Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5948 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5948 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 6545-2023 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato presso gli indirizzi PEC degli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME che lo rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso RAGIONE_SOCIALE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 21/2023 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 16/01/2023 R.G.N. 593/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
LICENZIAMENTO
PERMESSI EX ART. 33 L.N.104/1992
R.G.N. 6545/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 15/01/2025
CC
RILEVATO CHE
La Corte di appello di Bologna, confermando la sentenza del Tribunale della medesima sede, ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa intimato da RAGIONE_SOCIALE, in data 28.2.2020, a NOME COGNOME per abuso dei permessi ex art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992.
La Corte di appello, ha, in sintesi, osservato, che -sulla base della documentazione e delle deposizioni acquisite poteva ritenersi raggiunta la prova dell’abuso dei permessi ex art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992 fruiti in tre giornate lavorative risultando, da una parte, che il parente disabile era ricoverato in maniera permanente e a tempo pieno presso una residenza per anziani che (per l’assistenza fornita h 24:00 da parte di infermieri professionali, operatori socio sanitari qualifica ti e fisioterapisti, nonché per l’affiancamento di medici) era del tutto assimilabile ad una struttura ospedaliera e, dall’altra, che il lavoratore aveva prestato un tempo limitatissimo (non più di mezz’ora di visita, ossia di assistenza del tutto atecnica del familiare, considerate le condizioni di ricovero del parente) in ciascuna delle giornate di permesso fruite (in assenza di ulteriori attività riferibili, latu sensu, all’assistenza).
Per la cassazione di tale sentenza il lavoratore ha proposto ricorso affidato a un motivo. La società ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con il primo ed unico motivo di ricorso si denunzia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., violazione degli artt. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992 e 2106 e
2119 c.c., avendo, la Corte territoriale, erroneamente interpretato l’art. 33 della legge n. 104 del 1992 nella misura in cui ha ritenuto inidoneo (ed anzi, configurante un abuso del diritto) l’assistenza parziale e residuale (circa mezz’ora ogni giorno di permesso) prestata dal lavoratore al parente disabile, considerato l’attuale approccio articolato e flessibile della giurisprudenza di legittimità. In ogni caso, l’abuso dei permessi deve ritenersi fattispecie assimilabile all’assenza ingiustificata dal posto di lavoro, evento che il CCNL applicato (RAGIONE_SOCIALE) punisce con il licenziamento solamente se protratto per quattro giorni consecutivi, con conseguente sproporzione della sanzione rispetto all’infrazione del caso di specie.
Il ricorso è inammissibile.
La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che ‘ il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti. Ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione .’ (Cass. S.U. 29.3.2013 n. 7931).
Nel caso di specie il ricorrente ha argomentato sulla erroneità della interpretazione dell’art. 33 della legge n. 104 del 1992, alla quale -secondo il lavoratore -è stata data una lettura del tutto restrittiva, secondo un orientamento ormai
superato da più avveduta giurisprudenza di legittimità (che, in sintesi, ritiene idonea un’assistenza al familiare disabile anche svolta in orari diversi da quelli dell’orario di lavoro), ma nulla ha dedotto sull’altra ragione del rigetto, affrontata per p rima dalla Corte territoriale, ossia il ricovero del familiare disabile presso una struttura (residenza per persone anziane autosufficienti e non autosufficienti) del tutto assimilabile ad una struttura ospedaliera trattandosi di struttura che assicura assistenza sanitaria continuativa (come da accertamento di fatto, insindacabile in questa sede di legittimità, nonché in ossequio ad orientamento già espresso da questa Corte, cfr. Cass. n. 21416 del 2019); tale circostanza, come richiede l’ incipit del comma 3 dell’art. 33 della legge n. 104 del 1999, esclude la sussistenza del diritto ai permessi giornalieri retribuiti.
L’omessa impugnazione di tutte le rationes decidendi rende inammissibili, per esistenza del giudicato sulla ratio decidendi non censurata, le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre non impugnate, all’annullamento della decisione stessa.
In conclusione, il ricorso è inammissibile e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza.
Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi e in euro
4.500,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15 gennaio