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Permesso retribuito scuola: la decisione del dirigente

Un dipendente scolastico si è visto negare un permesso retribuito per motivi familiari. La Corte di Cassazione ha confermato il diniego, stabilendo che il dirigente scolastico ha il potere di valutare la specificità e l’idoneità delle ragioni addotte dal lavoratore, bilanciando le esigenze personali con quelle del servizio. Il caso chiarisce i limiti della discrezionalità dirigenziale nella concessione del permesso retribuito scuola.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Permesso retribuito scuola: la discrezionalità del Dirigente

Il diritto a un permesso retribuito scuola per motivi personali o familiari è un tema di grande interesse per tutto il personale scolastico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sui poteri e i limiti del dirigente scolastico nel concedere o negare tali permessi, sottolineando l’importanza della specificità delle motivazioni addotte dal dipendente.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla richiesta di un dipendente di un istituto tecnico di usufruire di una giornata di permesso retribuito per motivi familiari. La richiesta era motivata dalla necessità di accompagnare la coniuge fuori città. Il dirigente scolastico, tuttavia, respingeva la domanda, determinando una trattenuta sulla retribuzione del dipendente per la giornata di assenza.

Il lavoratore impugnava il provvedimento di diniego, dando il via a un contenzioso che, dopo la conferma della decisione in secondo grado da parte della Corte d’Appello, giungeva fino alla Corte di Cassazione.

Il Permesso retribuito scuola e il Potere di Valutazione del Dirigente

Il ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avesse erroneamente applicato la disciplina delle ferie anziché quella specifica dei permessi retribuiti, prevista dall’art. 15 del CCNL Scuola. Inoltre, secondo la sua difesa, il dirigente avrebbe dovuto limitarsi a una verifica formale della richiesta, senza entrare nel merito delle ragioni personali, la cui mera enunciazione sarebbe stata sufficiente.

La Corte di Cassazione, pur riconoscendo l’errore dei giudici di merito nel richiamare la normativa sulle ferie, ha rigettato il ricorso, correggendo la motivazione della decisione e facendo chiarezza sulla corretta interpretazione delle norme contrattuali.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha stabilito che la disciplina applicabile è effettivamente quella dell’art. 15, comma 2, del CCNL Comparto Scuola 2006/2009. Tale norma subordina la concessione di tre giorni di permesso retribuito all’anno alla sussistenza di “motivi personali o familiari” che devono essere documentati, anche tramite autocertificazione.

Secondo gli Ermellini, questa previsione non implica un diritto incondizionato del dipendente. Al contrario, essa riflette l’esigenza che il motivo addotto sia idoneo a giustificare l’indisponibilità a rendere la prestazione lavorativa. Di conseguenza, il motivo deve essere “adeguatamente specificato”.

Questo conferisce al dirigente scolastico il potere di valutare l’opportunità della concessione del permesso. Tale valutazione non è arbitraria, ma si basa su un “giudizio di bilanciamento” tra le esigenze contrapposte: da un lato, le necessità personali o familiari del dipendente; dall’altro, le esigenze organizzative e di servizio dell’istituto scolastico.

Nel caso specifico, la motivazione fornita dal lavoratore (“dover accompagnare la moglie fuori Milano”) non è stata ritenuta sufficientemente specificata e documentata per dimostrare la reale esigenza dell’assenza, rendendo legittimo il diniego opposto dal dirigente.

Conclusioni

La decisione della Cassazione stabilisce un principio fondamentale: la richiesta di permesso retribuito scuola non è un atto meramente formale. Il dipendente ha l’onere di specificare in modo adeguato le ragioni personali o familiari, fornendo elementi sufficienti a consentire al dirigente di compiere una valutazione ponderata. Il dirigente, a sua volta, non può negare il permesso in modo arbitrario, ma deve esercitare la sua discrezionalità bilanciando l’interesse del lavoratore con quello primario del buon andamento del servizio scolastico. Questa pronuncia offre quindi un importante parametro di riferimento per la gestione di queste delicate situazioni all’interno degli istituti scolastici.

Un dirigente scolastico può rifiutare un permesso retribuito per motivi personali o familiari?
Sì, il dirigente può negare un permesso se ritiene che le ragioni addotte dal dipendente non siano sufficientemente specifiche o documentate per giustificare l’assenza, dopo aver effettuato un bilanciamento tra le esigenze del lavoratore e quelle della scuola.

È sufficiente indicare genericamente “motivi familiari” nella richiesta di permesso?
No, secondo la Corte, il motivo deve essere adeguatamente specificato per permettere al dirigente di valutarne l’idoneità a giustificare l’assenza. Una motivazione generica non è sufficiente.

L’autocertificazione basta per documentare la richiesta di permesso retribuito scuola?
Sì, l’autocertificazione è un mezzo valido per documentare i motivi, ma deve contenere informazioni specifiche che illustrino concretamente la ragione della richiesta e la necessità dell’assenza, non limitarsi a una dichiarazione generica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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