Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26856 Anno 2024
AULA B
Civile Ord. Sez. L Num. 26856 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11811/2019 R.G. proposto da
NOME COGNOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore e domiciliata ope legis in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE DELLO STATO che la rappresenta e difende
Oggetto: Lavoro pubblico contrattualizzato – RAGIONE_SOCIALE – Incarico dirigenziale – Mancato conferimento – Risarcimento danni
R.G.N. 11811/2019
Ud. 12/09/2024 CC
-controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO ROMA n. 3228/2018 depositata il 04/10/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 12/09/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 3228/2018 pubblicata in data 4 ottobre 2018, la Corte d’appello di Roma, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE, ha respinto l’appello proposto da COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Frosinone, n. 999/2019, che a propria volta aveva integralmente respinto le domande dello stesso COGNOME.
Quest’ultimo aveva adito il Tribunale di Frosinone, riferendo in fatto di essere dirigente presso l’RAGIONE_SOCIALE e di avere ricoperto il ruolo di assistente di direzione presso l’RAGIONE_SOCIALE.
Assegnato quindi alla Direzione dell’Ufficio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Frosinone, il ricorrente aveva contestato tale assegnazione, rivendicando il conferimento di un incarico presso le strutture di vertice dell’RAGIONE_SOCIALE e lamentando il fatto che alle procedure selet tive per il conferimento di incarichi avevano partecipato dipendenti della resistente privi della qualifica dirigenziale
Aveva quindi chiesto che il Tribunale accertasse il diritto ad una corretta valutazione al fine del conferimento di incarichi nonchè condannasse RAGIONE_SOCIALE sia ad intraprendere una procedura comparativa limitata ai soli funzionari in possesso della qualifica dirigenziale sia a risarcire i danni derivanti dalla
precedente illegittima gestione RAGIONE_SOCIALE procedure cui lo stesso ricorrente aveva partecipato.
La Corte d’appello di Roma, nel confermare la decisione di rigetto assunta dal giudice di prime cure ha osservato che l’appellante non aveva allegato o provato che un diverso svolgimento RAGIONE_SOCIALE procedure di selezione con esclusione dei dipendenti privi della qualifica di dirigenti avrebbe condotto al l’effettivo conseguimento della nomina da parte dell’appellante medesimo.
Richiamati i principi in termini di risarcimento del danno da perdita di chance , la Corte d’appello ha evidenziat o l’assenza di prova del nesso di causalità tra la condotta illecita dedotta dall’appellante e la perdita di una concreta chance .
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre ora NOME COGNOME.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Il primo motivo di ricorso è, testualmente, rubricato: ‘VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 3, 51 E 97 COST. – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI DI IMPARZIALITÀ E BUON ANDAMENTO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 19 E 52 DEL D.LGS, N. 165/2001 – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI CRITERI GENERALI DI CORRETTEZZA E BUONA FEDE CUI AGLI ARTT. 1175 E
1375 C.C. – IN RELAZIONE ALL’ART. 360, N. 3), C.P.C. – ERROR IN JUDICANDO’
Richiamando gli orientamenti di questa Corte in tema di conferimento di incarichi dirigenziali, il ricorrente, da un lato, evidenzia di non aver impugnato singole procedure di conferimento di incarichi, ma di avere chiesto, in via generale, l’accertamento dell’obbligo della controricorrente di dar luogo a tali procedure tenendo in considerazione solo i soggetti con qualifica dirigenziale.
Si argomenta, quindi, da un lato, che il ricorrente medesimo non doveva ritenersi tenuto ad oneri probatori diversi da quelli della dimostrazione della effettiva violazione -da parte di RAGIONE_SOCIALE -dei criteri di buona fede e correttezza nello svolgimento RAGIONE_SOCIALE p rocedure di interpello; dall’altro lato, che l’originario ricorso aveva ampiamente allegato e provato che l’odierna controricorrente aveva proceduto alla sostanziale equiparazione tra funzionari in possesso della qualifica dirigenziale e funzionari privi di tale qualifica nella valutazione dei conferimento di incarichi, dando anzi prevalenza a questi ultimi.
1.2. Il secondo motivo di ricorso è, testualmente, rubricato: ‘VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 3, 51 E 97 COST. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI DI IMPARZIALITÀ E DI BUON ANDAMENTO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 19 E 52 DEL D.LGS. N. 165/2001 – OMESSO ESAME DI UN FATTO DECISIVO PER IL GIUDIZIO CHE È STATO OGGETTO Dl DISCUSSIONE TRA LE PARTI IN RELAZIONE ALL’ART. 360, N. 5), C.P.C. ERROR IN JUDICANDO’ .
Il ricorso censura la decisione impugnata in quanto la stessa non avrebbe considerato il gran numero di procedure di conferimento di incarichi dirigenziali che avrebbe visto la partecipazione di soggetti non
legittimati e quindi l’elevata probabilità del ricorrente di andare a ricoprire uno degli incarichi qualora le procedure si fossero svolte senza la partecipazione di soggetti non legittimati.
