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Permessi Legge 104: licenziamento se parente ricoverato

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento di un dipendente per abuso dei permessi legge 104. Il lavoratore usufruiva dei permessi per assistere un parente ricoverato in una struttura residenziale a tempo pieno, assimilabile a un ospedale. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile poiché il lavoratore non ha contestato una delle ragioni decisive della sentenza d’appello, ovvero che il ricovero in tale struttura esclude di per sé il diritto ai permessi.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Permessi Legge 104 e Parente Ricoverato: Quando l’Abuso Porta al Licenziamento

L’utilizzo dei permessi legge 104 per l’assistenza a familiari disabili è un diritto fondamentale, ma il suo esercizio deve rispettare precise condizioni per non sfociare in un abuso sanzionabile, fino al licenziamento. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: se il parente è ricoverato a tempo pieno in una struttura sanitaria che garantisce assistenza continuativa, il diritto ai permessi viene meno, rendendo illegittimo il loro utilizzo e giustificando il licenziamento per giusta causa.

I fatti del caso

Un lavoratore veniva licenziato da un’azienda metalmeccanica per aver abusato dei permessi previsti dall’art. 33 della Legge 104/1992. L’azienda contestava al dipendente di aver utilizzato le giornate di permesso non per assistere il familiare disabile, ma per altre finalità. Il parente, infatti, era ricoverato in maniera permanente e a tempo pieno presso una residenza per anziani che forniva assistenza sanitaria completa e continuativa (h24), con infermieri, operatori socio-sanitari, fisioterapisti e medici.

Secondo la Corte d’Appello, che aveva confermato la legittimità del licenziamento, l’assistenza prestata dal lavoratore durante i giorni di permesso era stata estremamente limitata (circa mezz’ora al giorno) e di natura non tecnica. Tale circostanza, unita al fatto che il parente si trovava in una struttura assimilabile a un presidio ospedaliero, configurava un vero e proprio abuso del diritto.

La decisione della Corte di Cassazione sui permessi legge 104

Il lavoratore ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo un’errata interpretazione della legge. A suo avviso, anche un’assistenza parziale e residuale avrebbe dovuto essere considerata sufficiente a giustificare i permessi. Inoltre, riteneva la sanzione del licenziamento sproporzionata.

La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione non è entrata nel merito della quantità di assistenza prestata, ma si è basata su un vizio procedurale decisivo nel ricorso del lavoratore.

Le motivazioni

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nel concetto di ratio decidendi plurima. La Corte d’Appello aveva fondato la sua sentenza su due ragioni distinte ed autonome, ciascuna di per sé sufficiente a giustificare la decisione:

1. Il ricovero a tempo pieno: Il familiare disabile era ospitato in una struttura residenziale che, per l’assistenza sanitaria continuativa fornita, era del tutto assimilabile a una struttura ospedaliera. La legge stessa (art. 33, comma 3) esclude il diritto ai permessi giornalieri in caso di ricovero a tempo pieno.
2. L’abuso nell’utilizzo: L’assistenza prestata dal lavoratore era stata minima e non qualificata, configurando un abuso dei permessi richiesti.

Nel suo ricorso, il lavoratore ha contestato solo la seconda motivazione, quella relativa alla presunta erronea interpretazione del concetto di ‘assistenza’, senza muovere alcuna censura specifica contro la prima, ovvero l’effetto ostativo del ricovero a tempo pieno.

La Cassazione ha applicato il principio consolidato secondo cui, in presenza di più rationes decidendi, l’omessa impugnazione anche di una sola di esse rende il ricorso inammissibile. La prima motivazione, non essendo stata contestata, è passata in giudicato, diventando definitiva e sufficiente da sola a sorreggere l’intera decisione. Di conseguenza, anche se le critiche alla seconda motivazione fossero state fondate, non avrebbero potuto portare all’annullamento della sentenza.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. La prima, di carattere sostanziale, è che il diritto ai permessi legge 104 è escluso quando il familiare disabile è ricoverato a tempo pieno in una struttura sanitaria in grado di assicurare un’assistenza continuativa. In questi casi, il presupposto per la concessione del permesso, ovvero la necessità di un’assistenza diretta del lavoratore, viene meno. La seconda lezione è di natura processuale: quando si impugna una sentenza, è fondamentale attaccare tutte le autonome ragioni giuridiche che la sostengono. Ometterne anche solo una può portare a una declaratoria di inammissibilità, precludendo l’esame nel merito delle altre censure e rendendo la decisione definitiva.

Si possono usare i permessi della Legge 104 se il parente disabile è ricoverato a tempo pieno?
No, la sentenza conferma che il diritto ai permessi giornalieri retribuiti è escluso se il familiare disabile è ricoverato a tempo pieno presso una struttura, assimilabile a quella ospedaliera, che assicura assistenza sanitaria continuativa.

Perché il ricorso del lavoratore è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la decisione del giudice d’appello si basava su due distinte ragioni (rationes decidendi), entrambe sufficienti a giustificarla. Il lavoratore ne ha contestata solo una, omettendo di impugnare quella relativa all’impedimento rappresentato dal ricovero a tempo pieno. Tale omissione ha reso definitiva la motivazione non contestata e, di conseguenza, inammissibile l’intero ricorso.

L’aver prestato un’assistenza, anche se minima, è sufficiente per giustificare i permessi legge 104 in caso di ricovero?
La Corte non ha analizzato nel merito questo aspetto. Ha stabilito che la questione è superata dal fatto, non contestato, che il ricovero a tempo pieno in una struttura sanitaria adeguata esclude a monte il diritto ai permessi, rendendo irrilevante la valutazione sulla quantità o qualità dell’assistenza effettivamente prestata dal lavoratore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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