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Periodo di comporto: quando l’assenza non si conta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31797/2024, ha stabilito un principio fondamentale a tutela del lavoratore. Se l’assenza per malattia è causata da condizioni di lavoro nocive o dalla violazione delle norme sulla sicurezza, i giorni di assenza non possono essere conteggiati nel calcolo del periodo di comporto. Di conseguenza, il licenziamento intimato per superamento di tale periodo è da considerarsi illegittimo. La decisione riafferma la responsabilità del datore di lavoro nel garantire un ambiente di lavoro sicuro.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento per malattia: il periodo di comporto non si applica sempre

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione interviene su un tema cruciale del diritto del lavoro: il licenziamento per superamento del periodo di comporto. La decisione chiarisce che le assenze del lavoratore, se direttamente collegate a una responsabilità del datore di lavoro, non possono essere usate come giustificazione per interrompere il rapporto di lavoro. Vediamo nel dettaglio i fatti e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato riguardava un lavoratore licenziato dalla propria azienda per aver superato il numero massimo di giorni di assenza per malattia previsto dal contratto collettivo nazionale. Il dipendente, tuttavia, ha impugnato il licenziamento sostenendo che la sua malattia fosse la conseguenza diretta delle mansioni usuranti e delle inadeguate misure di sicurezza presenti sul luogo di lavoro. Secondo la sua difesa, le assenze non avrebbero dovuto essere conteggiate ai fini del periodo di comporto, poiché imputabili a una colpa datoriale.

I giudici di merito, sia in primo grado che in appello, avevano dato ragione al lavoratore, dichiarando illegittimo il licenziamento. L’azienda, non accettando la decisione, ha presentato ricorso in Cassazione.

L’importanza del periodo di comporto e la decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando le sentenze precedenti. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: il periodo di comporto ha la funzione di bilanciare gli interessi contrapposti del datore di lavoro (avere una prestazione lavorativa) e del lavoratore (il diritto alla salute e alla conservazione del posto).

Tuttavia, questo equilibrio viene meno quando è lo stesso datore di lavoro, con la sua condotta negligente, a causare la malattia del dipendente. In tali circostanze, far valere il superamento del periodo di comporto si tradurrebbe in una violazione del principio di buona fede e correttezza e dell’obbligo di sicurezza sancito dall’art. 2087 del Codice Civile.

Le Motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su argomentazioni solide. In primo luogo, ha sottolineato che l’obbligo di sicurezza a carico del datore di lavoro non è un mero adempimento formale, ma un dovere sostanziale di proteggere attivamente la salute dei dipendenti. Quando questo dovere viene violato e ne deriva una malattia, l’assenza del lavoratore non può essere considerata una normale evenienza contrattuale.

In secondo luogo, è stato chiarito che spetta al lavoratore dimostrare il nesso causale tra la malattia e le condizioni di lavoro nocive. Una volta fornita tale prova, le assenze correlate devono essere escluse dal calcolo del periodo di comporto. Il licenziamento basato su tali assenze diventa, pertanto, privo di giusta causa o giustificato motivo.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela del lavoratore in caso di infortuni sul lavoro o malattie professionali causate da responsabilità datoriali. Le aziende sono chiamate a una maggiore attenzione nella prevenzione dei rischi, poiché le conseguenze di una loro negligenza possono andare oltre le sanzioni amministrative, arrivando a invalidare un licenziamento per superamento del periodo di comporto. Per i lavoratori, si tratta di un’importante conferma del diritto a non essere penalizzati due volte: prima dalla malattia causata dal lavoro e poi dalla perdita del posto.

Un lavoratore può essere licenziato per superamento del periodo di comporto se la malattia è causata dal lavoro?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che se esiste un nesso causale tra la malattia del dipendente e la violazione degli obblighi di sicurezza da parte del datore di lavoro, le relative assenze non possono essere conteggiate nel periodo di comporto e il licenziamento è illegittimo.

Chi deve provare che la malattia è dovuta a colpa del datore di lavoro?
L’onere della prova spetta al lavoratore. Egli deve dimostrare in giudizio il collegamento (nesso causale) tra le condizioni di lavoro non sicure o nocive e la patologia che ha causato le assenze.

Qual è il principio fondamentale ribadito da questa ordinanza?
Il principio è che il datore di lavoro non può beneficiare della propria inadempienza. Se causa un danno alla salute del lavoratore, non può poi utilizzare le conseguenze di quel danno (le assenze per malattia) per giustificare un licenziamento per superamento del periodo di comporto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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