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Pensioni spettacolo: il massimale si applica?

Un lavoratore dello spettacolo ottiene la riliquidazione della pensione senza l’applicazione del massimale di retribuzione. L’ente previdenziale ricorre in Cassazione, che accoglie il ricorso. La Suprema Corte afferma che per le pensioni spettacolo il tetto massimo di retribuzione giornaliera si applica anche alla quota maturata dopo il 1992 (“quota B”), considerandolo un elemento coessenziale del regime speciale e di favore previsto per la categoria. La causa viene rinviata alla Corte d’Appello per una nuova decisione.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Pensioni Spettacolo: la Cassazione conferma il Massimale per la Quota B

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale per le pensioni spettacolo: l’applicazione del massimale di retribuzione pensionabile. La Suprema Corte ha chiarito che questo limite si applica anche alla cosiddetta “quota B” della pensione, consolidando un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza per i lavoratori del settore. Analizziamo i dettagli di questa importante decisione.

Il Fatto: la controversia sul calcolo della pensione

La vicenda ha origine dalla domanda di un lavoratore dello spettacolo che aveva richiesto all’ente previdenziale la riliquidazione della propria pensione. In particolare, il lavoratore sosteneva che il calcolo dovesse essere effettuato senza applicare il limite massimo di retribuzione giornaliera previsto da una normativa del 1971 (d.P.R. n. 1420/1971).

Sia il Tribunale di primo grado sia la Corte d’Appello avevano dato ragione al lavoratore, accogliendo la sua domanda. Secondo i giudici di merito, tale limite non doveva trovare applicazione. L’ente previdenziale, ritenendo errata questa interpretazione, ha presentato ricorso per cassazione, portando la questione all’attenzione della Suprema Corte.

La Questione Giuridica e le pensioni spettacolo

Il nucleo del contendere verteva sull’applicabilità del massimale pensionabile alla “quota B” della pensione. Questo termine tecnico indica la porzione dell’assegno pensionistico calcolata in base alle anzianità contributive maturate successivamente al 31 dicembre 1992.

L’ente previdenziale sosteneva che la Corte d’Appello avesse violato la legge nel ritenere superato il massimale. Dal canto suo, il lavoratore eccepiva che l’ente non avesse impugnato specifici punti della sentenza di primo grado, rendendoli definitivi.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il motivo di ricorso presentato dall’ente previdenziale. In primo luogo, ha respinto l’eccezione procedurale del lavoratore, chiarendo che l’impugnazione sul punto centrale della controversia era sufficiente a riaprire la discussione sull’intera statuizione.

Nel merito, la Cassazione ha ribadito un principio di diritto ormai consolidato: nella determinazione della “quota B” delle pensioni spettacolo per i lavoratori iscritti al fondo prima del 31.12.1995, la parte di retribuzione giornaliera che eccede il limite fissato dall’art. 12 del d.P.R. n. 1420/1971 non deve essere considerata.

Secondo la Corte, questo limite:
1. Non è mai stato abrogato espressamente dalle normative successive, né risulta incompatibile con esse.
2. È da considerarsi coessenziale alla disciplina speciale e ampiamente favorevole prevista per i lavoratori dello spettacolo, sia per l’entità delle prestazioni che per le condizioni di accesso.
3. Contribuisce a bilanciare i diversi interessi di rilievo costituzionale, inserendosi in un sistema previdenziale che offre condizioni più vantaggiose rispetto alla generalità dei lavoratori.

La Corte ha inoltre specificato che i dubbi di legittimità costituzionale sollevati dalla difesa del lavoratore erano già stati esaminati e respinti in precedenti pronunce.

Le conclusioni: Principio di Diritto e Implicazioni Pratiche

Poiché la Corte d’Appello non si era attenuta a questo consolidato principio di diritto, la sua sentenza è stata annullata. La Cassazione ha quindi disposto il rinvio della causa alla stessa Corte d’Appello di Roma, ma in diversa composizione. Il nuovo collegio dovrà riesaminare il caso e decidere nuovamente, applicando però il principio secondo cui il massimale di retribuzione giornaliera è pienamente operativo anche per il calcolo della quota B delle pensioni spettacolo. Questa decisione consolida la certezza del diritto su un aspetto tecnico ma fondamentale per il calcolo degli assegni pensionistici dei lavoratori di questo importante settore.

Il massimale di retribuzione giornaliera previsto per le pensioni spettacolo si applica anche alla quota di pensione maturata dopo il 31 dicembre 1992 (la cosiddetta “quota B”)?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che il limite massimo della retribuzione giornaliera pensionabile si applica anche per la determinazione della “quota B” della pensione per i lavoratori dello spettacolo.

La normativa successiva (in particolare il D.Lgs. 182/1997) ha abrogato questo massimale?
No, la sentenza chiarisce che il limite non è stato abrogato espressamente dalle leggi successive né è risultato incompatibile con esse. La Corte lo considera una parte essenziale e integrante della disciplina speciale e di favore per questa categoria di lavoratori.

Cosa succede quando la Corte di Cassazione annulla una sentenza e rinvia la causa a un altro giudice?
La Corte di Cassazione “cassa con rinvio”, ovvero annulla la decisione impugnata e ordina alla Corte d’Appello (in una diversa composizione) di riesaminare il caso, obbligandola però a seguire il principio di diritto affermato nella propria sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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