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Periodo di comporto: ferie per evitare il licenziamento

Un lavoratore è stato licenziato per superamento del periodo di comporto. La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità del licenziamento, stabilendo che i giorni di ferie richiesti e concessi al termine della malattia interrompono il conteggio dei giorni di assenza, salvando così il posto di lavoro. La condotta dell’azienda, che ha riconsiderato quei giorni come malattia a distanza di tempo, è stata giudicata contraria a buona fede.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Ferie e Malattia: Come Salvare il Posto di Lavoro Durante il Periodo di Comporto

Il periodo di comporto rappresenta un’ancora di salvezza per il lavoratore malato, garantendogli la conservazione del posto di lavoro per un determinato lasso di tempo. Ma cosa succede quando questo periodo sta per scadere? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 582/2024) chiarisce un punto fondamentale: il lavoratore può legittimamente chiedere di fruire delle ferie maturate per interrompere il decorso della malattia e, di conseguenza, evitare il licenziamento. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il Contesto: Licenziamento per Superamento del Periodo di Comporto

Il caso esaminato riguardava un lavoratore licenziato da un’azienda metalmeccanica per aver superato il numero massimo di giorni di assenza per malattia consentito dal contratto collettivo. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano già dichiarato illegittimo il licenziamento. Il motivo? L’azienda aveva erroneamente conteggiato nel periodo di comporto cinque giorni che il dipendente aveva richiesto e ottenuto come ferie.

Questi giorni di ferie erano stati richiesti strategicamente dal lavoratore: subito dopo la scadenza del suo certificato medico e poco prima della chiusura estiva dell’azienda. Nonostante l’iniziale autorizzazione, a distanza di due anni l’azienda aveva riconsiderato quei giorni come malattia, facendoli rientrare nel calcolo che ha poi portato al licenziamento. La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che l’assenza dovesse essere considerata un’unica e continua malattia.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Periodo di Comporto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando l’illegittimità del licenziamento. La decisione si fonda su principi consolidati nel diritto del lavoro, ribadendo la facoltà del lavoratore di modificare il titolo della propria assenza da malattia a ferie, proprio per sospendere il decorso del periodo di comporto.

La Corte ha ritenuto che la richiesta di ferie, presentata con decorrenza dal primo giorno lavorativo successivo alla fine della malattia documentata, esprimesse chiaramente la volontà del lavoratore di interrompere il periodo di assenza per malattia e iniziare a godere delle ferie. Una volta autorizzate, tali ferie non potevano essere arbitrariamente riclassificate come malattia a posteriori.

Le Motivazioni della Sentenza: Ferie per Interrompere la Malattia

L’ordinanza della Cassazione offre spunti cruciali basati su due pilastri fondamentali: il diritto del lavoratore a tutelare il proprio posto di lavoro e il dovere di correttezza del datore.

Il Diritto del Lavoratore di Convertire l’Assenza

La Corte ha ricordato la sua giurisprudenza costante, secondo cui al lavoratore assente per malattia è permesso chiedere la fruizione delle ferie già maturate. Questo diritto non è incondizionato, ma il datore di lavoro, nell’esercitare il suo potere di decidere la collocazione temporale delle ferie, deve tenere in adeguata considerazione l’interesse fondamentale del dipendente a evitare la perdita del posto di lavoro. La richiesta del lavoratore di godere delle ferie al termine del certificato medico è stata interpretata come una chiara manifestazione di volontà di mutare il titolo dell’assenza, interrompendo così la maturazione del comporto.

Il Principio di Buona Fede e Correttezza

Un altro punto centrale della motivazione riguarda la condotta del datore di lavoro. La Corte ha ritenuto che l’aver imputato a malattia, a distanza di due anni, giorni di ferie precedentemente autorizzati, fosse una palese violazione dei principi di buona fede e correttezza (artt. 1175 e 1375 c.c.). Inoltre, è emerso che l’azienda aveva fornito al lavoratore informazioni non corrette sui termini di compimento del periodo di comporto, inducendolo in errore e non mettendolo nelle condizioni di valutare appieno la sua situazione. Questo comportamento scorretto ha ulteriormente rafforzato la decisione a favore del lavoratore.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Lavoratori e Aziende

Questa ordinanza consolida un importante strumento di tutela per i lavoratori. In sintesi, un dipendente che si avvicina alla scadenza del periodo di comporto può legittimamente chiedere di convertire la sua assenza in ferie per non perdere il lavoro. Per le aziende, la decisione funge da monito: la gestione delle assenze deve essere trasparente e improntata alla correttezza. Concedere le ferie e poi, a posteriori, riconsiderarle come malattia per giustificare un licenziamento è una pratica illegittima che viola il principio di buona fede. È fondamentale che le comunicazioni relative al conteggio del comporto siano precise, per non indurre in errore il dipendente e non precludergli la possibilità di tutelarsi.

Un lavoratore in malattia può chiedere le ferie per non superare il periodo di comporto?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che al lavoratore assente per malattia è consentito chiedere di fruire delle ferie già maturate proprio al fine di sospendere il decorso del periodo di comporto e conservare il posto di lavoro.

Il datore di lavoro è obbligato a concedere le ferie richieste per interrompere il periodo di comporto?
Non è un obbligo assoluto, ma il datore di lavoro deve valutare la richiesta tenendo in adeguata considerazione l’interesse fondamentale del lavoratore a evitare il licenziamento, bilanciandolo con le esigenze organizzative dell’impresa. In questo caso, avendole concesse, non poteva poi ritrattare la sua decisione.

Cosa succede se il datore di lavoro fornisce informazioni errate sul conteggio dei giorni di malattia?
Se il datore di lavoro fornisce indicazioni non corrette sui giorni residui del periodo di comporto, inducendo in errore il lavoratore e non consentendogli di valutare la propria situazione, tale comportamento è considerato contrario ai principi di buona fede e correttezza e può contribuire a rendere illegittimo l’eventuale licenziamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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