LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Permessi per mandato elettorale: quando è licenziamento

Un lavoratore, amministratore locale in Sicilia, è stato licenziato per aver abusato dei permessi per mandato elettorale. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento, stabilendo che, anche in assenza di un obbligo formale di documentazione previsto dalla legge regionale, i permessi devono avere un collegamento effettivo e apprezzabile con l’espletamento della funzione pubblica. L’abuso di tale diritto lede il rapporto di fiducia e costituisce giusta causa di licenziamento.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Permessi per mandato elettorale: un diritto condizionato

I permessi per mandato elettorale rappresentano uno strumento fondamentale per garantire la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica senza pregiudicare la loro posizione lavorativa. Tuttavia, il loro utilizzo non è incondizionato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 3998/2024, ha chiarito i limiti di questo diritto, confermando la legittimità di un licenziamento per giusta causa a seguito di un loro abuso, anche in presenza di una normativa regionale apparentemente meno stringente di quella nazionale.

I fatti di causa

Un dipendente di una casa di cura privata, con la qualifica di caposala, ricopriva anche la carica di consigliere comunale. In virtù del suo mandato elettorale, egli usufruiva dei permessi retribuiti previsti dalla legge. L’azienda, sospettando un uso improprio di tali permessi, avviava una contestazione disciplinare sostenendo che il lavoratore avesse abusato del suo diritto in diverse giornate, utilizzandole per scopi non connessi alla sua funzione pubblica. A seguito di ciò, il lavoratore veniva licenziato per giusta causa.

Il dipendente impugnava il licenziamento, sostenendo che la legge regionale siciliana (L.R. n. 30/2000), a differenza di quella nazionale, non richiedesse di documentare puntualmente le attività svolte durante i permessi. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello rigettavano le sue richieste, ritenendo che, al di là degli obblighi formali, dovesse sempre esistere un collegamento sostanziale tra il permesso e l’attività istituzionale.

L’abuso dei permessi per mandato elettorale e la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore, confermando la validità del licenziamento. Il punto centrale della decisione riguarda l’interpretazione della normativa sui permessi per mandato elettorale.

I giudici hanno sottolineato che, sebbene la legge regionale siciliana non preveda esplicitamente l’obbligo di presentare attestazioni per giustificare l’assenza (a differenza della normativa nazionale D.Lgs. 267/2000), ciò non significa che il diritto possa essere esercitato in modo arbitrario e svincolato dalla sua finalità.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che la ratio legis, ovvero lo scopo della norma, è quello di consentire all’amministratore locale di disporre del tempo necessario per svolgere le sue funzioni pubbliche. Questo scopo implica un nesso funzionale imprescindibile: i permessi devono essere utilizzati per attività connesse, anche in modo atipico o non formale, al mandato. Non possono diventare un’occasione per assentarsi dal lavoro per motivi personali.

L’assenza di un obbligo di documentazione formale non priva il datore di lavoro del diritto di verificare che la causa dell’assenza (l’espletamento del mandato) sia effettiva. L’abuso di questo diritto, utilizzando il tempo per scopi estranei alla funzione pubblica, costituisce una grave violazione degli obblighi di correttezza e buona fede e lede irrimediabilmente il rapporto di fiducia con il datore di lavoro, giustificando così il licenziamento per giusta causa.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: un diritto non può mai essere esercitato in modo abusivo. I lavoratori che ricoprono cariche pubbliche devono utilizzare i permessi per mandato elettorale con responsabilità, assicurandosi che ogni assenza sia riconducibile all’espletamento del loro incarico. Il datore di lavoro ha il pieno diritto di controllare la corretta fruizione di tali permessi e, in caso di abuso accertato, di adottare le sanzioni disciplinari più severe, incluso il licenziamento.

Un lavoratore può essere licenziato per aver usato in modo improprio i permessi legati al suo mandato elettorale?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’abuso dei permessi per mandato elettorale, ovvero il loro utilizzo per scopi non connessi alla funzione pubblica, costituisce una grave violazione del rapporto di fiducia con il datore di lavoro e può legittimare il licenziamento per giusta causa.

Se la legge non richiede di presentare documenti per giustificare i permessi, significa che possono essere usati liberamente?
No. Anche se una legge regionale, come nel caso esaminato, non prevede un obbligo formale di documentazione, i permessi devono comunque essere sempre apprezzabilmente correlati all’espletamento del mandato ricevuto. L’assenza di un obbligo formale non rende il diritto incondizionato.

Qual è il principio fondamentale che regola l’utilizzo dei permessi per mandato elettorale?
Il principio fondamentale è quello del collegamento funzionale. I permessi sono concessi per consentire l’esercizio della funzione pubblica. Pertanto, l’attività svolta durante il permesso deve avere un collegamento serio, tangibile e apprezzabile con l’espletamento del mandato elettorale, anche se non si tratta di riunioni ufficiali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati