LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Perequazione retributiva: no a diritti su leggi incostituzionali

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una dipendente pubblica che chiedeva la perequazione retributiva basata su una legge della Regione Abruzzo. La legge era stata precedentemente dichiarata incostituzionale, e una precedente sentenza della Cassazione aveva già rigettato la domanda della lavoratrice, creando un giudicato. La Corte ha ribadito che non può sorgere alcun diritto soggettivo da una norma incostituzionale, né può essere invocato il legittimo affidamento.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Perequazione Retributiva: Il Diritto Non Sorge da una Legge Incostituzionale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5521/2025, ha messo un punto fermo su una complessa vicenda legata alla perequazione retributiva nel pubblico impiego. La decisione chiarisce che non è possibile fondare un diritto economico su una legge regionale che è stata successivamente dichiarata incostituzionale, soprattutto quando sulla questione si è già formato un giudicato.

I Fatti del Caso

Una dipendente della Regione Abruzzo aveva avviato un contenzioso per ottenere l’adeguamento della propria retribuzione. La richiesta si basava su una legge regionale (L.R. Abruzzo n. 6 del 2005) che aveva introdotto un meccanismo di perequazione. Tale meccanismo mirava a riconoscere ai dipendenti regionali lo stesso trattamento economico di anzianità maturato da colleghi provenienti da altri enti pubblici, qualora fosse più favorevole.

Il percorso giudiziario della lavoratrice era stato lungo e tortuoso. Inizialmente vittoriosa in primo e secondo grado, la sua domanda era stata rigettata una prima volta dalla Corte di Cassazione. Il motivo? La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 211 del 2014, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma regionale su cui si fondava la pretesa, in quanto invadeva la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di “ordinamento civile”.

Nonostante ciò, la lavoratrice aveva intentato una nuova causa, nuovamente rigettata sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello, portando la questione per la seconda volta dinanzi alla Suprema Corte.

La Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri giuridici inscalfibili: l’esistenza di un precedente giudicato e l’impossibilità di far sorgere diritti da una norma incostituzionale.

Le Motivazioni della Corte sulla Perequazione Retributiva

La Suprema Corte ha articolato le sue motivazioni con estrema chiarezza, respingendo tutte le argomentazioni della ricorrente.

L’impatto della Sentenza della Corte Costituzionale

Il punto centrale è l’effetto della declaratoria di incostituzionalità. Quando la Corte Costituzionale dichiara una legge illegittima, questa viene espulsa dall’ordinamento giuridico come se non fosse mai esistita (effetto ex tunc). Di conseguenza, nessun diritto “soggettivo perfetto” può considerarsi sorto sulla base di quella norma. La pretesa della lavoratrice, fondata interamente sulla legge annullata, era quindi priva di qualsiasi fondamento giuridico fin dall’origine.

Il Principio del Giudicato

La Corte ha evidenziato come sulla medesima questione, tra le stesse parti, si fosse già pronunciata con la sentenza n. 21470/2015, rigettando la domanda. Quella decisione era passata in giudicato, diventando definitiva e non più contestabile. Il principio del ne bis in idem processuale impedisce che un giudice si pronunci una seconda volta su una controversia già decisa in modo irrevocabile. Pertanto, il nuovo ricorso era precluso in partenza.

L’insussistenza del Legittimo Affidamento

La ricorrente aveva anche invocato la lesione del suo legittimo affidamento. La Cassazione ha smontato anche questa tesi. Non può esistere un affidamento meritevole di tutela su una norma dichiarata incostituzionale. Inoltre, la Corte ha sottolineato un fatto decisivo: la Regione Abruzzo non aveva mai applicato la norma e corrisposto le somme richieste. Il fatto stesso che la lavoratrice abbia dovuto agire in giudizio per ottenere il presunto diritto è la prova che tale diritto non era mai entrato nel suo patrimonio, e quindi non si era creato alcun affidamento concreto.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, riafferma la forza del giudicato come elemento di certezza del diritto. Una volta che una sentenza diventa definitiva, la questione non può essere riaperta. In secondo luogo, chiarisce che le leggi regionali non possono invadere le competenze esclusive dello Stato, come quella sull’ordinamento civile che regola i rapporti di lavoro. Infine, stabilisce un principio cardine: i diritti economici, come la perequazione retributiva, non possono nascere né sopravvivere sulla base di una normativa dichiarata contraria alla Costituzione. La decisione rappresenta un monito per i legislatori regionali e una chiara indicazione per i lavoratori del settore pubblico sulle fondamenta necessarie per avanzare pretese retributive.

È possibile rivendicare un diritto economico basato su una legge che è stata successivamente dichiarata incostituzionale?
No. La sentenza chiarisce che una norma dichiarata incostituzionale perde efficacia fin dall’origine, impedendo la formazione di un diritto soggettivo perfetto. Pertanto, qualsiasi pretesa economica basata esclusivamente su tale norma è infondata.

Il principio del “legittimo affidamento” protegge un lavoratore se una legge a lui favorevole viene dichiarata incostituzionale?
No. Secondo la Corte, non può esserci un valido affidamento su una norma incostituzionale. Questo è particolarmente vero se l’amministrazione non ha mai applicato concretamente la norma, non avendo mai erogato i benefici economici previsti. La necessità di agire in giudizio dimostra l’assenza di una situazione consolidata da tutelare.

Una precedente sentenza della Cassazione che ha già deciso sulla stessa questione tra le stesse parti può essere ignorata in un nuovo processo?
No. Una precedente decisione passata in giudicato è definitiva e vincolante per le parti. Essa preclude la possibilità che la stessa domanda venga riesaminata da un altro giudice, rendendo ogni successivo ricorso sulla medesima questione inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati