale delle Ambasciate: Quali Regole per il Licenziamento?

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 9816/2024 affronta un tema specifico ma di grande rilevanza: le regole applicabili al licenziamento disciplinare del personale delle ambasciate assunto localmente. Il caso esaminato chiarisce che per questi lavoratori non valgono le norme generali del pubblico impiego, ma una disciplina speciale, con importanti conseguenze procedurali. Analizziamo la vicenda e la decisione della Suprema Corte.

I Fatti: Lo Schema delle “Legalizzazioni Rapide”

Una dipendente assunta presso un’Ambasciata italiana all’estero è stata licenziata per giusta causa. L’accusa era gravissima: aver partecipato a un traffico illecito di ‘legalizzazioni rapide’. Secondo la contestazione disciplinare, la lavoratrice, unica addetta all’ufficio legalizzazioni, gestiva un canale parallelo per accelerare le pratiche, aggirando le procedure ufficiali di prenotazione. Avrebbe ricevuto plichi anonimi tramite una collega delle pulizie e riconsegnato i documenti legalizzati in esercizi commerciali del quartiere. Questo sistema, che aveva un notevole valore economico per le agenzie di servizi disposte a pagare per la rapidità, sarebbe cessato solo quando alla dipendente è stato impedito l’accesso al timbro ufficiale.

Il Tribunale di primo grado aveva annullato il licenziamento, ritenendo le prove non sufficientemente univoche. La Corte d’Appello, invece, aveva ribaltato la decisione, giudicando il licenziamento legittimo.

I Motivi del Ricorso e la Disciplina del Personale delle Ambasciate

La lavoratrice ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali. Il cuore della sua difesa risiedeva nel primo motivo: la violazione delle norme sul procedimento disciplinare previste per i dipendenti pubblici (art. 55-bis del D.Lgs. 165/2001). Sosteneva che, in assenza di una normativa locale specifica, si dovesse applicare la legge italiana generale. Contestava inoltre la tardività della contestazione (violazione del principio di immediatezza), il travisamento di una prova documentale e l’omesso esame di fatti ritenuti decisivi.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Personale delle Ambasciate

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti fondamentali sulla disciplina applicabile al personale delle ambasciate.

Specialità della Normativa vs. Pubblico Impiego Generale

Il punto centrale della sentenza è la conferma della specialità della disciplina dettata dal d.P.R. n. 18 del 1967. La Corte ha ribadito un principio consolidato: al personale assunto localmente da rappresentanze diplomatiche, uffici consolari e istituti italiani di cultura all’estero si applica questo corpus normativo speciale, che prevale sulla disciplina generale del pubblico impiego (D.Lgs. 165/2001). Questo sistema di fonti, confermato da interventi legislativi successivi, privilegia l’applicazione della legge locale, integrate da tutele minime previste dal decreto stesso. Di conseguenza, la procedura disciplinare seguita dall’Amministrazione, basata sul d.P.R. 18/1967, è stata ritenuta corretta.

Il Principio di Immediatezza

Anche riguardo alla presunta tardività della contestazione, la Corte ha specificato che i termini perentori previsti dall’art. 55-bis non sono applicabili. La normativa speciale (art. 164 del d.P.R. 18/1967, nella versione applicabile ratione temporis) richiede solo una contestazione scritta e la concessione di un termine di 10 giorni al dipendente per difendersi. La Corte ha ritenuto che il lasso di tempo intercorso tra la prima segnalazione dell’illecito e la formale contestazione fosse giustificato dalla necessità di svolgere accertamenti complessi per verificare la fondatezza delle accuse.

Inammissibilità degli Altri Motivi

Gli ultimi due motivi, relativi al travisamento della prova e all’omesso esame di un fatto decisivo, sono stati dichiarati inammissibili. La Corte ha ricordato che il vizio di travisamento è un errore percettivo del giudice che va fatto valere con altri rimedi processuali, mentre l’omesso esame riguarda un fatto storico preciso e non, come nel caso di specie, una differente valutazione delle risultanze istruttorie proposta dalla parte.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio di specialità della normativa che regola il rapporto di lavoro del personale diplomatico e consolare assunto in loco. Il legislatore ha creato un microsistema normativo, il d.P.R. 18/1967, per gestire le specificità di questi rapporti di lavoro che si svolgono all’estero. Questo sistema delinea una gerarchia delle fonti che dà prevalenza alla legge locale e, in subordine, alle disposizioni speciali del decreto stesso, escludendo l’applicazione automatica delle norme generali valide per i dipendenti pubblici in Italia. La decisione riafferma che la procedura disciplinare, pur dovendo garantire il diritto di difesa, non è vincolata ai rigidi termini temporali previsti per il pubblico impiego, ma a quelli, più flessibili, indicati dalla normativa speciale.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: il rapporto di lavoro del personale assunto localmente dalle sedi diplomatiche italiane è regolato da un quadro normativo autonomo e speciale. Questo implica che le garanzie procedurali, inclusi i termini per le contestazioni disciplinari, devono essere cercate all’interno di tale quadro e non importate dalla normativa generale sul pubblico impiego. Per i lavoratori, ciò significa fare riferimento a un diverso set di regole e tutele; per le amministrazioni, conferma la correttezza di procedure disciplinari basate sulla normativa speciale, purché venga sempre garantito il diritto fondamentale alla difesa del dipendente.

Quali norme disciplinari si applicano al personale assunto localmente dalle ambasciate italiane?
Si applica la disciplina speciale dettata dal d.P.R. n. 18 del 1967, che prevale sulle norme generali previste per i dipendenti pubblici dal d.lgs. n. 165/2001.

Il principio di immediatezza della contestazione disciplinare ha termini perentori per il personale delle ambasciate?
No. Secondo la sentenza, la normativa speciale applicabile non prevede i termini perentori stabiliti dall’art. 55-bis del d.lgs. 165/2001. La tempestività della contestazione va valutata considerando la necessità di compiere gli accertamenti del caso, purché sia garantito il diritto di difesa.

Perché il licenziamento della dipendente è stato ritenuto legittimo?
Il licenziamento è stato ritenuto legittimo perché la Corte d’Appello ha considerato sufficientemente provati i gravi addebiti contestati alla lavoratrice e la Corte di Cassazione ha confermato che la procedura disciplinare seguita dall’amministrazione era corretta, in quanto conforme alla normativa speciale applicabile al personale delle ambasciate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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