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Perdita di chance: onere della prova e risarcimento

Un dirigente ha citato in giudizio un’amministrazione pubblica per danni derivanti da perdita di chance, sostenendo che le procedure di selezione per incarichi dirigenziali erano illegittime. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, riaffermando che per ottenere un risarcimento non è sufficiente dimostrare l’irregolarità della procedura, ma è indispensabile provare un nesso di causalità e una concreta probabilità di successo che è andata perduta a causa di tale irregolarità.

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Pubblicato il 23 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Perdita di Chance nel Lavoro: Quando si ha Diritto al Risarcimento?

Il concetto di perdita di chance è un tema cruciale nel diritto del lavoro, specialmente quando un dipendente ritiene di essere stato ingiustamente escluso da opportunità di carriera. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini di questo diritto, sottolineando che non basta lamentare un’irregolarità procedurale per ottenere un risarcimento. È necessario dimostrare qualcosa di più: una concreta probabilità di successo che è stata vanificata. Analizziamo insieme questo caso per capire meglio.

I Fatti del Caso: Una Carriera Manageriale Messa in Discussione

Un dirigente di una importante agenzia pubblica ha avviato una causa lamentando di essere stato danneggiato dalle procedure di selezione interna per il conferimento di incarichi dirigenziali. Secondo il suo punto di vista, l’amministrazione aveva illegittimamente permesso la partecipazione a tali selezioni anche a personale privo della qualifica dirigenziale, alterando così l’esito della competizione e diminuendo le sue possibilità di ottenere un incarico di vertice.

Il dirigente ha quindi chiesto al Tribunale di accertare il suo diritto a una valutazione corretta e di condannare l’agenzia a risarcire i danni derivanti dalla perdita di chance. Tuttavia, sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto le sue richieste. I giudici di merito hanno concluso che il lavoratore non aveva fornito la prova decisiva: non aveva dimostrato che, se le procedure fossero state condotte correttamente (escludendo i candidati non qualificati), egli avrebbe avuto una concreta possibilità di ottenere la nomina.

La Decisione della Corte: La Prova della Perdita di Chance

Insoddisfatto della decisione d’appello, il dirigente ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. Anche in questa sede, però, le sue ragioni non hanno trovato accoglimento. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per una serie di motivi, sia procedurali che di merito, confermando di fatto la linea dei giudici precedenti.

Il punto centrale della decisione è l’onere della prova. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: l’illegittimità di una procedura concorsuale o selettiva non comporta automaticamente il diritto al risarcimento del danno da perdita di chance. Il partecipante escluso o penalizzato deve provare il nesso di causalità tra l’inadempimento del datore di lavoro e il danno subito. In altre parole, deve dimostrare che la sua possibilità di successo non era meramente ipotetica, ma concreta, seria e apprezzabile.

Le Motivazioni della Cassazione sul Risarcimento per Perdita di Chance

La Corte ha ritenuto il ricorso del dirigente inammissibile perché, anziché contestare il principio di diritto applicato dalla Corte d’Appello, mirava a una rivalutazione dei fatti, cosa non permessa nel giudizio di legittimità. I motivi del ricorso sono stati giudicati generici e non specifici.

Nel dettaglio, i giudici hanno osservato che il ricorrente non aveva allegato elementi sufficienti a dimostrare l’elevata probabilità di ottenere uno degli incarichi se le selezioni si fossero svolte regolarmente. La sua doglianza si basava su una generica denuncia della prassi dell’ente, senza però tradursi nella prova di una concreta perdita di chance. In assenza di tale prova, la richiesta di risarcimento non poteva che essere respinta. La Corte ha inoltre sottolineato che il ricorso mescolava impropriamente diverse tipologie di vizi (violazione di legge ed errori di valutazione), rendendolo confuso e, in definitiva, inammissibile.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici per i lavoratori che si sentono danneggiati da procedure di selezione non trasparenti. La lezione principale è che per vincere una causa per perdita di chance non basta denunciare un’irregolarità. È fondamentale costruire un solido quadro probatorio che dimostri, con un alto grado di probabilità, che senza quell’irregolarità si sarebbe ottenuto il beneficio sperato. Affidarsi a contestazioni generiche, senza fornire elementi concreti a supporto delle proprie possibilità di successo, equivale a intraprendere una battaglia legale destinata al fallimento.

È sufficiente dimostrare un’irregolarità in una procedura di selezione per ottenere un risarcimento per perdita di chance?
No, non è sufficiente. La Corte ha chiarito che il dipendente deve provare il nesso di causalità tra l’irregolarità e il danno subito, dimostrando una concreta, seria e apprezzabile probabilità di successo che è stata persa, non una mera possibilità ipotetica.

Quale onere della prova ha il lavoratore che lamenta una perdita di chance?
Il lavoratore ha l’onere di dimostrare che, senza la condotta illecita del datore di lavoro, avrebbe avuto una probabilità consistente e non meramente teorica di ottenere il risultato sperato (in questo caso, l’incarico dirigenziale). Una denuncia generica della procedura non è sufficiente.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per motivi procedurali. In particolare, mescolava in modo confuso diversi motivi di ricorso (violazione di legge e vizi di motivazione), mirava a una rivalutazione dei fatti (non consentita in Cassazione) e non contestava in modo specifico il principio di diritto applicato dai giudici di merito sull’onere della prova.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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