1.3. Il terzo motivo di ricorso è, testualmente, rubricato: ‘VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 3, 51 E 97 COST. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI Dl IMPARZIALITÀ E DI BUON ANDAMENTO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 19 E 52 DEL D.LGS. N, 165/2001 VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI CRITERI GENERALI DI CORRETTEZZA E BUONA FEDE Dl CUI AGLI ARTT. 1175 E 1375 C.C. – OMESSO ESAME Dl UN FATTO DECISIVO PER IL GIUDIZIO CHE È STATO OGGETTO Dl DISCUSSIONE TRA LE PARTI IN RELAZIONE ALL’ART. 360, N. 5), C.P.C. ERROR IN JUDICANDO’ .
Il ricorrente si duole dell’omesso esame del terzo motivo di gravame, col quale si riproponeva la domanda di accertamento del diritto del ricorrente medesimo ad essere valutato al fine del conferimento di un incarico dirigenziale presso le strutture centrali di vertice dell’RAGIONE_SOCIALEnell’ambito di una procedura comparativa da espletarsi nei rispetto RAGIONE_SOCIALE norme legislative e regolamentari, oltre che RAGIONE_SOCIALE direttive emesse dalla medesima RAGIONE_SOCIALE in sede di autolimitazione nonché dei generali criteri di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto di lavoro’ , esponendo diffusamente le ragioni che evidenzierebbero la illegittimità dei giudizi di valutazione espressi dalla RAGIONE_SOCIALE.
Si deve, in primo luogo, dichiarare l’inammissibilità dei motivi di ricorso, nella parte in cui i medesimi invocano il motivo di ricorso di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c.
Infatti, essendo stato instaurato il giudizio di appello nel 2016, trova applicazione il disposto di cui all’art. 348 -ter c.p.c., dal momento che la decisione della Corte d’Appello non risulta in alcun modo essersi distaccata dal ragionamento del giudice di primo grado, né parte ricorrente ha indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. L – Sentenza n. 20994 del 06/08/2019; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014).
Tutti i motivi di ricorso, poi, presentano un ulteriore duplice profilo di inammissibilità, in quanto gli stessi:
introducono cumulativamente e inestricabilmente vizi eterogenei (violazioni di norme di diritto; vizi motivazionali, errores in iudicando ), senza che si comprendano con chiarezza le plurime doglianze prospettate e così devolvendo impropriamente al giudice di legittimità il compito d’isolare le singole censure alla sentenza impugnata, nonostante la tassatività di motivi a critica vincolata e a cognizione determinata (Cass. Sez. Un, 06/05/2015, n. 9100; Cass. 17/03/2017, n. 7009; Cass. 23/10/2018, n. 26790; Cass. 09/12/2021, n. 39169);
dietro l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio mirano, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U – Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017), come tale inammissibile atteso che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio
tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti (Cass. Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016; Cass. Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013).
Procedendo, poi, ad un esame più specifico dei singoli motivi, si deve osservare che:
il primo motivo si diffonde su profili di fatto, peraltro senza rispettare il canone di specificità di cui all’art. 366 c.p.c. e soprattutto -senza confrontarsi con la ratio effettiva della decisione impugnata, le cui affermazioni in diritto risultano pienamente conformi alla giurisprudenza di questa Corte, traducendosi il motivo in una inammissibile sindacato della valutazione RAGIONE_SOCIALE prove riservata invece al giudice di merito;
il secondo motivo, ancora una volta, non impugna concretamente il principio di diritto enunciato dalla decisione impugnata in modo del tutto conforme alla giurisprudenza di questa Corte in tema di prova del danno da perdita di chance (Sez. L, Sentenza n. 22524 del 01/12/2004; Sez. L, Sentenza n. 13241 del 06/06/2006; Sez. L, Sentenza n. 2581 del 02/02/2009; Sez. L, Sentenza n. 16233 del 25/09/2012; Sez. L, Sentenza n. 3819 del 18/02/2014; Sez. L, Sentenza n. 4014 del 01/03/2016), ma cerca di sollecitare un inammissibile sindacato in ordine alla valutazione RAGIONE_SOCIALE prove della perdita di chance , dovendosi qui ribadire che, a fronte del costante orientamento di questa Corte – a mente del quale l’espletamento di una procedura concorsuale illegittima non comporta di per sé il diritto al risarcimento del danno da
perdita di “chance”, occorrendo che il dipendente provi il nesso di causalità tra l’inadempimento datoriale ed il suddetto danno (Cass. Sez. L – Sentenza n. 11165 del 09/05/2018; Cass. Sez. L – Ordinanza n. 37002 del 16/12/2022) – il ricorrente ha dedotto, non la illegittimità di una o più specifiche procedure concorsuali, ma genericamente la prassi dell’odierna controricorrente, risultando in tal modo evidente l’assoluta genericità di ogni possibile deduzione in tema di danno da perdita di chance ;
il terzo motivo -che, ove avesse inteso effettivamente censurare una omessa statuizione, avrebbe dovuto essere riferito agli artt. 360, n. 4), e 112 c.p.c. -non solo omette di censurare in concreto le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, ma anche si diffonde in considerazioni di mero fatto, come tali riservate alla valutazione del giudice del merito.
Il ricorso deve quindi essere respinto, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 5.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione